Roma N ovità in arrivo, in termini normativi, per il mondo della promozione finanziaria, ma sono novità che sollevano non pochi dubbi e perplessità tra gli operatori. La legislazione finanziaria del nostro paese, come ha osservato qualcuno, non è stata toccata dalla cosiddetta “deregulation” e ora la spinta a una regulation più stretta rischia di portare, secondo molti, a una iper-regolamentazione, un eccesso di norme, di lacci. A destare le maggiori preoccupazioni è il recepimento della direttiva europea relativa a politiche e prassi di remunerazione e incentivazione che prevede, tra le altre cose, un adeguato equilibrio e una separazione ex ante fra parte fissa e parte variabile della remunerazione, l’introduzione di un limite massimo di 1:1 al rapporto tra le due componenti, presidi prudenziali per la componente variabile e regole più specifiche per il personale considerato “più rilevante”. Il punto, come evidenzia la ricerca Bocconi presentata al convegno Consulentia 2014, è che la figura del promotore finanziarioagente presenta delle specificità che vanno dal carattere interamente variabile dei compensi alla diversa tipologia di rischi legati all’attività di promozione. «C’è un aspetto fondamentale da considerare. Il contratto di lavoro del promotore finanziario non è un contratto di lavoro subordinato, è un contratto di agenzia, una fattispecie molto diversa, riconosciuta dall’ordinamento e che ha sue

caratteristiche specifiche — sottolinea il segretario generale di Assoreti, Marco Tofanelli — La costruzione dei budget, la stabilità della banca chiaramente rispondono a delle forme di relazione con il prestatore di lavoro completamente diverse rispetto a quelle di un lavoro subordinato». Nelle disposizioni della Banca d’Italia che recepiscono la direttiva sono stati previsti criteri specifici per la remunerazione dei promotori finanziari, distinta in due componenti, “ricorrente” e “non ricorrente”, in base alla natura incentivante o meno del compenso, con presidi prudenziali applicati alla sola componente non ricorrente. «In realtà la parte ricorrente non è comunque una componente fissa, è variabile, perché è abbinata all’attività che viene svolta dal promotore — osserva Tofanelli — Quando parliamo poi di “bonus entry”, parliamo di qualcosa di completamente diverso, non presente nel mondo delle reti: il soggetto che entra nella rete è a zero, non c’è un bonus, c’è un’anticipazione di provvigioni, che è tutta altra cosa, non è un premio rispetto a un fisso. Senza entrare poi nel merito dei singoli punti, sui quali abbiamo prodotto le nostre considerazioni e di cui speriamo che Banca d’Italia tenga conto, il concetto è che il nostro è proprio un approccio diverso, un approccio che risponde a criteri di una forma contrattuale diversa, una forma che permette di superare quelle rigidità tipiche del sistema bancario tradizionale, tanto che nel mondo delle reti non si è mai parlato di problema degli esuberi. Spero che tutti questi aspetti siano tenuti nella giusta considerazione, alcune parametrizzazioni, come il rapporto 1:1, per noi non hanno senso». Altre novità arriveranno con la Mifid II. Qui si prevede che l’intermediario debba specificare al cliente, prima della prestazione del servizio, se la consulenza è fornita su base indipendente o meno, per la distinzione tra le due fattispecie conta la gamma di strumenti finanziari valutati e l’eventuale divieto di inducement, la retrocessione di commissioni, e se la consulenza è basata su un’analisi del mercato ampia o più ristretta, con l’obbligo di fornire al cliente una valutazione periodica dell’idoneità degli strumenti finanziari raccomandati. Le critiche dell’industria si appuntano soprattutto sull’aggettivo adoperato per classificare la consulenza, quel “non indipendente”, dicono, sottintende una connotazione negativa di tale forma di consulenza. Tra gli operatori della promozione finanziaria c’è chi sostiene che il limite al conflitto di interessi o a pratiche di concentrazione rischi è insito nel modello stesso di business delle reti, altri hanno avanzato la proposta di una revisione del contratto degli agenti, introducendo norme di autoregolamentazione e di controllo. Ma di fronte all’ineludibile necessità di tutelare il risparmiatore e di normare comportamenti, vale quanto sottolineato da Paola Musile Tanzi, una degli estensori della ricerca: «Il modello di business delle reti ha tenuto, si è affermato, è un unicum anche in ambito normativo. In un momento di grandi cambiamenti normativi, Mifid II, remunerazioni, vigilanza prudenziale, è molto importante che i regolatori comprendano le specificità di questo modello di business, per non ridurre i vantaggi competitivi di queste realtà». (m.man.) Altre novità con la Mifid II: si prevede che l’intermediario debba specificare se la consulenza è fornita su base indipendente La figura del promotore finanziario e agente presenta delle specificità che partono dal carattere variabile dei compensi