di Dario Ferrara 

Grazie alla clausola «claims made» il professionista si salva dal risarcimento danni al cliente per condotte colpose anteriori alla sottoscrizione della polizza assicurativa. Deve essere, infatti, esclusa l’inefficacia della clausola per assimilazione all’ipotesi dell’insussistenza del rischio, laddove un’alea per la compagnia esiste e consiste nella possibilità che l’assicurato abbia commesso in passato comportamenti colposi ma non sia ancora a conoscenza della possibilità che si tratti di condotte illecite o tali da produrre danni ai clienti. L’inserimento della clausola nel contratto, in ogni caso, costituisce una precisa scelta dell’assicuratore. È quanto emerge dalla sentenza 3622/14, pubblicata il 17 febbraio dalla terza sezione civile della Cassazione. Accolto il ricorso del commercialista che sbagliò le dichiarazioni Iva del cliente per due annualità, facendo perdere il credito d’imposta all’impresa. È la stessa natura della clausola claims made a stabilire che il contratto copra i rischi relativi alle richieste di risarcimento che pervengono durante il periodo di vigenza della polizza a prescindere dalla data dell’evento produttivo di danno: la copertura assicurativa è estesa ai comportamenti del cliente anteriori alla stipulazione del contratto. L’alea, quindi, non riguarda le condotte passate nella loro materialità ma la consapevolezza da parte dell’assicurato che i comportamenti abbiano natura colposo e la loro idoneità a danneggiare terzi. Non è detto, poi, che ogni comportamento colposo induca il danneggiato a proporre domanda di risarcimento.