ADRIANO BONAFEDE

Chi metterà le mani sul pingue bottino che il nuovo aggregato assicurativo UnipolFonsai dovrà sacrificare come conseguenza dell’intervento dell’Antitrust? Gli analisti hanno già cominciato a fare dei calcoli su quali attività saranno messe in vendita e per quale importo. UnipolFonsai ha una market share nel ramo danni di circa il 32 per cento (e addirittura del 37 nell’Rc auto). Per l’Antitrust il limite formale (ma, si badi bene, per ogni singola provincia), è del 30 per cento. Ma in passato la stessa autorità ha adottato con Generali, in particolare criteri più restrittivi, intorno al 25 per cento. Se così fosse, considerando che la raccolta premi di FonsaiUnipol in questo ramo è intorno ai 12 miliardi, una riduzione siffatta produrrebbe una vendita di asset di almeno 2,53 miliardi di euro.
Questa misura, lungi dall’essere un problema, sarebbe invece una benedizione per il nuovo gruppo «perché spiega un analista deconsoliderebbe rischi e irrobustirebbe il capitale». Quindi, è una misura quantomai opportuna.
Ma chi potrebbe, in questo momento, affrontare una operazione di questo rilievo? Ovviamente non i big del settore, come Generali, al secondo posto nel ramo danni nel 2010 con una raccolta di poco meno di 8 miliardi. Né il gruppo Allianz, che passerà già al terzo posto dopo la fusione UnipolFonsai con oltre 4 miliardi.
Dunque i possibili acquirenti vanno cercati altrove. Per quelli che vengono dall’estero, il primo nome che si è fatto è quello di Axa. Il gruppo assicurativo francese guidato da Henri de Castries si è in effetti mostrato in passato molto interessato al mercato italiano, dove ha creato un’importante joint venture nel ramo vita e danni con il Monte dei Paschi per la vendita di polizze attraverso gli sportelli. Ma Axa è presente anche con una filiale italiana e propri agenti sia nel ramo danni che in quello vita e con la compagnia online nell’Rc auto Quixa. La presenza italiana è però oltremodo debole, visto che nel ramo danni Axa ha una quota intorno al 4 per cento e una raccolta premi inferiore ai 2 miliardi, mentre l’Italia è l’unico paese in Europa dove non è tra le prime tre compagnie. Tuttavia proprio di recente de Castries ha detto di non essere interessato.
Gli addetti ai lavori fanno anche altri nomi di possibili gruppi assicurativi interessati, almeno sulla carta: Ergo (Munich Re), la tedesca Palanx e la spagnola Mapfre, leader nel suo paese nel ramo danni.
In generale, si può comunque notare che, se volessero acquistare un portafoglio premi in Italia, i gruppi stranieri dovrebbero decisamente scommettere in questo momento sulla fine delle tensioni nell’euro perché si porterebbero a casa miliardi di riserve inzeppate di Btp italiani, e bisogna vedere se ne hanno voglia. L’allarme sul debito sovrano si è certo fortemente ridotto ma non si può dire sia rientrato.
E in Italia? Il nome più gettonato è quello di Cattolica, la compagnia cooperativa che ha fatto un brillante turnaround negli ultimi anni ed ha una raccolta danni di poco superiore ad Axa. Però per affrontare una operazione di questa portata, Cattolica dovrebbe fare un aumento di capitale e questo non sembra il momento più adatto.
Per tutti questi motivi, cedere quei 2,53 miliardi di premi danni potrebbe non essere fattibile, e c’è già chi ipotizza che al momento opportuno l’Antitrust darà qualche anno in più. Tempo che però non farà altro che complicare di più la vita alla nuova società. Altri addetti ai lavori osservano infine che è possibile che alla fine UnipolFonsai sia costretta a vendere qualche società piuttosto che un mero pacchetto di premi, come invece ha annunciato l’ad Carlo Cimbri.