di Ignazio Marino e Benedetta Pacelli

 

La politica cambia idea sulle professioni, a parole. Davanti alla platea dei professionisti, riuniti ieri all’Auditorium della Conciliazione di Roma per la seconda edizione del Professional Day, i leader dei diversi schieramenti politici hanno preso impegni per la prossima legislatura a non liberalizzare ulteriormente il comparto degli ordini. Anche se nei programmi elettorali su un solo punto sembrano essere tutti d’accordo (tranne il Pdl): liberalizzare. È questa la contraddizione emersa durante la giornata di ieri seguita in collegamento da 110 città e trasmessa in diretta da www.italiaoggi.it e da Class Cnbc (canale 507 di Sky).

All’evento, organizzato da Cup (Comitato unitario delle professioni), Pat (Professioni dell’area tecnica) e Adepp (Associazione degli enti di previdenza privatizzati), i rispettivi presidenti avevano avanzato proposte precise: abbassamento del costo del lavoro utilizzando anche il tesoretto Inail (26 miliardi), riforme per la crescita sostenibile dell’Italia, eliminazione della doppia tassazione per la casse di previdenza dei professionisti. Proposte che hanno suscitato molto interesse da parte dei politici che sono intervenuti. Dall’intervento più atteso, quello di Stefano Fassina, il responsabile economico per il Pd, a quello di Angelino Alfano, segretario del Pdl, passando per Mario Monti, presidente del Consiglio uscente e alla guida della coalizione di centro. Tutti e tre i leader hanno promesso lo stop a nuovi interventi di liberalizzazione. Il Pdl, per voce di Alfano, Sacconi, Brunetta e Gasparri, ha annunciato la volontà di siglare un patto di collaborazione con le categorie. «Abbiamo inserito», ha dichiarato Alfano in collegamento, «l’idea della sussidiarietà del ruolo delle professioni rispetto al buon funzionamento dello Stato». A difesa delle categorie, poi, Maurizio Gasparri, secondo il quale «le professioni sono state ingiustamente al centro del mirino del governo Monti. Le liberalizzazioni». La lista civica Monti, per voce dello stesso premier, ha invece elogiato il ruolo sussidiario degli ordini, prendendo come modello di riferimento il notariato. «Ho apprezzato», ha detto l’ex commissario europeo, «la comprensione degli ordini nei riguardi delle riforme che li hanno interessati da vicino». Un capitolo a parte merita invece l’intervento dell’esponente del Pd. Fassina ha infatti proposto un pacchetto di misure ad hoc: statuto per le libere professioni, esclusione degli ordini da qualsiasi lenzuolata, eliminazione della doppia tassazione sui risparmi previdenziali e incentivi ai giovani iscritti agli albi. Le proposte di smobilizzare le risorse del «tesoretto Inail» e di rivedere la riforma del lavoro invece hanno messo d’accordo i due ex ministri del lavoro Maurizio Sacconi (Pdl) e Cesare Damiano (Pd).

Proclami e non programmi. La campagna elettorale, infatti, si è caratterizzata da impegni di tutt’altro genere. Sì, perché le ricette, pur trattando molto marginalmente il tema delle professioni (salvo rare eccezioni), sono partite dal solito punto di osservazione: la spinta liberalizzatrice che, sembra per tutti, è una delle strategie determinanti per venir fuori dal pantano in cui si trova l’Italia. «È necessario», ha invece spiegato Giuliano Cazzola, ex Pdl candidato con Monti, «che le categorie si aprano alla concorrenza e soprattutto ai giovani». È la «modernizzazione del ruolo e dell’assetto degli ordini professionali» invece la parola chiave attorno a cui ruota il programma scritto del Partito Democratico guidato da Pier Luigi Bersani. E, visto che il ricordo delle famose lenzuolate è ancora fresco in casa degli ordini, c’è da credere che non saranno solo parole. «La modernizzazione», come si legge, «è necessaria per qualificare l’esercizio delle professioni, assicurare gli obblighi di corretta e trasparente informazione agli utenti, la concorrenza e la credibilità della professione nonché per tutelare l’interesse pubblico risolvendo situazioni di conflitto». (riproduzione riservata)