Pagina a cura di Andrea Mascolini  

 

In Italia l’uso della trattativa privata negli appalti pubblici è più del doppio della media europea; i costi diretti e indiretti della corruzione nelle grandi opere pubbliche determinano un aumento del 40% del costo originario dell’appalto; necessario rafforzare i controlli prima e dopo l’aggiudicazione del contratto, aumentare il livello di trasparenza sui contratti affidati; positive le norme sulla tracciabilità dei flussi finanziari e la banca dati sui contratti pubblici. È quanto afferma il report della Commissione europea sulla corruzione in Italia con particolare riguardo agli appalti pubblici, settore che rappresenta il 15,9% del Pil italiano.

Per l’Unione europea, gli appalti pubblici costituiscono un settore particolarmente esposto al rischio di corruzione, dato che le risorse in gioco sono cospicue e quindi il rischio di corruzione e infiltrazioni criminali è particolarmente elevato.

Un dato centrale è rappresentato dalla stretta corrispondenza fra diffusione della corruzione e tipologia della procedura di affidamento utilizzata.

Si legge infatti nel rapporto che in Italia il ricorso a procedure negoziate (soprattutto senza pubblicazione del bando) è più frequente della media europea: nel 2010 rappresentava infatti il 14% del valore dei contratti, contro il 6% della media dell’Unione europea.

In realtà le cose vanno ancora peggio in alcune tipologie di contratti come, per esempio, gli appalti di lavori: se si va a rileggere la relazione dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici per il 2013, il dato che emerge è che le procedure negoziate affidate senza preventiva pubblicazione di un bando di gara rappresentano il 50% di tutti gli affidamenti. Ciò è anche frutto di modifiche normative che hanno innalzato a un milione di euro il tetto entro il quale è possibile per le stazioni appaltanti procedere senza gara, con una semplice indagine di mercato, sostanzialmente senza particolari vincoli. La corruzione si annida sia a livello centrale (per il 70% degli intervistati, contro una media del 56% a livello Ue), sia a livello locale (69% contro il 60% della media Ue).

Dal sondaggio che ha condotto la Commissione europea emergono anche quali siano i sistemi maggiormente adottati per alterare le dinamiche di mercato: capitolati su misura per favorire determinate imprese (per il 52% degli intervistati); abuso delle procedure negoziate (50%); conflitto di interesse nella valutazione delle offerte (54%); offerte concordate (45%); criteri di selezione o di valutazione poco chiari (55%); partecipazione degli offerenti nella stesura del capitolato (52%); abuso della motivazione d’urgenza per evitare gare competitive (53%); modifica dei termini contrattuali dopo la stipula del contratto (38%).

Si tratta di fattispecie che anche l’Antitrust italiana ha segnalato nel vademecum «Antitrust sulla prevenzione e il contrasto della collusione negli appalti» e di cui le nuove direttive Ue approvate a gennaio in parte si occupano (per esempio, con le norme sui conflitti di interesse di chi ha svolto consulenza per la stazione appaltante).

Nel rapporto si nota come in Italia la corruzione risulti particolarmente lucrativa nella fase successiva all’aggiudicazione, soprattutto in sede di controlli della qualità o di completamento dei contratti di opere/forniture/servizi.

Accade cioè che le procedure siano formalmente regolari e corrette ma «a valle» la qualità dei lavori viene intenzionalmente compromessa nella fase di esecuzione. Ed è per questo che la Commissione suggerisce di affidare alla Corte dei conti controlli «a campione», post aggiudicazione (anzi è proprio la magistratura contabile a lamentare la carenza dei suoi poteri di controllo), fermo restando che in Italia esiste anche una Authority di settore che potrebbe occuparsene a tempo pieno con la propria struttura di vigilanza.

Particolarmente di rilievo è il costo della corruzione nelle grandi opere pubbliche: fra corruzione e perdite indirette la media si attesta su un più 40% rispetto al costo complessivo dell’appalto.

Il report dà però anche atto all’Italia di avere approvato importanti leggi (tracciabilità dei flussi finanziari degli appalti pubblici, legge anticorruzione n. 190/2012 , istituzione di Comitato di coordinamento per l’alta sorveglianza delle grandi opere). Apprezzata anche la banca dati sugli appalti pubblici e l’obbligo per i prefetti di istituire elenchi di operatori economici non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa (white list).

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