Pagina a cura di Vincenzo Dragani  

 

Sanzioni interdittive per le imprese coinvolte nella combustione illecita di rifiuti e aumento della pena detentiva per i relativi titolari cui il reato sia riconducibile anche a mero titolo di omessa vigilanza. E obbligo di risarcimento del danno ambientale per chiunque, anche al di fuori di attività professionale, comprometta l’ecosistema.

Esce così inasprito dall’ultimo e definitivo passaggio parlamentare della relativa legge di conversione il nuovo delitto di incendio non autorizzato di rifiuti introdotto dal dl 136/2013 sulle «emergenze ambientali» (altrimenti detto «decreto Terra dei fuochi»). La legge di conversione approvata in via definitiva il 5 febbraio 2014 dal senato conferma l’impianto dell’illecito introdotto nel «Codice Ambientale» dall’originario decreto legge allargandone al contempo sia il campo di applicazione sia l’apparato sanzionatorio.

 

Condotta punibile più ampia. Alla luce della legge di conversione del dl 136/2013 il precetto del nuovo articolo 256-bis del dlgs 152/2006 (c.d. «Codice ambientale») appare del seguente tenore: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata è punito (_)». Non è più dunque necessario che l’incendio sia effettuato in «aree non autorizzate». Sparendo dalla disposizione originaria tale riferimento, per l’integrazione del reato dal punto di vista oggettivo è infatti sufficiente appiccare il fuoco a rifiuti lasciati in aree pubbliche e private assoggettate a uso pubblico o accumulati contra legem.

 

Sanzioni arricchite. Le sanzioni base restano immutate, coincidendo con la reclusione da 2 a 5 anni per i rifiuti non pericolosi, da 3 a 6 per i rifiuti pericolosi e con la sanzione amministrativa per quelli vegetali (fino a 6 mila euro, tramite rinvio a quella prevista dall’articolo 255, «Codice ambientale»). Ma a tali sanzioni si aggiungono sia l’obbligo di ripristino e bonifica dei luoghi che quello di risarcire il danno ambientale provocato. Sotto quest’ultimo profilo la novità appare di non poco conto, se si considera che la sottoposizione alla severa disciplina del «risarcimento del danno ambientale» era fino a oggi dal dlgs 152/2006 (provvedimento madre in materia) un trattamento riservato ai soli operatori di attività professionali. Nell’estendere tale responsabilità a chiunque cagioni un danno ambientale per l’effetto di combustione illecita di rifiuti, la nuova legge appare in linea con il progetto di allargamento dell’istituto già previsto dal disegno di «Legge europea bis» approvato dal Consiglio dei ministri l’8 novembre 2013 e attualmente all’esame del parlamento per i previsti pareri. Quest’ultimo ddl, infatti, propone l’applicazione della citata disciplina ex dlgs 152/2006 (le cui caratteristiche salienti sono il potere di intervento diretto del Minambiente e l’obbligo di riparazione in forma specifica del danno) a chiunque «svolge una attività in violazione di leggi o regolamenti» e comprometta di conseguenza una delle generiche risorse naturali previste dall’art. 300, comma 1 del «Codice», quali specie ed habitat protetti, acque, terreno.

 

Aggravamento altri reati. Oltre che per il reato di «abbandono di rifiuti» (articolo 255, dlgs 152/2006), la finalità «della successiva combustione illecita di rifiuti» diventa circostanza aggravante (ricorrendo la quale si applicano le più pesanti sanzioni previste per il nuovo delitto ex articolo 256-bis) per altri due reati previsti dal «Codice ambientale»: la «gestione di rifiuti non autorizzata» (di base punita solo come contravvenzione dall’articolo 256) e il «traffico illecito» (già sanzionato come delitto dall’articolo 259, stesso dlgs 152/2006).

 

Responsabilità ad hoc per imprese. Un’intera nuova disposizione del rinnovato articolo 256-bis del dlgs 152/2006 è dedicata al reato di combustione illecita di rifiuti «commesso nell’ambito di attività di un’impresa o comunque di un’attività organizzata». Tale circostanza porta con sé notevoli novità, quali: l’espressa ed autonoma responsabilità del titolare dell’Ente per omessa vigilanza sull’operato degli eventuali autori materiali riconducibili all’Organizzazione; l’aumento delle (citate) sanzioni detentive base di 1/3; l’applicazione delle sanzioni interdittive previste dal dlgs 231/2001 sulla responsabilità amministrativa degli Enti. In particolare, la nuova legge dispone l’irrogazione ai titolari dell’Ente delle sanzioni previste dall’articolo 9 del decreto legislativo sulla responsabilità amministrativa degli Enti, comprendenti: l’interdizione dall’esercizio dell’attività; la sospensione o la revoca di autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito; il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione; l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi; il divieto di pubblicizzare beni o servizi. Il dlgs 231/2001, lo ricordiamo, prevede l’applicazione di sanzioni pecuniarie ed interdittive direttamente in capo all’Ente per determinati reati (cd. «reati presupposto», puntualmente indicati dallo stesso decreto) commessi da organi dell’impresa a vantaggio della stessa. Esigenze sistematiche avrebbero tuttavia reso opportuno il parallelo l’inserimento del (rinnovato) reato di combustione illecita di rifiuti ex articolo 256-bis del dlgs 15/2006 direttamente nel catalogo dei citati «reati presupposto» contenuto nel dlgs 231/2001, catalogo nel quale ben figurano (sin dal 2011, in virtù del dlgs 121/2011) tutti i principali illeciti ambientali, compresi quelli (meno gravi) già previsti dal «Codice ambientale» (come la semplice gestione illecita di rifiuti).

 

Quantificazione pena per stati emergenziali. Il nuovo testo della disposizione penale fissa in 1/3 l’aumento, prima indeterminato, della pena per la combustione illecita di rifiuti effettuata in territori interessati da dichiarazioni di stato emergenziali, sia in corso o che pronunciate nei 5 anni precedenti.

 

Ampliamento della confisca. Infine, la già prevista misura di sicurezza coincidente con l’espropriazione degli strumenti afferenti al reato abbraccia ora non solo i mezzi «di» trasporto, ma tutti i mezzi utilizzati «per» il trasporto di rifiuti incendiati in modo illecito (salvo che essi appartengano persona estranea, anche sotto il profilo dell’eventuale «concorso», al reato).

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