DI DEBORA ALBERICI

Il professionista vittima di un incidente stradale deve essere risarcito non solo sulla base delle ultime tre dichiarazioni dei redditi ma anche in relazione alle parcelle chieste al cliente e non ancora ricosse. Lo ha stabilito la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 1354 del 31 gennaio 2012, ha accolto il ricorso di un professionista che, a causa di un incidente stradale, non aveva potuto seguire per un po’ il suo studio. Il giudice aveva liquidato quasi 50mila euro, calcolando la misura del ristoro sulla base delle ultime tre dichiarazioni dei redditi. Un criterio, questo, insufficiente secondo il danneggiato che ha chiesto di computare nel ristoro anche alcune parcelle chieste e non ancora riscosse, quindi assenti dalla dichiarazione dei redditi. La terza sezione civile ha accolto la tesi richiamando il principio secondo cui «gli incrementi patrimoniali detraibili con ragionevole previsione del lavoro svolto, pur se non ancora introitati al tempo del sinistro o nei tempi precedenti e come indicati dall’interessato, vanno considerati». La sentenza depositata ieri è in controtendenza rispetto a una giurisprudenza abbastanza consolidata che ha da sempre parametrato il risarcimento del danno del lavoratore autonomo, inclusi i professionisti, alle ultime dichiarazioni dei redditi. Si incardina in questo filone giurisprudenziale la sentenza n. 18855 del 2008 secondo cui «l’art. 4 del dl 23 dicembre 1976, n. 857, nel disporre che in caso di danno alle persone, quando agli effetti del risarcimento si debba considerare l’incidenza dell’inabilità temporanea o dell’invalidità permanente su un reddito di lavoro comunque qualifi cabile, tale reddito si determina, per il lavoro dipendente, sulla base del reddito da lavoro maggiorato dei redditi esenti e delle detrazioni di legge e, per il lavoro autonomo, sulla base del reddito netto risultante più elevato tra quelli dichiarati dal danneggiato ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fi siche degli ultimi tre anni, attribuisce rilievo alla stregua della sua testuale formulazione al reddito da lavoro netto dichiarato dal lavoratore autonomo ai fi ni dell’applicazione della sopraindicata imposta ed ha riguardo, quindi, non al reddito che residua dopo l’applicazione dell’imposta stessa ma alla base imponibile di cui all’art. 3 del dpr 29 settembre 1973, n. 597». Cioè all’importo che il contribuente è tenuto a dichiarare ai fi ni dell’imposta, «dovendo inoltre intendersi per reddito dichiarato dal danneggiato quello risultante dalla differenza fra il totale dei compensi conseguiti (al lordo delle ritenute d’acconto) e il totale dei costi inerenti all’esercizio professionale, analiticamente specifi cati o, se consentito dalla legge, forfettariamente conteggiati, senza possibilità di ulteriore decurtazione dell’importo risultante da tale differenza, per effetto del conteggio delle ritenute d’imposta sofferte dal professionista». © Riproduzione riservata