di Onofrio Giuffrè

La riunione del board of supervisors dell’Eba si è conclusa con la diffusione di alcuni dati aggregati sui piani presentati dalle banche, mentre non sono arrivate ieri valutazioni su singoli istituti né l’annuncio di una revisione dei criteri, come auspicato dagli istituti. Per quest’ultimo bisognerà aspettare gli esiti dei vertici europei di marzo. L’autorità bancaria europea per il momento ha comunicato che, con i piani inviati alle authority nazionali, le banche avrebbero un surplus di capitale del 26% rispetto al fabbisogno evidenziato. «Ci sarebbe perciò un certo spazio di manovra nel caso in cui alcune azioni non si concretizzassero», ha spiegato l’Eba. Ma l’organo guidato da Andrea Enria ha anche precisato che la valutazione non riguarda la fattibilità dei piani: questa analisi sarà fatta dalle autorità nazionali. Banca d’Italia giudicherà entro i primi giorni di marzo la credibilità delle assunzioni fatte dalle istituti, come ad esempio quelle sulle previsioni di utili o sulla cessioni di asset. «Nel caso fossero basati su stime troppo ottimistiche, saranno richiesti piani sostitutivi», ha puntualizzato l’Eba. Secondo l’analisi preliminare dell’Eba, la maggior parte dei nuovi capitali che le banche prevedono di procurarsi deriva dalla cancellazione dei dividendi, dalla conversione di alcuni debiti in azioni e dall’assorbimento dei profitti. In particolare, «il 77% del rafforzamento patrimoniale sarà generato da misure dirette, ad esempio aumentando il capitale, conservando gli utili e convertendo capitali di bassa qualità in azioni ordinarie. Il rimanente 23% deriverà da cambiamenti nella classificazione degli asset rischiosi detenuti in bilancio». Le azioni che invece ridurrebbero il credito sarebbero solo l’1% del totale. L’Eba a dicembre ha chiesto a 31 istituti di credito europei di raccogliere 115 miliardi di euro di nuovi capitali entro giugno, con l’obiettivo di allontanare le paure sulla solvibilità del settore bancario del Vecchio Continente. Ma la mossa ha sollevato la reazione degli istituti in primis, ma in seguito ha attirato anche le critiche del presidente Bce Mario Draghi, che ha definito l’esercizio «prociclico» e ieri ha accusato le misure di aver contribuito al credit crunch. Perciò sono in molti a ritenere che sia possibile un allentamento delle misure o un allungamento dei tempi di applicazione. Il governo italiano e Banca d’Italia si stanno muovendo perché sia riconsiderata l’adeguatezza dei tempi e le modalità di esecuzione. Una possibile revisione dei criteri è attesa da Mps (che ha per ora un deficit di capitale pari a 3,3 miliardi), Banco Popolare (2,7 miliardi) e Ubi Banca (1,4 miliardi): le tre banche hanno escluso la necessità di aumenti di capitale sul mercato. Intanto l’autorità europea ha rimandato al 2013 il prossimo giro di stress test sulle banche dell’Eurozona. (riproduzione riservata)