di Angelo De Mattia  

Per molti decenni si è disquisito sul segreto bancario, sulla fonte giuridica che lo prevedeva, confondendolo spesso con il segreto d’ufficio o con quello professionale ovvero industriale oppure facendo riferimento agli usi e alle consuetudini; altri ne ricavavano il fondamento dalla tutela costituzionale del risparmio, altri ancora dallo spirito di convenzioni internazionali. La patria del segreto bancario era la Svizzera. Lunedì è definitivamente caduta questa «communis opinio» e il forziere dei capitali di mezzo mondo, per quel che riguarda i rapporti con l’Italia, ha cominciato ad aprirsi, dopo che analoghe scelte sono state compiute dalla Confederazione con altri paesi, in specie con gli Usa, che hanno aperto la strada. All’interno del nostro Paese, il segreto in questione ha progressivamente subito numerose deroghe, tanto che difficilmente il nome può essere ritenuto ancora corrispondente allo stato di fatto e all’inquadramento giuridico. L’azione di contrasto delle evasioni e delle elusioni fiscali e, forse prima ancora, la prevenzione e la battaglia contro le altre forme di criminalità e, in specie, contro il riciclaggio e l’autoriciclaggio hanno portato alla necessità di limitare e poi circoscrivere in maniera significativa gli obblighi di segretezza, estendendo in maniera rilevante le deroghe una volta previste solo per l’Autorità giudiziaria. Il combinato disposto dell’accordo italo-elvetico firmato ieri sullo scambio di informazioni, su richiesta per singoli casi, che sarà seguito dallo scambio automatico a partire dal 2018, con la normativa sulla voluntary disclosure dovrebbe fare aumentare l’emersione volontaria dei capitali illegittimamente trasferiti in Svizzera, dove sarebbero stati esportati nel tempo oltre 200 miliardi di euro in forme diversificate. A seguito dell’intesa sottoscritta, la Confederazione verrà equiparata ai paesi compresi nella white list dell’Ocse, con la conseguenza che si ridurranno gli oneri previsti, in materia di tasse ma anche per il periodo di tempo nel quale si prescrive la possibilità di compiere indagini fiscali, a favore di chi aderisce alla «voluntary». La previsione in Italia del reato di autoriciclaggio, accanto a quello di riciclaggio, pur con alcuni aspetti troppo frettolosamente definiti e, quindi, bisognevoli di revisione, e la introduzione della non punibilità per alcuni illeciti tributari per coloro che propongono volontariamente, e prima di indagini del fisco, la emersione di capitali esportati irregolarmente dovrebbero far crescere la consistenza delle dichiarazioni ai fini del rientro o della regolarizzazione degli stessi capitali. Naturalmente, si tratterà di un’operazione «una tantum», agevolata anche dal fatto che nella stessa Svizzera sta per essere introdotto il reato di riciclaggio. Insomma, si rafforzano la prevenzione e il contrasto contro i diversi tipi di irregolarità e di illeciti e la Svizzera cessa di essere un centro off-shore. Ma ora la necessità di tutelare meglio il risparmio non solo con la politica economica e con quella monetaria, ma anche con le scelte delle banche e il miglioramento del rapporto tra queste e la clientela, si rafforza: alla segretezza in larga parte superata si deve ora sostituire una più avanzata tutela sostanziale. Chi aveva pensato che la legge sulla voluntary disclosure avrebbe potuto essere superata dall’accordo con la Svizzera senza concedere la non punibilità per alcune limitate condotte illecite e senza ridurre le sanzioni pecuniarie applicabili potrebbe richiedersi perché il rischio di essere segnalati nello scambio di informazioni quando non esisteranno più aree di non punibilità e si applicherà la norma sull’autoriciclaggio indurrà verosimilmente chi ha esportato illegittimamente e fare emergere volontariamente il trasferimento e a beneficiare della predetta legge. Ne seguiremo l’applicazione che pure presenta aspetti non facili. Comunque si tratta di un importante passo avanti, a patto che non lo si magnifichi come uno straordinario afflusso di denaro che contribuirebbe a risolvere i problemi della nostra economia. L’apporto vi sarà, ma certamente non risulterà affatto così significativo. (riproduzione riservata)