di Andrea Giacobino     

Non bastano più la ripresa dei titoli di Stato e il buon andamento delle borse per il ramo Vita e, per il ramo Danni, la riduzione della frequenza dei sinistri. Quei fattori esogeni che nel 2013 hanno spinto i conti dei principali gruppi assicurativi italiani quotati non sono più sufficienti a garantire la crescita nel nuovo anno.

Nel 2014, così, le compagnie dovranno far leva su interventi più strutturali volti a maggiore efficienza e innovazione dell’offerta se vogliono sostenere la crescita degli utili. È quanto sostiene la società di consulenza AT Kearney in un report dedicato all’analisi dell’evoluzione del Roe nel settore assicurativo, elaborato da Massimo Arrighi, Claudia Motta e Gigliola Pirovano.

L’inversione di tendenza per la redditività del settore si colloca nel 2012, quando si registrano utili sia nel Vita sia nel Danni, pur con logiche e driver diversi tra loro; con un Roe di mercato dell’11,5%, comunque trainato dai risultati tecnici. Così da una perdita di 2 miliardi nel 2008, il comparto ha invece messo a segno 5,8 miliardi di utile nel 2012, con un Roe che, nello stesso periodo, è passato da -0,9% a +3,1% per il Danni e da -7,8% a +17,3% per il Vita. E nello stesso quinquennio la redditività si è mantenuta su buoni livelli, nonostante l’incidenza stabile dei costi, grazie alla riduzione del loss ratio.

Il combined ratio del danni è infatti passato da 98,7% a 95,8%, mentre l’RCS ha visto il dato scivolare da 101% a 92,5%.

Questi fattori esogeni, che non risultano quindi determinati da un miglioramento strutturale dell’efficienza aziendale, sono proseguiti lo scorso anno. Nel Vita è proseguita la ripresa dei volumi, grazie alla raccolta tornata positiva del canale bancario. Basti pensare al terzo trimestre che ha visto 37,5 miliardi raccolti dagli sportelli sui 62,1 miliardi complessivi. È migliorata poi la redditività tecnica grazie ai risultati della gestione finanziaria, trainata dalla citata ripresa dei titoli di Stato italiani e dal miglior andamento dei listini.

Nel Danni la redditività tecnica si è mantenuta ancora su livelli molto positivi, soprattutto sul segmento auto, grazie alla riduzione della frequenza degli incidenti, determinata dalla crisi economica e quindi dal minor uso dell’auto. Sempre lo scorso anno è continuata la discesa della raccolta su tutti i rami ma il crollo si è accentuato in particolare nei premi auto, non solo Cvt ma anche Rca. Tale trend, soprattutto a partire dalla metà del 2013, è generato da una chiara inversione dell’andamento delle tariffe, che registrano tassi negativi. Un evidente sintomo dell’inizio di una guerra di prezzo che conferma l’andamento ciclico del settore, incapace di definire un trend positivo di lungo periodo. Comunque fra 2008 e 2012 la redditività si è mantenuta su buoni livelli, malgrado l’incidenza stabile dei costi, grazie alla riduzione del loss ratio, tanto che il combined ratio del Danni è passato da 98,7 a 95,8%, mentre quello dell’Rc Auto è scivolato da 101 a 92,5%.

Quali attese per il 2014? Per AT Kearney il combined ratio, in lieve diminuzione nel 2013, quest’anno rimarrà stazionario o segnerà un lieve incremento: le stime ipotizzano fra lo scorso anno e il 2014 un 95-93% per Assicurazioni Generali, 93-94% per UnipolSai, 94-94% per Cattolica e 92-94% per Vittoria Assicurazioni. Il Roe riflette tale performance e, in crescita nel 2013, è atteso stabile quest’anno: 11-12% nel biennio per il gruppo guidato da Mario Greco, 9-11% per quello al cui timone c’è Carlo Cimbri mentre Cattolica segnerà 6-7% e Vittoria Assicurazioni 16-14%. Il ciclo positivo, insomma, è destinato a esaurirsi entro breve a fronte di: 1) una riduzione del premio medio, anche a causa delle pressioni del regolatore e del contesto competitivo che si delinea sulle tariffe; 2) la stabilizzazione economica del Paese e la graduale uscita dalla crisi porranno fine alla discesa della frequenza sinistri e 3) l’expense ratio stabile è indice di un sistema che non ha realizzato miglioramenti strutturali e patisce ancora i costi di una distribuzione onerosa. (riproduzione riservata)

Quattro sfide per le compagnie italiane

«Negli ultimi due anni», dice Massimo Arrighi, partner di AT Kearney, «la redditività delle assicurazioni è sì cresciuta, ma soprattutto grazie a fattori esterni al settore, come ad esempio la riduzione dei sinistri automobilistici per la minor circolazione di vetture e la ripresa dei corsi dei titoli pubblici, spinta dalla discesa dello spread. Al netto di questi elementi esogeni, che cosa hanno fatto le compagnie per incrementare strutturalmente efficacia commerciale ed efficienza operativa? Ancora poco: la struttura distributiva rimane tradizionale e lascia poco spazio ai canali moderni, che pesano meno del 10%; l’incidenza dei costi operativi resta costante e alta, se paragonata a quella degli altri Paesi europei». Arrighi individua quattro fronti caldi per «cambiare passo». Il primo riguarda la distruzione. «È necessario», dice, «dare ai clienti la possibilità di operare in modo semplice e integrato sui canali fisici e digitali in base alle preferenze dei diversi segmenti. Per arrivarci non bisogna investire solo in piattaforme informatiche, ma anche in ambito organizzativo per rendere cooperative attività contrapposte nei modelli tradizionali; agenti contro Internet, per esempio». La seconda sfida si gioca sull’innovazione di prodotti. «Le nuove tecnologie di infomobilità (come le black box sulle auto, ndr)», continua Arrighi, «consentono migliori livelli di servizio e costi operativi più contenuti. I dispositivi di monitoraggio a distanza si possono applicare anche alle case e alla salute, in particolare alla prevenzione. In campo assicurativo estenderne l’adozione andrebbe a beneficio di compagnie e clienti». C’è poi il tema delle polizze Vita. «In un futuro ormai alle porte», spiega in conclusione il partner di AT Kearney, «le ingenti somme investite dai risparmiatori nelle polizze Vita dovranno necessariamente trasformarsi in flussi di cassa a supporto di un tenore di vita non sostenibile con il solo reddito da pensione. Su questo fronte manca ancora un’offerta sufficientemente dinamica e flessibile per consentire un decumulo dei risparmi controllato e attivamente gestito». (riproduzione riservata)