di Roberta Castellarin e Paola Valentini

I promotori finanziari hanno saputo approfittare della crisi dei mercati per aumentare la loro quota di mercato. Mentre le banche erano alle prese con la necessità di raccogliere liquidità e quindi offrivano alla clientela conti di deposito e obbligazioni, le reti di promotori hanno giocato altre carte.

Da una parte hanno offerto fondi di diritto estero specializzati sul mercato obbligazionario o bilanciati che hanno cavalcato bene la volatilità dei bond offrendo alte performance negli ultimi due anni. Prodotti come Templeton global bond o Carmignac Patrimoine hanno fatto il pieno di raccolta grazie ai consulenti italiani. Non solo. Anche i fondi a cedola, ossia i prodotti che investono in un paniere di bond e staccano periodicamente la cedola, si sono rivelati una buona mossa perché rispondono al bisogno degli investitori italiani di avere una distribuzione dei proventi, come avviene per i bond. Invesco e Schroders hanno seguito questa strada e in questi giorni anche Jp Morgan asset management ha lanciato sul mercato italiano una nuova gamma di fondi a cedola fissa. Questi comparti permettono ai risparmiatori di conoscere in anticipo l’ammontare esatto delle cedole che riceveranno durante tutto il periodo dell’investimento. I tre fondi proposti dalla società di gestione guidata in Italia dal country manager Lorenzo Alfieri sono Jpm global strategic fund, Jpm Italy flexible bond fund e Jpm income opportunity fund, Jpm Italy flexible bond.

Proprio la via dei fondi esteri ha permesso un dato di ripresa nella raccolta dei fondi. Nel 2012 i fondi aperti hanno infatti avuto flussi netti positivi per 1,6 miliardi di euro in base ai dati Assogestioni, grazie all’apporto delle reti di pf che nel periodo hanno raccolto oltre 10,6 miliardi di euro (dati Assoreti), mentre la raccolta delle banche è stata evidentemente negativa per 9 miliardi. Un dato che potrebbe essere destinato a crescere visto che è stata introdotta l’Iva sulle commissioni applicate dalle gestioni patrimoniali individuali. Una novità che rende più vantaggioso per le società di gestione proporre fondi di fondi piuttosto che le gestioni. Nelle ultime settimane infatti prima Consultivest, poi Banca Sella hanno lanciato nuovi fondi di fondi proprio per prepararsi a questo passaggio di asset da uno strumento all’altro. L’altra sfida che aspetta ora le reti di promotori è quella di consigliare alla clientela il passaggio verso i fondi azionari o verso flessibili. Si tratta di prodotti che hanno un profilo commissionale più alto, ma anche che hanno maggiori chance di rendimento rispetto ai puri obbligazionari, che vengono da anni di performance a due cifre. L’altra sfida che aspetta le reti è la capacità di reclutare consulenti e banker che abbiamo portafogli rilevanti. In questi giorni FinecoBank, la rete guidata dall’amministratore delegato Alessandro Foti e coordinata dal direttore commerciale Mauro Albanese, conquista un professionista di peso nell’area di Milano. Si tratta di Roberto Bertocchi, consulente finanziario con alle spalle una lunga carriera nel mondo delle reti che, dopo le esperienze manageriali in Fideuram e Ing, ha chiuso il suo rapporto con Finanza&Futuro.

 

Oggi FinecoBank ha 2.384 promotori e lo scorso anno ha registrato una raccolta netta totale di circa 2 miliardi di euro. Dal punto di vista della raccolta netta pro capite (in base ai dati Assoreti disponibili al 31 dicembre 2012) in testa ci sono i promotori di Az investimenti con un flusso netto pro capite di 1,28 milioni di euro. Mentre i pf di Banca Generali hanno una raccolta pro capite di 1,1 milioni di euro. Dal punto di vista della raccolta complessiva il gruppo guidato da PierMario Motta ha realizzato una raccolta di 1,6 miliardi nel 2012 e ora si pone l’obiettivo dei 100 milioni al mese (quindi 1,2 miliardi in tutto il 2013). Anche Azimut ha messo a segno una raccolta di 1,6 miliardi e per il 2013 il target è tra 1 e 1,5 miliardi. (riproduzione riservata)