Di Francesco Sottile

Più volte nei mesi scorsi abbiamo evidenziato quelli che, secondo gli esperti del settore, sono i principali punti deboli della nostra sanità pubblica: una spesa sanitaria in rapporto al Pil fra i più bassi d’Europa, la mancanza di riforme organiche e strutturali, livelli di prestazioni eterogenee fra le regioni italiane, problemi di accesso alle cure, lunghe liste d’attesa, incremento delle prestazioni sanitarie effettuate in regime di intramoenia, livello di reddito fra i più bassi d’Europa per i medici che operano nel Servizio Sanitario Nazionale.

Come se non bastasse quanto sopra, ad aggravare la situazione del nostro S.S.N. è stata l’ultima revisione del Pnrr approvata a fine novembre che prevede uno slittamento di due anni – dal 2024 al 2026 – del piano di ammodernamento tecnologico degli ospedali. L’investimento previsto è di circa 1,2 miliardi, e servirà per sostituire 3.133 apparecchiature sanitarie con più di 5 anni di vita: in particolare la sostituzione riguarda Tac, risonanze magnetiche, acceleratori lineari, sistema radiologico fisso, angiografi, gamma camera, gamma camera/tac, mammografi, ecotomografi. Secondo le idee iniziali il piano di ammodernamento sarebbe dovuto già essere iniziato: la spesa prevista era infatti di 600 milioni entro il terzo trimestre del 2023 per sostituire 1568 apparecchi, il restante 50% della spesa entro la fine del 2024.

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