Con una sentenza del 27 gennaio 2015 il tribunale di Milano ha condannato una struttura sanitaria per i danni subiti da una paziente sottoposta ad un intervento di tiroidectomia totale, per asportazione di un carcinoma alla tiroide.

Pochi giorni dopo l’intervento si erano verificate complicanze estremamente invalidanti per la paziente che, secondo il Tribunale, sono state causate dall’operato dei medici.

Un altro caso di malasanità, quindi. Secondo le rilevanze peritali, i medici non avrebbero infatti posto in essere quanto necessario ad evitare le lesioni poi subite dalla paziente, con conseguente loro responsabilità per violazione dell’art. 1176 c.c.

Il Tribunale ha quindi disposto il risarcimento in via equitativa dei derivati danni non patrimoniali, nonché quello dei danni patrimoniali, in considerazione di tutte le spese di assistenza sin allora sostenute dalla paziente e da sostenere per il resto della sua vita.

Nell’ambito dei danni patrimoniali, a titolo di lucro cessante, è stato poi riconosciuto il danno da perdita di capacità lavorativa, che solitamente necessita di apposita dimostrazione. Non nel caso di specie, tuttavia, laddove, secondo il giudice di merito, l’elevata percentuale di invalidità riscontrata, ne rende pressoché certa la realizzazione.

L’elemento nuovo della pronuncia del Tribunale riguarda la disposizione che il risarcimento del danno patrimoniale, mediante costituzione di rendita vitalizia ai sensi dell’art. 2057 c.c., attesa l’impossibilità di stabilire in modo oggettivo la presumibile durata della vita della paziente. Nonostante lo strumento della rendita vitalizia sia stato finora di scarsa applicazione (con prevalente anticipazione di una cifra per intero), lo stesso offre viceversa un importante criterio di valutazione, in quanto consente di stimare più adeguatamente la particolare condizione della parte danneggiata, la natura del danno e delle sue conseguenze.