di Andrea De Biase

Milano, 14 marzo 2013. Nella sala riunioni, all’ultimo piano dello storico palazzo delleAssicurazioni Generali di Piazza Cordusio, l’amministratore delegato del Leone, Mario Greco, entrato in carica in agosto, e il direttore finanziario, Alberto Minali, nominato in settembre al posto di Raffaele Agrusti, che nel frattempo ha assunto il ruolo di country manager per l’Italia, incontrano i giornalisti per illustrare i risultati del gruppo al 31 dicembre 2012.

Tra i cronisti presenti all’incontro è grande la curiosità di capire se dalla due diligence sul portafoglio investimenti del gruppo, voluta da Greco subito dopo il suo insediamento, siano emerse particolari criticità, specie in relazioni alle operazioni effettuate dalle Generalicon i suoi soci. Tre mesi prima, il 16 dicembre 2012, dalle colonne del Corriere della Sera, Massimo Mucchetti (oggi senatore Pd e presidente della commissione Attività Produttive di Palazzo Madama) aveva infatti dato conto di una «dettagliata relazione» sul tema, che il presidente del comitato per il controllo interno, Alessandro Pedersoli, avrebbe effettuato nel corso del cda del Leone del 14 dicembre, dalla quale sarebbero emerse alcune operazioni poco trasparenti concluse dall’ex ad, Giovanni Perissinotto, con i componenti della cordata veneta azionista delle Generali tramite Ferak: la famiglia Amenduni, la Palladio Finanziaria di Roberto Meneguzzo e Giorgio Drago e la Finint di Enrico Marchi.

 

Tre i punti che secondo Mucchetti sarebbero stati sollevati nella relazione di Pedersoli (storico avvocato di Giovanni Bazoli e allora consigliere delle Generali in quota Intesa Sanpaolo): 1) l’acquisto dagli Amenduni del 2,95% dell’Ilva attraverso il veicolo lussemburghese All Best per 180 milioni; 2) l’esposizione creditizia per circa 148 milioni nei confronti dell’universo Finint; 3) l’investimento, attraverso alcuni veicoli esteri, in strumenti partecipativi emessi da Pfh1, la scatola cui fa capo il controllo di Palladio, alle quali leGenerali sono legate anche per avere investito nel fondo Vei Capital.

Nonostante la replica di Meneguzzo, che in una lettera al Corriere ribadisce la correttezza delle operazioni effettuate con le Generali, preannunciando azioni legali a tutela della reputazione della società vicentina, negli ambienti finanziari la curiosità di capire quali saranno gli sviluppi dell’investment review rimane forte.

La vicenda viene così riassunta da Affari&Finanza di Repubblica il 14 gennaio 2013, il giorno della presentazione a Londra del piano strategico del Leone: «Greco ha avviato una revisione complessiva delle poste di bilancio all’attivo, principalmente per capire se lì si nascondono buchi o perdite importanti. I risultati della ricognizione a 360 gradi si conosceranno solo con la pubblicazione del bilancio 2012 che dovrebbe presentare un’importante pulizia dei conti. Alcune note dolenti sono però già uscite in maniera non uniforme sulla stampa tanto da aver suscitato le ire di Greco per l’inaffidabilità e la mancanza di riservatezza del consiglio di amministrazione». «La rivelazione» relativa ai rapporti tra le Generali e i soci veneti, scrive ancora il settimanale, «è stata cavalcata daMediobanca, primo azionista di Generali, per dimostrare che nella battaglia per la conquista di Fondiaria-Sai da parte di Unipol in realtà il Leone era sceso in pista dietro le quinte sostenendo la cordata concorrente che ruotava intorno alla Palladio». Inoltre, fa notare Affari&Finanza, i soci veneti «ora chiedono a gran voce che Greco compia una ricognizione approfondita su tutte le operazioni effettuate negli ultimi anni da Generali con tutte le sue parti correlate, da Mediobanca a De Agostini a Caltagirone e Del Vecchio». Un invito fatto proprio anche dall’ex presidente del Leone, Cesare Geronzi (estromesso nella primavera del 2011 proprio su impulso di Mediobanca e De Agostini) che in più di un’occasione ha pubblicamente sollecitato il nuovo ad delle Generali a scoperchiare il «vaso di Pandora» delle operazioni effettuate in passato dal gruppo assicurativo con i suoi grandi soci, a partire proprio dalla banca d’affari guidata da Alberto Nagel e dal gruppo di Novara guidato da Lorenzo Pellicioli.

Si comprende dunque perché, anche alla luce degli 1,27 miliardi di svalutazioni effettuate da Greco sul portafoglio investimenti, fosse così alta l’aspettativa di conoscere le risultanze della due diligence. E invece, nonostate l’insistenza dei cronisti, Greco esclude categoricamente che l’obiettivo dell’asset review sia quello di fare i conti con il passato. «Non facciamo gli storici, siamo qui per gestire il presente e il futuro». E incalzato sui rapporti con le parti correlate: «Dal 2010, da quando è entrata in vigore la nuova normativa sulle parti correlate, tutte le operazioni realizzate dalle Generali con i soci sono state approvate in piena trasparenza e con il parere vincolante degli amministratori indipendenti. Non so cosa si faceva prima di allora, ma non è mio dovere tornare indietro e fare dei processi alla società». L’unica concessione alla curiosità dei giornalisti circa il costo di un’eventuale svalutazione degli investimenti effettuati dal Leone nelle iniziative di private equity promosse da Palladio la fa il cfo Alberto Minali, il quale sottolinea che tra i 156 milioni di svalutazioni relative agli investimenti alternativi non figura la partecipazione in Vei Capital, che non è stata rettificata poiché «il fondo va bene».

Capitolo chiuso? Sembrerebbe proprio di sì. E invece nel corso dell’assemblea del 30 aprile il tema torna ad essere d’attualità. Così il presidente Gabriele Galateri risponde ai chiarimenti avanzati da un azionista: «Alcune operazioni, citate dalla stampa, sono state analizzate anche sotto il profilo della loro corretta e diligente gestione con il supporto di qualificati consulenti legali esterni (avv. Sergio Erede e Prof. Francesco Mucciaelli) ai quali è stato chiesto di esprimersi in ordine all’opportunità di attivare eventuali azioni a tutela della società. Queste analisi, in alcuni casi molto complesse, non sono ancora state completate. Ciò nonostante, allo stato, i consulenti legali hanno confermato che non sussistono responsabilità di carattere penale, mentre si sta tuttora valutando se esistano i presupposti per attivare azioni di carattere civile».

Toccherà dunque al nuovo cda, nominato proprio il 30 aprile, esaminare le risultanze del lavoro dei legali. Ma la sensazione è che tutto si chiuderà in un nulla di fatto. Il 16 maggio Greco, interpellato dal Sole 24 Ore sul «coacervo di interessi che si era creato attorno alleGenerali, come le operazioni con Palladio» ribadisce: «Quelle operazioni furono fatte nell’estate 2008. Io non c’ero e non so perché furono fatte. (…) Quello che mi preme, però, e l’ho ripetuto più volte, è che non abbiamo alcun beneficio a fare la storia del passato».

Lo scenario, però, cambia radicalmente nel mese di giugno, quando i rapporti tra l’ad delleGenerali e i grandi soci vengono messi a dura prova dalla gestione della vicenda Agrusti. Il 27 giugno la stampa rivela che nei giorni precedenti Greco avrebbe comunicato ad Agrusti che non sarà lui a guidare Generali Italia. La compagnia si trincera dietro un no comment, ma il licenziamento a mezzo stampa non sembra essere piaciuto ai grandi soci, Mediobancae De Agostini in primis, che però ufficialmente confermano il pieno sostegno a Greco. Mentre va in scena la telenovela Agrusti, con Greco che arriva al punto di minacciare le dimissioni di fronte ai rilievi sollevati da alcuni soci, il Corriere rivela che la Consob avrebbe chiesto delucidazioni anche sulle operazioni realizzate dalle Generali, ai tempi della gestione di Perissinotto e Agrusti, non solo con i veneti ma anche con gli altri azionisti stabili (Mediobanca, De Agostini, Del Vecchio e Caltagirone). L’accordo raggiunto per l’uscita di Agrusti dal gruppo, a fronte di una buonuscita da 6,1 milioni, sembra aver rimarginato la ferita, tanto che nella semestrale al 30 giugno i vertici del Leone ribadiscono di aver concluso le attività di approfondimento avviate alla fine del 2012 su alcuni investimenti in private equity e fondi alternativi e che, pur essendo emerse «talune irregolarità sul piano della governance interna», il cda non ha ravvisato le condizioni per avviare eventuali iniziative sul piano legale.

Storia finita? Nemmeno per idea. Domenica 13 ottobre sul Sole 24 Ore, Claudio Gatti, con dovizia di particolari, rivela quanto riportato in alcuni documenti interni delle Generali che sarebbero stati inviati alla Consob, da cui emergerebbero importanti responsabilità di Perissinotto sulle perdite legate a sette operazioni problematiche. L’articolo si conclude così: «Generali ha deciso di guardare avanti e ingoiare il rospo. Chissà se la Consob deciderà di fare lo stesso».

Passano solo poche settimane e il 6 novembre le Generali comunicano, proprio su richiesta della Consob, che il 30 ottobre l’Ivass ha chiesto al comitato controllo e rischi del Leone di esprimere un nuova valutazione sui fatti, sottoponendola al cda, che dovrà pronunciarsi nuovamnte in merito all’azione di responsabilità nei confronti di Perissinotto e Agrusti. In altre parole il supplemento di indagini sarebbe stato chiesto direttamente dalle authority. L’11 febbraio scorso, mentre cresce l’attesa del cda del 19, che dovrà decidere sull’azione nei confronti dei due ex manager, la Consob smentisce di aver esercitato «fortissime pressioni» per l’azione di responsabilità. Nel frattempo, il nuovo parere commisionato dal cda allo studio Portale-Visconti e al professor Maresca arriva sul tavolo delle Generali, ma anche in questo caso vengono di nuovo sottolineate le perplessità evidenziate da Erede e Mucciarelli.

Eppure il 19 il cda delle Generali, con il voto contrario del solo Pellicioli, delibera di procedere, ma in sede giuslavoristica nei confronti di Perissinotto e Agrusti. (riproduzione riservata)