di Anna Messia

Che dentro Poste Italiane ci siano diversi business, dalle polizze ai conti correnti, dai mutui ai servizi telefonici, è cosa nota. Diversificazioni che si sono rivelate una strategia vincente perché, a differenza dei servizi postali tradizionali, alle prese con la crisi della corrispondenza, la partecipata Poste Vita e la divisione BancoPosta continuano a crescere e macinare utili anno dopo anno, intercettando gran parte degli oltre 10 miliardi di valore stimato per il gruppo.

Ora alle Poste sta però partendo un nuovo progetto, finora rimasto sottotraccia, che potrebbe rivelarsi fonte di ricchi guadagni per gli anni a venire e rappresentare l’asso nella manica dell’ad Massimo Sarmi per far salire le valutazione del gruppo in vista della cessione del 40% del capitale, attesa entro fine anno, come previsto dal piano di privatizzazione del governo. L’assist è arrivato proprio dall’esecutivo che, con il decreto Crescita di fine 2012, ha ampliato il raggio d’azione del gruppo postale prevedendo che tra le attività di BancoPosta ci sia anche «la possibilità di svolgere attività di promozione e collocamento di prodotti e servizi bancari fuori sede». In pratica i dipendenti delle Poste possono andare direttamente a casa del cliente, privato o piccola impresa che sia, per proporre fondi pensione, mutui o anche polizze Vita. Come dire che anche le Poste, proprio come una qualunque banca, hanno la possibilità creare una propria rete di promotori finanziari per fare raccolta di risparmio sul territorio.

 

E proprio come gli istituti tradizionali hanno riscoperto recentemente questo ramo d’attività, perché fonte di nuova raccolta utile a controbilanciare la crescita delle sofferenze, anche alle Poste sembrano aver compreso la potenzialità del nuovo canale. «L’azienda ha avviato un progetto per sviluppare l’offerta fuori sede con riferimento alle prestazioni dei servizi di investimento e assicurativi nei confronti della clientela retail, si legge nell’ultimo bilancio semestrale del gruppo e a giugno dell’anno scorso c’erano già «34 dipendenti», contemporaneamente iscritti all’albo degli intermediari Consob e a quello degli intermediari assicurativi. Una piccola rete che in pochi mesi ha continuato a crescere visto che se si consulta oggi l’albo tenuto dalla Consob emerge che i promotori finanziari con un mandato di Poste Italiane sono già poco meno di un centinaio e le potenzialità sono enormi considerando che la struttura dell’intero gruppo è composta oggi da poco meno di 14 mila uffici postali e circa 140 mila dipendenti. Lavoratori che, come noto, avranno un ruolo anche nel piano di privatizzazione del gruppo con la partecipazione al capitale e un posto atteso nella governance. Come avverrà il loro coinvolgimento non è ancora noto. Le indiscrezioni parlano di azioni offerte gratuitamente, o quasi, per circa il 5% del capitale. Ma si tratta, per ora, solo di voci e forse oggi potrebbe esserci qualche indicazione più precisa visto che in mattinata Sarmi incontrerà le sei sigle sindacali cui aderiscono i dipendenti del gruppo (la maggioranza è con la Cisl).

Intanto proseguono i lavori per la privatizzazione. Ieri c’è stata la consegna delle offerte da parte delle banche interessate a svolgere un ruolo di advisor per conto del ministero dell’Economia. Lettere di invito spedite solo a banche (si veda altre articolo in pagina) e non a società di consulenza che potrebbero partecipare ad altre fasi dell’operazione. Come l’incarico di valutatore indipendente che sarà chiamato sempre dal ministero dell’Economia o il servizio di advisoring per conto delle Poste. (riproduzione riservata)