di Debora Alberici 

La Cassazione rende più facile il risarcimento del danno non patrimoniale. Infatti, al di là della nomenclatura usata, il ristoro può essere accordato dimostrando l’effettivo pregiudizio subito in relazione alla salute, all’immagine all’ambiente e a tutte le altre voci.

Lo ha sancito la Suprema corte che, con la sentenza n. 4439 del 25 febbraio 2014, ha respinto il ricorso incidentale presentato dal ministero di difesa contro la sentenza della Corte d’appello di Trento che aveva accordato al comune di Cavalese il risarcimento del danno all’immagine per il disastro del Cermis. Insomma, il nostro dicastero dovrà farsi carico dei danni all’immagine provocati dal pilota americano che non è mai stato giudicato, per questioni di giurisdizione da un giudice italiano, al comune teatro della tragedia.

Inutile il tentativo della difesa di smontare l’impianto costruito dalla Corte d’appello: anche se l’ente locale nel ricorso ha chiesto genericamente la liquidazione del danno da reato non viene inficiata la pretesa della difesa in quanto per il Supremo collegio il danno non patrimoniale è omnicomprensivo. In sentenza si legge infatti che anche se può manifestarsi in molti modi diversi, il danno non patrimoniale è un categoria unitaria e omnicomprensiva, al pari del resto di quello patrimoniale, che non muta la propria natura solo perché si sia abbattuto su beni di natura diversa. Da ciò sul piano processuale deriva che quando si invoca il risarcimento del danno non patrimoniale non sussiste alcun onere di adottare l’una piuttosto che l’altra delle varie formule qualificatorie elaborate dalla prassi. Non è rilevante, pertanto, che il comune di Cavalese abbia qualificato il pregiudizio di cui chiedeva il ristoro dapprima come morale, e quindi come ambientale, né che non abbia mai fatto uso, nei propri scritti, della formula del «danno all’immagine». In particolare il legale dell’ente locale aveva usato la formula danno da reato, rinviando poi per la descrizione dei concreti pregiudizi patiti alla motivazione dell’atto di citazione, nella quale si dava conto, tra l’altro, degli effetti pregiudizievoli che la criminale condotta del pilota ebbe per le vittime e per l’amministrazione.