Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

Da oggi si applicano le norme del regolamento europeo Digital Operational Resilience Act, approvato a fine 2022, che rafforza e armonizza i requisiti di sicurezza informatica nel settore finanziario. Le nuove regole coinvolgono oltre 22 mila enti finanziari – ma anche i fornitori di servizi Ict – in tutta l’Ue e puntano a ridurre gli attacchi informatici a segno (il 7,6% del totale in Italia secondo Clusit). «Il regolamento si applica a una platea molto ampia di società, tra cui banche, intermediari, gestori patrimoniali e assicurazioni, e impone una serie di obblighi relativi tanto all’organizzazione interna quanto ai rapporti con i fornitori di servizi Ict», specifica Riccardo Coassin, counsel di Clifford Chance
Lo strumento per sminare il peso dei debiti della pubblica amministrazione nei bilanci delle società di factoring potrebbe essere la nuova direttiva europea Capital Requirement Regulation, la Crr3. Ne è convinto Alessandro Carretta, professore di Economia di Tor Vergata che è anche segretario generale di Assifact, l’associazione che raccoglie le società di factoring che operano in Italia. La questione, piuttosto tecnica ma rilevante, è legata alla definizione di default entrata in vigore dal 2021 che scatta per i pagamenti superiori ai 90 giorni, che non si addice per nulla al settore della pubblica amministrazione. Se da una parte è innegabile che la Pa paga molto lentamente, in una media che si aggira oggi intorno ai 140 giorni, superando ampiamente la soglia dei tre mesi, è altrettanto evidente che lo Stato è un pagatore sicuro, che onora i suoi debiti.
Previndai inizia l’anno con un taglio dei costi per i suoi iscritti. Il consiglio di amministrazione del fondo pensione dei dirigenti industriali, presieduto da Giuseppe Straniero, ha deliberato di portare il prelievo sui contributi con cui sostiene il suo funzionamento dallo 0,45 allo 0,3%, con una sforbiciata del 33%.
Sono 151 le aziende che hanno ottenuto la certificazione Top Employers 2025 Italia rilasciata da Top Employers Institute, l’ente certificatore globale delle eccellenze aziendali in ambito di risorse umane. Il primato spetta a Generali Italia, che è stata riconosciuta Top Employer per quest’anno classificandosi al primo posto, tra l’altro, «per il grande impegno dimostrato negli anni e i costanti investimenti su aspetti fondamentali, quali il lavoro ibrido, le politiche di gender equality ed empowerment femminile, i percorsi di formazione e performance management». Si tratta di «un importante riconoscimento che testimonia il nostro impegno concreto nei confronti della popolazione aziendale», ha sottolineato Anna Nozza, country chief people & organization officer di Generali Italia.

Generali: asset management al centro
«La nostra strategia di gruppo è di forte crescita nell’asset management»: lo ha detto l’a.d. di Generali Italia, Gianfranco Fancel, in un’audizione davanti alla commissione bicamerale sugli enti previdenziali. Fancel era stato sollecitato sul dato che vede il gruppo al 47esino posto nel comparto nell’asset management, molto indietro rispetto ai big anglosassoni. Il piano di Generali va nella direzione di un rafforzamento: dopo avere acquisito l’americana Conning, che ha portato in dote 150 miliardi di masse gestite, il Leone sta lavorando a un accordo con la francese Natixis, che dovrebbe essere chiuso entro fine mese creando un maxi polo di 1.800 miliardi di euro.
Sicurezza lavoro semplificata nelle micro, piccole e medie imprese. Idem per il lavoro agile. Per le pmi, la semplificazione arriverà dall’elaborazione da parte dell’Inail e dei sindacati (imprese e lavoratori) di modelli di organizzazione e gestione della sicurezza nei luoghi di lavoro, aventi efficacia esimente della responsabilità amministrativa. Per lo smart-working, invece, basterà la consegna di un’informativa annuale al lavoratore per ritenere assolti gli obblighi di sicurezza. Lo prevede il ddl sulle pmi, approvato il 14 gennaio dal consiglio dei ministri, che, inoltre, introduce un doppio bonus per svecchiare la manodopera nelle aziende, invogliando i «vecchi» lavoratori (già occupati al 1° gennaio 1996) a trasformare il rapporto da tempo pieno a part time, in cambio dell’assunzione di un giovane under34anni: non subire più le trattenute in busta paga (il 9,19%, in genere) e continuare a ricevere il 100% dei contributi ai fini pensionistici, cioè sull’intera retribuzione, nonostante il tempo parziale.
Il primo bilancio annuale di «Bologna Città 30» parla chiaro: una mobilità più lenta l’ha resa più sicura e «verde». «Per la prima volta dal 1991, nessun pedone ha perso la vita sulle strade cittadine, mentre i travolti sono diminuiti del 16%», spiega il sindaco Matteo Lepore. «Nessuno ha perso il posto di lavoro», aggiunge, spegnendo le polemiche con il centro-destra, gli strascichi legali e la raccolta firme per un referendum teso a cassare la misura. «Rispetto al passato, c’è un’inversione di tendenza», dice Lepore. Il traguardo storico si basa su calcoli precisi: un’auto a 50 km/h si arresta in 28 metri contro i 13 metri a 30 km/h. In più, la letalità per un pedone scende dal 70% al 5%. Tornando a Bologna, dal 2024, gli scontri sono scesi del 13%, i feriti dell’11% e i casi gravi del 31%. Le vittime sono state dieci, con un calo del 49%. L’eccesso di velocità (40,3%) e la mancata precedenza (19,9%) sono le prime due cause di morte. I risultati non sono figli solo di un giro di vite sulla velocità. Dal 2022, il Comune ha investito 27 milioni di euro per piste ciclabili, attraversamenti pedonali e segnaletica per il limite a 30 km/h, «e non per comprare autovelox», conclude Lepore.
Nell’organigramma potrebbe poi avere un ruolo rilevante l’attuale ceo di Nim, Philippe Setbon, che per 9 anni è stato manager del Leone. Secondo alcuni soci privati, tra questi il gruppo Caltagirone (avrebbe già quattro pareri legali favorevoli) di fronte a un’operazione trasformativa sarebbe necessario convocare un’assemblea straordinaria che, secondo lo statuto Generali, può essere chiamata su modifiche dell’atto costitutivo. L’altro dubbio che emerge toccherebbe l’assenza di patti parasociali tra Italiani e francesi, soprattutto al riguardo di future possibili way-out. Al cda di lunedì verrà presentata un’intesa non vincolante che, se avvallata, richiederà diversi mesi per essere dettagliata.
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Un “risparmio” di sei miliardi di euro per lo Stato, grazie alle famiglie che si fanno carico degli anziani non autosufficienti. A fare i conti l’Osservatorio di Domina, associazione dei datori di lavoro domestico. La spesa delle famiglie per le badanti, inclusa la componente irregolare che in questo settore è molto elevata (oltre il 47%) nel 2023 ammontava a 7,2 miliardi. Se questi anziani non fossero stati assistiti da persone retribuite dalle famiglie (alle quali molto spesso si affiancano i familiari stessi, perché è richiesto un servizio h24 che pochi si possono permettere), lo Stato avrebbe dovuto ricoverarli in strutture residenziali, che hanno un costo superiore a quello dell’assistenza domiciliare: la spesa aggiuntiva per il bilancio dello Stato sarebbe stata di 17,2 miliardi. È vero che le famiglie percepiscono l’indennità di accompagnamento (11,3 miliardi). Azzerandola, la spesa pubblica sarebbe salita a 31,5 miliardi dai 25,5 attuali. Il risparmio è di 6 miliardi, lo 0,3% del Pil.
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