di Carlo Valentini  

Carlo Cimbri, presidente di Unipol, dovrà recarsi in procura a Bologna forse già la prossima settimana. I magistrati vogliono conoscere i termini dei contratti sui derivati: sottoscritti regolarmente dai clienti, secondo Unipol-banca; denari investiti sui titoli tossici senza avvertire i clienti, secondo l’esposto dello studio legale trevigiano Calvetto e Murgia, che ha portato al procuratore quelle che, a suo dire, sono le prove (e le testimonianze) sui contratti attraverso i quali sarebbero stati scaricati sui clienti i derivati in odore di tracollo.

La procura si è inoltre rivolta alla guardia di finanza «delegando accertamenti preliminari»: vi sarà quindi l’acquisizione di documentazione.

La banca ipotizza azioni giudiziarie a tutela del proprio buon nome ma la bufera sul gruppo Unipol sembra sono agli inizi. Infatti su Facebook è nato il sito Class Action Unipol che sta raccogliendo adesioni per rifarsi sul gruppo delle perdite subite coi derivati e in due giorni le adesioni sono state più di 300.

L’iniziativa si fa forza di una consulenza tecnica d’ufficio, che il tribunale di Bologna ha affidato al professor Angelo Paletta dell’ateneo bolognese, secondo la quale Unipol Banca sarebbe stata in grado di documentare la sottoscrizione di un regolare contratto di investimento in derivati ad alto rischio solamente in una cinquantina di casi su un totale di 22mila operazioni (attribuendo la colpa a un mal funzionamento del sistema informativo).

La perizia rileva inoltre presunte lacune nell’espletamento dei servizi di investimento, materia che ricade sotto la vigilanza della Consob. Anch’essa sarà quindi chiamata in causa da chi sta avviando le azioni di risarcimento.

Capofila degli ex-clienti Unipol rappresentati dallo studio legale trevigiano è un imprenditore che sostiene di avere perso 47 milioni di euro. Ne aveva 25 sul conto corrente e pensava a un normale investimento finanziario, invece con le operazioni sui derivati e senza essere stato infornato, egli sostiene, degli altissimi rischi che essi avevano è finito sul lastrico. Altri cinque imprenditori hanno allegato all’esposto i documenti dei fallimenti delle proprie aziende, che imputano al crack dei derivati.

In una cinquantina li avrebbero seguiti dall’avvocato e se si aggiunge la class action la tegola giudiziaria che si sta abbattendo sul gruppo, impegnato nella fusione con Fonsai, non è di poco conto.

La maggior parte delle operazioni risale a un periodo tra il 2002 e il 2005 ma sono state le forti perdite del 2007 a fare incrinare i rapporti tra questi clienti e Unipol banca, con la conseguente contestazione dei limiti del mandato gestorio: i clienti asseriscono di aver conferito tale mandato a Unipol.

Al di là delle diatribe giudiziarie e degli eventuali rimborsi che potrebbero gravare sul bilancio del gruppo, la lente della Consob è sui 5,6 miliardi di euro in titoli strutturati, pari al 23,7 % degli investimenti finanziari, in pancia al gruppo. Già all’atto della fusione con Fonsai, Unipol conteggiava su questi titoli minusvalenze per 635 milioni. Da allora si è verificato un ulteriore deprezzamento.

Infine, nuvole anche sul fronte sindacale, con la proclamazione di uno sciopero forse già prima delle elezioni se un secondo incontro tra le parti non produrrà risultati. Il piano di riassetto di Unipol-Fonsai prevede l’uscita di 2.200 persone dal ramo assicurativo e poiché non sembrano sufficienti il blocco del turn over e le incentivazioni i sindacati annunciano battaglia.