di Claudia Cervini

Mentre ieri il consiglio di amministrazione di Banca Carige si è riunito, anche in vista della trimestrale prevista per l’11 febbraio, in Fondazione, primo azionista della banca con il 19%, i ragionamenti circa la cessione del 7% del capitale (per la quale c’è già il via libera del Tesoro) si fanno sempre più fitti, incalzati dalla riunione del consiglio di amministrazione e di indirizzo prevista per venerdì 6 alla presenza dell’advisor Banca Imi. 
Non è un mistero che la Fondazione non abbia le risorse per seguire pro-quota l’aumento di capitale da 700 milioni di euro che la banca genovese è tenuta a lanciare in seguito al fallimento degli stress test. Per mantenere il proprio 19%, l’ente dovrebbe mettere sul piatto una cifra pari a 133 milioni di euro. L’investimento sarebbe decisamente impegnativo (e irrealistico) dopo un bilancio 2013 che registrava un rosso di 926 milioni e un crollo del patrimonio da 1,01 miliardi a 90 milioni per una maxisvalutazione da 934 milioni della quota nella conferitaria. L’istituzione presieduta da Paolo Momigliano potrebbe decidere a questo punto di vendere le quote sul mercato. Si consideri che oggi la quota della fondazione sul mercato vale 115 milioni, meno della metà rispetto a quanto era iscritta a bilancio nel 2013 (256.509.539 euro), ed è possibile che venga effettuata una nuova svalutazione. La cessione sul mercato rimane ancora un’ipotesi, supportata da rumor: una porta che rimane aperta se le trattative sul prezzo non dessero esiti positivi. E la battaglia sul prezzo è assai probabile. Parallelamente l’ente (assistito dall’advisor Banca Imi) prosegue il dialogo con tre-quattro soggetti tra i quali si contano il fondo americano Apollo Global Management e l’imprenditore del private equity Andrea Bonomi (attraverso la società Investindustrial). In aggiunta, i francesi di Bpce (secondo azionista della banca col 10%) sarebbero intenzionati non solo a sottoscrivere l’aumento, ma anche a salire nel capitale. La seconda banca di Francia, nata nel 2009 dalla fusione della Cnce e Bfbp, si era detta in un primo tempo attendista, ma a questo punto della partita potrebbe tornare in campo da protagonista. Venerdì 6, quando l’advisor Banca Imi indicherà le strade percorribili per la «valorizzazione del patrimonio», lo scenario potrà forse chiarirsi. È probabile, infatti, che venerdì venga scoperta qualche carta e che la trattativa entri nel vivo.

Intanto un’altra partita calda si giocherà sui tavoli dei due consigli: quella relativa all’approvazione dello statuto (si veda MF-Milano Finanza di ieri). Difficile che i consigli approvino il nuovo testo della governance in questa data, saranno necessarie più sedute. Il nuovo statuto taglierà i consiglieri di indirizzo che si ridurranno da 17 a 12, mentre quelli di amministrazione da 10 a 5. In ogni caso il consiglio rimarrebbe in carica fino al gennaio 2016, quando entrerebbe in vigore il nuovo testo. Senza penalizzare troppo i consiglieri (alcuni già al terzo mandato e non più ricandidabili). La fronda del cdi, però, è dietro l’angolo. (riproduzione riservata)