di Luciano De Angeli

Qualora i sindaci non abbiano potuto percepire i segnali d’allarme che derivano da una condotta illecita degli amministratori, agli stessi non potrà essere ascritta responsabilità penale. A riguardo, ulteriore esimente in merito a paventate ipotesi di falso in bilancio e false comunicazioni sociali può essere costituito dal fatto che nella situazione di specie i controlli sul bilancio erano stati demandati a una società di revisione. È quanto emerge dalla sentenza emessa dal gip del Tribunale di Torino il 10 novembre e depositata lo scorso 27 gennaio 2015, che ha assolto per non avere commesso il fatto i sindaci di FonSai, Benito Giovanni Marino, Marco Spadacino e Antonio D’Ambrosio, imputati in concorso con i Ligresti e gli ex manager della compagnia di falso in bilancio nel procedimento con rito abbreviato di uno dei filoni relativi all’inchiesta sul gruppo. L’accusa evidenziava come gli amministratori, esponendo fatti materiali non rispondenti al vero, appostavano nella riserva sinistri una somma inferiore di oltre 500 milioni rispetto a quella necessaria a far fronte alla sinistrosità della società e i sindaci non impedivano l’operazione compartecipando al reato di false comunicazioni sociali. I giudici evidenziano un importante principio differenziando i controllori delegati anche alla revisione di bilancio da quelli non investiti del controllo contabile. Per questi ultimi, in particolare, si ritiene che «esclusi elementi lampanti di anomalia ovvero incongruenze relative a operazioni di falsificazione del bilancio su poste non involgenti sofisticati criteri di appostamento, (essi devono) fare affidamento sui giudizi espressi dai diversi soggetti che su quella quantificazione intervengono mettendo in campo competenze specialistiche». (riproduizione riservata)