Adriano Bonafede

U n epilogo clamoroso, anche se non del tutto inatteso, quello che dovrebbe emergere dalla prossima riunione del consiglio d’amministrazione di Generali previsto per il prossimo 19 febbraio. In quell’occasione il cda, è dato ormai per scontato, deciderà un’azione di responsabilità nei confronti dell’ex group ceo Giovanni Perissinotto e dell’ex direttore generale Raffaele Agrusti. Un evento mai visto nella storia ultracentenaria del Leone di Trieste ma anche raro per qualsiasi società quotata, rarissimo per una multinazionale. L’ azione di responsabilità da parte del cda di Generali sarebbe l’ultimo atto di una vicenda cominciata quando il nuovo amministratore delegato, Mario Greco, arrivato a Trieste poco più di un anno e mezzo fa, iniziò una sorta di due diligencesulla gestione passata. Dalla quale emersero già nel 2012 possibili profili di irregolarità su alcuni investimenti di Generali, in particolare con i soci veneti di Palladio e Finint, per i quali non erano state rispettate le procedure di governance previste. Di fatto, o il vecchio consiglio d’amministrazione non era stato informato o ciò era avvenuto con alcuni sostanziali omissis. La materia riveste una particolare delicatezza perché dietro queste operazioni potrebbe nascondersi – secondo una ricostruzione accreditata anche dall’indagine della magistratura nella persona del pm Federico Frezza, di cui Affari & Finanza aveva già dato

per prima la notizia, nel numero 40 del 2 dicembre scorso – la volontà da parte del vecchio management di crearsi un nucleo di azionisti di Generali a lui vicino. Operazioni condotte – così risulterebbe – direttamente o indirettamente, attraverso strutture finanziarie del Lussemburgo, dietro alle quali tra gli altri ci sono i nomi della galassia veneta tra i quali Enrico Marchi e Andrea De Vido, leader della merchant Finint, ma anche la famiglia Amenduni (gruppo Valbruna) e il finanziere Roberto Meneguzzo (ad di Palladio Finanziaria). Verso la fine dello scorso anno era già chiaro che esisteva un problema. Per questo era stato dato mandato agli studi Bonelli, Erede Pappalardo (per la parte civile) e all’avvocato Mucciarelli (per la parte penale) di analizzare la situazione sotto i diversi profili. L’azione di responsabilità – che tenderebbe a recuperare i soldi spesi dal gruppo per un’operazione che ha causato un danno patrimoniale – pur non essendo data per esclusa a priori, secondo i pareri legali sembrava però di ardua percorribilità e quindi Generali l’aveva accantonata. Nei mesi successivi, tuttavia, ben due interventi da parte degli organi di controllo – Consob da una parte e Ivass dall’altra – chiedevano di riesaminare tutte le questioni legate a queste operazioni e relative all’operato di Giovanni Perissinotto e di Raffaele Agrusti. A questi interventi si deve aggiungere l’indagine portata avanti dalla procura di Trieste dal pm Frezza e che non è ancora conclusa. Ma sono stati i due organi di vigilanza, soprattutto, a premere per l’azione di responsabilità da parte di Generali. In particolare la Consob si è distinta per un pressing fatto di continue richieste di dati e documenti per mesi e mesi. Fonti ben informate dicono che la scorsa settimana l’ad Mario Greco sia stato convocato dal presidente Giuseppe Vegas. In tale occasione Vegas avrebbe svolto una fortissima pressione su Greco perché convinca il prossimo 19 febbraio i consiglieri d’amministrazione riluttanti a portare avanti un’azione così eclatante. Le resistenze, infatti, sono forti. Per vari motivi. Il primo è che in questo momento, con un management proiettato verso il nuovo corso e che, risultati alla mano, gode dell’appoggio incondizionato degli azionisti, una vicenda del genere (che riguarda il passato) porterebbe soltanto una pubblicità negativa al gruppo. Il secondo, che pochi sarebbero disposti a confessare, è che nel board siedono ancora oggi persone che erano presenti anche all’epoca in cui i fatti sono avvenuti. È vero che si presume che Perissinotto e Agrusti non abbiano adeguatamente informato i consiglieri sulle operazioni che stavano facendo – o almeno così risulta dalle carte – ma non si tratterebbe anche in questo caso di una buona pubblicità. Ma ormai la strada è tracciata. Nessun consigliere, a questo punto, è disposto ad andare contro ben due autorità di vigilanza. E anche se l’iter non è ancora formalmente concluso, le speranze di evitare l’atto di richiesta di risarcimento indirizzata al vecchio management sono di fatto inesistenti. Il Comitato Rischi, guidato da Paolo Scaroni e il Comitato per la Remunerazione, guidato da Alberta Figari, acquisiranno nei prossimi giorni in via definitiva il parere del professor Giuseppe Benedetto Portale e dello studio legale Maresca. Da notare che non sarà Greco a decidere di portare la questione davanti al cda perché saranno i due comitati, di cui lui non fa parte, a farlo. Spetterà poi al consiglio d’amministrazione vagliare la questione e prendere una decisione. Anche qui, però, non si tratterà ancora della parola definitiva. Questa potrà arrivare soltanto dall’Assemblea dei soci il prossimo 30 aprile. Nella foto grande, l’ad di Generali, Mario Greco.