Mariano Mangia

Roma L’ industria della promozione finanziaria festeggia il nuovo massimo storico del patrimonio dei clienti, 280 miliardi circa a fine 2013, e il miglior risultato degli ultimi 13 anni in termini di raccolta netta di risparmio gestito. Il numero di clienti, sono 3,3 milioni, è cresciuto però solo del 2%. La domanda, allora, è quanto spazio esiste per un ulteriore crescita e come si possono acquisire nuovi clienti? Una possibile risposta prova a fornirla l’indagine dalla Ispo Ricerche di Renato Mannheimer, “Il promotore finanziario nella percezione dei risparmiatori”, presentata a Consulentia 2014, l’evento organizzato dall’Anasf, l’associazione nazionale dei promotori finanziari. Dalla ricerca emergono sostanzialmente due punti: in primo luogo, la preparazione finanziaria dei risparmiatori italiani è modesta, poco più della metà degli intervistati dichiara di sapere poco o nulla di finanza, e questa non è certo una novità, ma è un fattore che impatta molto sulla disponibilità a rivolgersi a un promotore finanziario, la cui figura, questo è il secondo punto, forse il più sorprendente, è ancora poco conosciuta. Solo il 5% del campione intervistato è cliente di un promotore finanziario e, soprattutto, quasi l’80% dei risparmiatori interpellati dichiara di conoscere poco o nulla la figura del promotore. Meraviglia meno, a questo punto, che solo il 16% del campione si dichiari propenso ad affidare i propri

risparmi a un promotore finanziario, preferendo di gran lunga Posta e banche; la fiducia nel promotore, però, tende a crescere all’aumentare del titolo di studio, nelle classi centrali di età e tra chi ha maggiori competenze finanziarie. Le conclusioni sono, tuttavia, meno scoraggianti di quanto si potrebbe supporre a prima vista. Per cominciare, pur in presenza di una limitata propensione a rivolgersi a un promotore, esiste già un discreto spazio di crescita da esplorare per questa tipologia di intermediari. Mannheimer calcola che quel 16-17% di intervistati propensi ad affidare i propri risparmi a un promotore possa tradursi in una platea di 7,5 milioni possibili clienti, un numero forse anche maggiore, secondo il sociologo, se si considera la crescente esigenza di consulenza finanziaria. Il secondo punto è che, paradossalmente, il principale freno a rivolgersi a un promotore è la mancanza di fiducia, lo dichiara quasi un intervistato su due, ovvero ancora un effetto della scarsa conoscenza di questa figura, mentre contano meno la mancanza di risparmi da investire o la preferenza accordata a strutture più solide o che già seguono il cliente. Esiste quindi uno spazio di crescita potenziale da attaccare, ma occorre anche ampliare questo spazio, far conoscere la figura del promotore a quella larga fetta di italiani che ne ignora o quasi l’esistenza. L’indicazione data alle reti di vendita dal responsabile di Ispo Ricerche è comunicare meglio quello che fa il promotore finanziario, anche perché chi conosce il promotore, chi ne è già cliente, sembra molto soddisfatto della scelta compiuta. Tre clienti su quattro, infatti, raccomanderebbero il proprio promotore finanziario a un familiare o a un conoscente. I motivi? Sostanzialmente perché è ritenuto affidabile, lo è per il 46% degli intervistati, e poi perché gli si riconosce competenza, mentre la capacità di migliorare la gestione finanziaria appare meno rilevante, raccoglie solo il 15% delle risposte. Potrebbe funzionare il passaparola? «L’ostacolo principale a una crescita attraverso il passaparola è rappresentato dal fatto che il risparmiatore italiano è poco disposto ad assumere rischi, preferisce rivolgersi a operatori come banche e posta per i suoi investimenti in strumenti tradizionali », ha detto nel corso del dibattito Antonio Spallanzani, presidente di Assoreti, che ha anche sottolineato come lo sviluppo delle banche-reti c’è, ma è lento, la quota di mercato negli ultimi 10 anni è cresciuta dell’1-1,5%. Il presidente di Assoreti ha anche qualche perplessità sul fatto che vi sia una maggiore esigenza di consulenza: «Il cliente che mantiene il denaro sul conto corrente non sente il bisogno della consulenza, di farsi assistere in scelte che riguardano strumenti semplici. Il risparmiatore reputa il promotore finanziario serio e competente, ma per operazioni di un certa complessità». Maggiore ottimismo si respira tra i promotori finanziari. «Abbiamo ampie praterie davanti a noi. I promotori hanno dimostrato, nella maggior parte dei casi, di saper curare il rapporto fiduciario e di fidelizzazione con la clientela, 1 un’attività che richiede dedizione e tempo — sottolinea Maurizio Bufi, presidente dell’Anasf — Sul versante della relazione abbiamo un oggettivo vantaggio competitivo, tuttavia non abbiamo la pretesa, sarebbe velleitario, di una supremazia del canale distributivo dei promotori rispetto a quello della banca o di altri intermediari, ma c’è un’importante fetta del mercato potenziale, è emerso dalla indagine Ispo, di risparmiatori in attesa, pronti a ricevere, un’offerta di consulenza che, in primis noi siamo in grado di garantire ». C’è, dunque, una richiesta di consulenza e i promotori ritengono di essere in grado di soddisfare questa esigenza. Il problema è farlo sapere a un gran numero di risparmiatori. Come? «Bisogna fare una cosa molto semplice, come da tempo ripeto: bisogna sostanzialmente fare sistema — spiega Bufi — Fare sistema significa che tutta l’industria, se è vero, come è vero, che nel promotore finanziario ci sono delle grandi potenzialità di sviluppo, deve investire, deve valorizzare questa figura, anche, ad esempio, attraverso campagne promozionali sui media, che non vertano tanto sulla pubblicità del prodotto o del servizio, ma sulla figura sempre più professionalizzata del promotore». 2 3 1 2 3 L’indicazione data alle reti di vendita dal responsabile di Ispo Ricerche è comunicare meglio quello che fa il promotore finanziario Solo il 5% del campione intervistato è cliente di un promotore finanziario e, soprattutto, quasi l’80% dichiara di conoscere poco o nulla il promotore