di Gabriele Ventura 

 

Negoziazione assistita a rischio flop. Per il risarcimento danni da incidenti stradali, materia per la quale il nuovo istituto costituisce vincolo di procedibilità, le compagnie di assicurazione potrebbero confermare il comportamento tenuto per la mediazione obbligatoria: cioè non presentarsi mai. Nei mesi di obbligatorietà del tentativo di conciliazione per l’Rc auto, prima della sentenza della Corte Costituzionale che ha bloccato il dlgs n. 28/2010, il tasso di non comparizione dell’assicurazione ha raggiunto quota 96,2%. Motivo: la scarsa convenienza dell’istituto.

Presentarsi alla mediazione o alla negoziazione significa infatti, per l’assicurazione, dover pagare l’onorario a un avvocato e stringere i tempi di sottoscrizione del titolo esecutivo in 30-40 giorni.

Ma la negoziazione assistita potrebbe non funzionare neanche per i divorzi e le separazioni consensuali, dove spesso la parte femminile è non abbiente. La normativa, infatti, non prevede alcun compenso per l’avvocato in caso di gratuito patrocinio, nemmeno da parte dello stato. L’avvocato dovrebbe insomma lavorare gratis. Ed essere quindi scoraggiato a seguire la strada della negoziazione, peraltro facoltativa per questo tipo di materie. Insomma, sono diversi i punti critici e i dubbi degli operatori sul nuovo istituto della negoziazione assistita, entrato in vigore il 9 febbraio scorso e che potrebbe abbracciare, potenzialmente, più di 400 mila procedimenti l’anno.

I numeri. Secondo gli ultimi dati del ministero della giustizia, i contenziosi per il risarcimento danni da circolazione stradale sopravvenuti agli uffici dei giudici di pace sono stati ben 272.443 nel 2012. Anno nel quale, tra l’altro, era in vigore la mediazione obbligatoria per l’Rc auto. Andando a vedere le città dove si litiga di più, Napoli ha il primato assoluto, con più della metà delle liti rispetto al totale: 153.357. Andando a vedere invece i divorzi consensuali, secondo i dati del ministero della giustizia, al 31 dicembre 2012 ne erano sopravvenuti, nei tribunali di tutta Italia, 36.168. Mentre le separazioni consensuali erano 64.718. In totale, quindi, escludendo il recupero crediti entro 50 mila euro, la negoziazione assistita potrebbe avere un raggio di azione su oltre 100 mila divorzi e separazioni e su quasi 300 mila liti Rc auto.

I commenti degli operatori. Secondo gli avvocati, la negoziazione assistita presenta vantaggi in termini di costi e chiaramente di tempi.

Rispetto al tribunale, il cittadino o l’impresa non devono sostenere il costo del contributo unificato ma esclusivamente quello della parcella dell’avvocato, che presumibilmente sarà in linea con i compensi previsti dal dm parametri per le prestazioni di assistenza stragiudiziale (da 270 euro per liti di valore da zero a 1.100 euro a 2.295 euro per liti comprese tra 26 mila e 52 mila euro e così via).

«La negoziazione è uno strumento da sempre utilizzato dagli avvocati», spiega Mirella Casiello, presidente dell’Organismo unitario dell’avvocatura, «la differenza è che prima l’accordo doveva essere ratificato davanti a un magistrato per avere titolo esecutivo. Ora, c’è la possibilità di raggiungere un accordo e non dover fare ulteriori passaggi per l’ipoteca e la riscossione del credito. Una criticità del nuovo istituto è rappresentata dal fatto che non sia previsto il compenso per gli avvocati che assistono i clienti in gratuito patrocinio. Soprattutto al Sud, dove per la maggior parte delle separazioni una delle due parti ha diritto al gratuito patrocinio, questo potrebbe rappresentare un problema. Già i tempi di liquidazione del patrocinio sono biblici, oltre al fatto che la misura è davvero minima, ma non prevedere alcun tipo di pagamento è sicuramente iniquo». «Quanto ai rischi», continua la presidente Oua, «non ne vedo, gli avvocati sono già culturalmente pronti. Certo, per fare la negoziazione occorre essere in due e bisognerà vedere, per l’Rc auto, se l’assicurazione sarà disponibile a sottoscrivere il titolo esecutivo in 30-40 giorni, quando ha sempre preferito dilatare i tempi dei pagamenti».

Secondo Renzo Menoni, presidente dell’Unione nazionale delle camere civili, «il vero elemento incentivante è costituito dall’art. 4, comma 1, in forza del quale il comportamento della parte che rifiuta di dar corso alla negoziazione può essere valutato nell’eventuale successivo giudizio ai fini delle spese del giudizio, della responsabilità aggravata processuale, ex art. 96 c.p.c. e, soprattutto, potrebbe costituire elemento per la concessione della provvisoria esecuzione di un decreto ingiuntivo. Tali pesanti sanzioni processuali dovrebbero indurre il soggetto che riceve una richiesta di attivazione di una procedura di negoziazione assistita a valutare le conseguenze dell’eventuale rifiuto e a motivare attentamente le ragioni di una eventuale di risposta negativa».

Diverso il parere delle imprese, che invece avrebbero preferito un potenziamento della mediazione obbligatoria. «Con la negoziazione e la mediazione si crea confusione», spiegano da Cna, «è necessario un coordinamento tra i due istituti, anche perché ormai la mediazione aveva trovato una sua legittimazione, dal punto di vista dei vantaggi in termini di costi e tempi. Le imprese, infatti, stanno cercando di adoperarla sempre di più. In termini di costi, la negoziazione è invece tutta da definire, soprattutto se non si dovesse trovare un accordo si solleverebbero nuovi costi in processo per le imprese».

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