Dopo i recenti provvedimenti sulla portabilità, ora allo studio ipotesi di aggregazione o almeno di raggruppamento sotto un unico gestore di più soggetti. Da sciogliere anche il nodo Consip

di Luisa Leone  

Sono troppi e a volte troppo piccoli i fondi pensione italiani. A partire da questo assunto l’esecutivo starebbe valutando l’ipotesi di intervenire per razionalizzare e rendere più efficiente la previdenza complementare, favorendo le aggregazioni tra più soggetti e una migliore organizzazione del settore. Dopo la norma per favorire la portabilità, contenuta nel decreto Investment Compact in conversione alla Camera, si punterebbe ora a favorire gli accorpamenti, osteggiati soprattutto dal fronte sindacale, oppure, se ciò dovesse rivelarsi troppo difficoltoso, a trovare nuove forme di gestione dei patrimoni. Una possibilità sarebbe quella di far confluire sotto un unico gestore, magari organizzato in più comparti, più fondi pensione, con l’obiettivo non solo di rendere economicamente più vantaggiosa la gestione per gli aderenti, ma anche di raggiungere una massa di gestito tale da poter convogliare le risorse raccolte tramite la previdenza complementare anche in investimenti sull’economia reale. Oggi infatti molti fondi sono troppo piccoli per poter affrontare da soli questo tipo di sforzo. E probabilmente non è un caso che l’idea dell’aggregazione tra fondi sia tornata di attualità dopo che il blitz sulla previdenza complementare contenuto nella legge di Stabilità (con l’incremento al 20% dell’aliquota sui rendimenti) ha fatto saltare l’idea di creare un fondo d’investimento partecipato da Cdp, casse previdenziali e fondi pensione, per convogliare risorse sulla realizzazione di infrastrutture e altri interventi strategici per il Paese.

 

Peraltro anche la Covip, in una recente relazione al Parlamento, ha sottolineato che nell’ottica di un possibile utilizzo nell’economia reale delle ingenti masse gestite dalla previdenza complementare (circa l’8% del pil) è importante considerare anche l’elemento dimensionale dei fondi. «Anche il raggiungimento di masse amministrate più consistenti potrebbe favorire l’incremento dei flussi finanziari destinati alle imprese italiane; operando a costi amministrativi e di gestione più contenuti, per via delle economie di scala, si potrebbero sviluppare assetti organizzativi più strutturati e quindi più coerenti con l’auspicato maggior ruolo negli investimenti nell’economia reale del nostro Paese», ha detto il presidente facente funzione della commissione di vigilanza, Francesco Massicci.

Proprio la questione della Covip, poi, è un altro dossier che l’esecutivo dovrebbe affrontare presto. Dallo scorso 5 dicembre, infatti, la commissione di vigilanza è senza presidente e da settimane ormai si susseguono le voci circa il suo stesso destino. Le ipotesi sono diverse: si potrebbe infatti portare le competenze più di sistema sotto il ministero del Lavoro e affidare quelle più puramente finanziarie ad Autorità come Bankitalia o Consob. Oppure si potrebbe semplicemente designare un nuovo presidente. Il governo al momento non sembra però considerare prioritaria la nomina, o forse, vuole guadagnare tempo per decidere del futuro dell’Autorità. (riproduzione riservata)