Per il presidente del sindacato di Piazzetta Cuccia l’accordo potrebbe sciogliersi a breve. Ma i soci ribadiscono l’impegno a sostenere il management assicurando stabilità agli assetti azionari

di Andrea Di Biase  

Le dichiarazioni, attribuite al presidente del patto di sindacato di Mediobanca , Angelo Casò, che giovedì 26 febbraio, parlando alle agenzie di stampa a margine della riunione informale del cda di Piazzetta Cuccia, ha lasciato intendere che l’accordo parasociale potrebbe essere sciolto entro la fine dell’anno, hanno creato qualche imbarazzo ai grandi soci della banca d’affari. Casò, che oltre a presiedere il patto, siede anche nel cda di Mediobanca , pur senza farsi citare apertamente (ma tutti gli addetti ai lavori hanno inequivocabilmente attribuito a lui le frasi riportate dalle agenzie), ha infatti fatto sapere ai cronisti che l’accordo tra i soci della banca d’affari potrebbe sciogliersi già a settembre, dal momento che alcuni azionisti italiani potrebbero chiedere di avere mano libera sulle proprie quote facendo calare le partecipazioni vincolate sotto la soglia del 25%. «A settembre», è stata la spiegazione. «avremo la finestra per la disdetta del patto. Oggi lo zoccolo forte è pari al 25% del capitale, ma sotto questa soglia il patto si scioglie». Tra i candidati a chiedere maggiore libertà di azione sulle proprie quote sono soprattutto i soci italiani. «Tra gli azionisti esteri è praticamente rimasto il solo Bolloré che ha già fatto intendere di voler restare», ha proseguito nel ragionamento, «piuttosto bisogna guardare ad alcuni soci italiani». Carlo Pesenti, in passato, era sembrato scettico sull’opportunità di restare nel patto anche se all’ultimo rinnovo aveva comunque apportato una quota che consentì di mantenere sopra il 30% la partecipazione vincolata del patto. Ma le cose potrebbero cambiare a settembre visto che, secondo il ragionamento del presidente del patto, ha poco senso restare in un sindacato di blocco ma non di voto.

 

Parole, quelle di Casò, cui hanno fatto seguito le rassicurazioni dei grandi soci della banca d’affari. Prima ci ha pensato Unicredit , erede del Credito Italiano, uno degli istituti che partecipò alla fondazione di Mediobanca , e tuttora primo socio di Piazzetta Cuccia, che tramite un portavoce ha fatto sapere che, almeno per quanto di propria competenza, «non si è mai ipotizzato finora alcuno scioglimento del patto e tanto meno ci sono state discussioni in tal senso». Ma anche Tarak Ben Ammar, che nel consiglio di Piazzetta Cuccia rappresenta Vincent Bolloré, ovvero il secondo azionista della banca, ha bollato come prematuro, se non irrealistico, tale scenario. «Non ne ho mai sentito parlare o citare», ha detto l’imprenditore franco-tunisino. «Non ne ho mai parlato con nessuno. Non mi risulta assolutamente».

E pure lo stesso Pesenti, la cui famiglia, attraverso Italmobiliare  detiene ancora l’1,53% di Mediobanca  vincolato al patto, ha definito «prematuro» lo scenario tratteggiato da Casò. «Non è certo un tema in discussione oggi, eventualmente ne parleremo quando sarà il momento», ha affermato Pesenti venerdì 27. Il caso è chiuso? Lo si capirà nelle prossime settimane. Di sicuro, da quanto si è potuto capire, il management guidato da Alberto Nagel vedrebbe di buon occhio la stabilità degli attuali assetti azionari, almeno fino a quando non saranno completate sia la trasformazione del modello di business della banca, avviato con il piano strategico 2014-2016, sia la riforma della governance, che dovrebbe essere varata con l’assemblea del prossimo ottobre ma che entrerà in vigore solo con il rinnovo del cda nell’autunno del 2017. Questo non significa che un’eventuale disdetta del patto da parte di Pesenti o degli altri soci italiani con quote inferiori all’1% sia un impedimento alla strategia di Nagel, visto che sia Unicredit  che Bolloré, che hanno più volte manifestato apertamente il proprio sostegno al management della banca d’affari, potrebbero costituire assieme ad altri soci un nuovo patto (magari con regole ancora più snelle rispetto a quello attuale) capace di accompagnare Mediobanca  nella sua trasformazione. Dopo anni (2002-2012) di lotte intestine tra i grandi soci della banca, che ne avevano di fatto limitato lo sviluppo, anche a causa di visioni strategiche divergenti sul ruolo dell’istituto nel quadro del sistema finanziario italiano, la ritrovata stabilità degli ultimi anni ha infatti consentito al management di dedicarsi esclusivamente al business, con risultati che, anche alla luce dell’ultima semestrale, cominciato a essere evidenti. Il rischio che le dichiarazioni del presidente del patto possano preludere a una nuova fase di instabilità sembra essere remoto. Resta però ancora tutta da capire la ragione di tale presa di posizione. (riproduzione riservata)