di Francesco Ninfole     

Sono ripartite le procedure degli stress test. Le autorità di vigilanza europee vogliono spazzare così ogni dubbio sulla solidità delle 124 maggiori banche del Vecchio continente, di cui 15 italiane. I test del 2011, viziati secondo molti osservatori da disomogeneità delle regole tra Paesi, non sono riusciti nell’obiettivo di riportare la fiducia sul settore, anche a causa dell’assenza di meccanismi di ricapitalizzazione europei.

Ora non si potrà però sbagliare, poiché nella partita la Bce si gioca la reputazione di supervisore unico dell’Eurozona attraverso il single supervisory mechanism, che partirà a novembre. Perciò le attese sono quelle di un esame rigoroso.

L’Eba, l’autorità responsabile della metodologia degli stress test, ha pubblicato venerdì i punti chiave dell’esame, definiti assieme alla Bce. Ad aprile saranno pubblicati nel dettaglio gli scenari avversi, mentre a ottobre saranno diffusi i risultati con i deficit patrimoniali. Alcuni elementi importanti sono stati già definiti. Innanzitutto la soglia di capitale richiesta in caso di scenario avverso sarà pari al 5,5% di capitale di migliore qualità (common equity): un valore superiore al 5% del precedente esame, ma inferiore al 6% considerato inizialmente dai regolatori. Gli scenari avversi saranno considerati nel triennio 2014-2016, sulla base dei bilanci a fine 2013.

Questo potrebbe spingere gli istituti a essere molto prudenti nei bilanci annuali, privilegiando il rafforzamento patrimoniale e mettendo in secondo piano gli utili. La definizione di capitale valida per gli stress test sarà quella dei testi legislativi Ue che hanno introdotto Basilea 3 in Europa (regolamento Crr e direttiva Crd4): sarà dunque considerata la gradualità delle definizioni patrimoniali, che saranno all’inizio più lievi ed entreranno pienamente in vigore nel 2019.

L’Eba ha sottolineato l’ampio spettro dell’analisi: saranno sottoposti a stress i rischi di credito, di mercato, sovrani e legati a cartolarizzazioni e al costo della raccolta. Nei test del 2011 si era guardato soprattutto al trattamento delle esposizioni sovrane. Sulla materia c’era attesa, dato che le banche hanno quasi 400 miliardi di Bot e Btp nei bilanci. Nel dettaglio, l’Eba ha comunicato venerdì 31 gennaio che i titoli sovrani detenuti nel trading book saranno portati ai valori di mercato (mark to market) e le perdite saranno conteggiate. I titoli «da detenere fino alla scadenza» saranno giudicati secondo il modello interno dell’istituto. Quelli classificati «disponibili per la vendita» saranno a valori di mercato, ma l’impatto finale dipenderà dalle autorità nazionali (che secondo le regole Ue possono usare filtri prudenziali, i quali permettono di non considerare le perdite non ancora realizzate). C’è dunque in parte il rischio di trattamento differenziato a seconda delle autorità nazionali, che possono anche elevare i requisiti di capitale e decidere norme più stringenti rispetto a quelle Eba. Tuttavia la presenza della Bce e l’asset quality review in corso dovrebbe assicurare maggiore uniformità rispetto al passato. Tutte le decisioni a livello nazionale, divergenti da quelle comuni, saranno comunicate al mercato.

Tra gli altri rischi analizzati nello stress test, le banche italiane dovranno guardare soprattutto a quelli legati al credito: l’ipotesi di una pesante recessione nello scenario avverso potrebbe mettere a dura prova i bilanci dei gruppi italiani, molto esposti al credito verso famiglie e imprese. In tal senso, però, va ricordato che l’ultimo stress test del Fmi, pur segnalando il rilevante impatto potenziale, aveva giudicato soddisfacenti i cuscinetti patrimoniali a disposizione delle banche italiane.

Il governatore della Banca d’Italia Visco e il ministro dell’Economia Saccomanni hanno espresso finora un cauto ottimismo sugli esiti finali per le banche italiane (altro articolo in pagina). Negli ultimi anni il sistema nel complesso ha rafforzato il capitale, nonostante la recessione e l’esplosione delle sofferenze. Ciò non vuol dire che non possa emergere un fabbisogno di risorse in alcuni istituti, in particolare tra quelli di medie dimensioni. Intesa e Unicredit sono giudicate in buona posizione dagli analisti e potrebbero anche beneficiare della rivalutazione delle quote di Bankitalia (per il momento è stato solo precisato che le rivalutazioni non saranno valide per l’asset quality review). Banco Popolare ha giocato d’anticipo sugli altri gruppi, lanciando un aumento di capitale da 1,5 miliardi che sarà concluso entro aprile. Altre banche hanno già programmato aumenti di capitale: tra queste Mps (3 miliardi), Carige (800 milioni, di cui un centinaio già recuperati attraverso cessioni) e Bpm (500 milioni). Resta ancora l’incertezza per altri casi. A inizio settimana, subito dopo l’annuncio del Banco, ci sono state flessioni in borsa per Creval e Bper, anche se l’ad della banca emiliana, Luigi Odorici, ha detto che al momento non è allo studio un aumento di capitale e che la banca dovrebbe raggiungere l’8% di capitale richiesto dall’Aqr. Per gli stress test europei, che per la prima volta coinvolgeranno anche una decina di banche medie, si vedrà più avanti. Gli istituti italiani già da tempo rispettano requisiti di vigilanza più severi della media europea. Saranno però decisive le condizioni di stress ipotizzate da Eba e Bce negli scenari avversi che saranno comunicati ad aprile. (riproduzione riservata)