di Carlo Giuro

 

Uno degli auspici condivisi da parte dei diversi osservatori per il 2013 è quello di un rilancio della previdenza complementare. Ma come arrivare al rilancio? Molte sono le ricette in campo, dalla trasformazione della volontarietà in obbligatorietà dell’iscrizione alla possibilità di revocare la scelta di destinazione del tfr. Tra i diversi profili da prendere in esame va però sicuramente considerata l’opportunità di rimuovere nella pubblica opinione una serie di distorsioni cognitive. Come evidenziato dalle più recenti indagini in materia (in particolare la ricerca Censis/Covip), tra i fattori specifici di difficoltà per la previdenza complementare a contare in misura preponderante sono quella che viene definita come una vera e propria voragine informativa. Lo stop and go normativo, osservano Censis e Covip, di questi anni ha minato la fiducia in uno degli aspetti fondativi della previdenza, la certezza delle regole ed il fatto che essa è in grado di dare sicurezza alle persone relativamente alla loro vecchiaia. L’attesa di nuove riforme determina una sorta di inerzia psicologica che ha come conseguenza la non adesione alla previdenza complementare. Come rimuovere tale distorsione? Al di là di possibili ritocchi dell’età pensionabile ,la madre di tutte le riforme è da considerarsi quella Dini che dal 1996 ha introdotto nel nostro sistema il metodo di calcolo contributivo. Il metodo contributivo, basandosi sulla fotografia della intera vita lavorativa del soggetto determina in prospettiva una pensione futura più bassa. Se una vita lavorativa continua e prolungata potrebbe aumentare il tasso di sostituzione, ci sono troppi «se» che incombono sull’orizzonte del lavoratore (andamento del pil, evoluzione piramide demografica) e da lui non influenzabili. Bisogna agire immediatamente. La previdenza complementare si basa sulla capitalizzazione (investimento) finanziaria dei contributi versati. La prestazione finale (capitale o rendita) dipende quindi da una serie di fattori che riducono il loro effetto se si rinvia nel tempo la decisione. Non aderire subito non significa risparmiare ma sostenere piuttosto un costo rilevante. Rappresentato dal non beneficiare dei rendimenti prodotti dai mercati finanziari, dal restringimento dell’orizzonte temporale di investimento, dal non usufruire delle agevolazioni fiscali. Scelta poi molto importante è quella sul veicolo da utilizzare. Dal rapporto Censis/Covip si evidenzia come si guardi non solo alla previdenza complementare ma anche alla produzione di risparmi fai da te per finanziare il welfare alternativo. Invece è importante ricordare che i fondi pensione aperti/pip rappresentano lo strumento più appropriato per raggiungere l’obiettivo. (riproduzione riservata)