Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

 

Nonostante le attese del primo taglio dei tassi della Bce, che potrebbe arrivare ad aprile, i conti di deposito rilanciano. In questa fase c’è chi ha alzato i rendimenti, in particolare nelle scadenze brevi (fino a due anni), con le offerte più generose che arrivano al 5% annuo lordo. Lo stesso picco di un anno fa, quando però l’Italia era reduce da un’inflazione sopra l’8% (8,1% nel 2022), mentre nel 2023 è scesa al 5,7% con dicembre al +0,6%. Allora il Btp a dieci anni rendeva attorno al 4,5%, mentre oggi, avendo iniziato già a prezzare l’inversione della politica monetaria, è al 3,8%, ovvero il 3,3% al netto della tassazione del 12,5%, rispetto al 5% del conto di deposito che sulla base di un’aliquota ben più alta (26%) diventa un netto del 3,7%. D’altra parte c’è anche chi, tra i depositi, ha già iniziato a scontare i previsti tagli. Il tutto mentre i classici conti correnti restano a zero nelle remunerazioni, tranne eccezioni ma si tratta per lo più di promozioni a tempo o con vincoli.
Quando tutti escono da una porta troppo stretta è difficile che qualcuno riesca contestualmente a rientrare. Una dinamica meccanica che descrive quello che è successo lo scorso anno nell’universo dei Piani Individuali di Risparmio, o Pir. Pensati per favorire l’investimento dei piccoli risparmiatori nell’economia reale italiana – piccole e medie imprese – a fisco zero, questi strumenti si sono incagliati di fronte a una tempesta perfetta: la fine della finestra per il godimento del beneficio fiscale ha spinto i risparmiatori a uscire dai Pir e a indirizzare la liquidità appena sbloccata verso i ricchi titoli di Stato, mentre gli investitori azionari hanno preferito rivolgersi alle large cap bancarie del Ftse Mib, spinte al rialzo dalle strette monetarie delle banche centrali. Risultato: dai Pir, stima Intermonte, tra gennaio e novembre sono defluiti circa 2,5 miliardi di euro. Vale a dire: 2,5 miliardi in meno per le mid e small cap, che si sono trovate paralizzate in borsa, senza più scambi né investitori istituzionali.
L’industria italiana del risparmio gestito chiude un 2023 a due facce e con la buona notizia della ripresa dei flussi tornati positivi a dicembre, per la prima volta nell’anno. Se sul fronte della raccolta il 2023 è da dimenticare: il saldo è negativo per oltre 47,7 miliardi di euro a causa della ritorno nei portafogli dei risparmiatori dei Btp, dopo anni di tassi a zero, che hanno rubato la scena ai fondi. Invece per quanto riguarda il patrimonio complessivo, questo ha superato a fine 2023 quota 2.311 miliardi, quasi 100 miliardi in più rispetto ai 2.215 miliardi di fine 2022, grazie all’effetto mercato positivo, sostenuto dal forte rialzo dei listini, che per il solo mese di dicembre Assogestioni nella sua mappa mensile stima attorno al +2,4%.
Invecchiamento della popolazione associato alla denatalità, sono due fenomeni, particolarmente accentuati in Italia, che hanno impatti anche sui fondi pensione. Come gestire il rischio longevità nella previdenza complementare? MF Milano Finanza ha fatto il punto con Stefano Visintin, componente del Pension comittee, parte dell’Actuarial association of Europe, in rappresentanza del Consiglio nazionale degli attuari, e componente della Commissione interconsigliare, tra Consiglio nazionale e Ordine nazionale degli attuari, sui fondi pensione
La continua evoluzione del sistema previdenziale italiano, in un contesto di riferimento caratterizzato da un accentuato processo di inverno demografico e un elevato debito pubblico, tende a contemperare e esigenze di sostenibilità finanziaria e di adeguatezza della prestazioni per consentire ai cittadini di mantenere nel pensionamento un tenore di vita dignitoso. Vi è poi un ulteriore profilo che sembra essere sempre più l’oggetto dei desideri delle diverse riforme che si susseguono che è rappresentato dalla flessibilità in uscita. Consentire cioè a determinate condizioni, individuate di riforma in riforma in coerenza con l’esigenza di rispettare i vincoli di bilancio, l’uscita anticipata dal mercato del lavoro per accedere alla quiescenza nella prospettiva di conciliare esigenze e volontà personali ma anche favorire il ricambio generazionale nel sistema produttivo per fronteggiare le sfide dell’innovazione tecnologica.
Negli ultimi mesi dello scorso anno hanno visto la luce due importanti normative sui contratti finanziari: la nuova direttiva sui contratti di credito al consumo e la direttiva sui contratti finanziari conclusi a distanza. La prima – la direttiva (UE) 2023/2225 del 30 ottobre 2023 – istituisce da novembre 2026 un quadro comune per l’armonizzazione di taluni aspetti delle disposizioni degli Stati membri in materia di contratti di credito ai consumatori. Questo nuovo atto abroga il precedente testo sulla materia, la direttiva 2008/48/CE, che continuerà ad applicarsi ai contratti di credito in corso al 20 novembre 2026 fino al loro termine.
Nel gergo atecnico shadow banking (sistema bancario ombra) descrive finanziamenti erogati da soggetti non autorizzati, abusivismi spesso connessi a pratiche di usura e riciclaggio. Nella tassonomia economico-giuridica invece il termine (coniato dall’economista americano Paul A. McCulley) indica quei collettori di raccolta e impiego – quali fondi d’investimento, fondi pensione, assicurazioni, veicoli strutturati, imprese finanziarie – sottoposti a una disciplina diversa da quella applicabile alle banche, soprattutto in termini di requisiti di capitale e stabilità. Di recente, specie dopo il crollo di Archegos che travolse il Credit Suisse, il tema suscita un forte allarme e una risposta riduttiva.
  • La previdenza made in Italy
La previdenza italiana resta sostenibile e continuerà a farlo “anche tra 10-15 anni”, ossia quando la maggior parte dei nati nel secondo dopoguerra andrà in pensione. È quanto emerge dall’undicesimo rapporto di “Itinerari Previdenziali”, presentato dal prof. Alberto Brambilla, presidente del Centro Studi e Ricerche, il 16 gennaio scorso in Parlamento. Dove avverte che è però essenziale, affinché si mantenga col passare del tempo tale “sottile equilibrio”, aumentare la soglia anagrafica per incassare l’assegno dall’Inps, che oggi risulta tra le più basse d’Europa. Il Rapporto dice che l’età effettiva di uscita dal lavoro in Italia è di circa 63 anni, nonostante un’aspettativa di vita, tra le più elevate a livello mondiale, vada gradualmente a salire. Non bisogna più favorire eccessive anticipazioni (i prepensionamenti), ma le forme di invecchiamento attivo degli occupati senior nel mercato.
  • Rend & Cap si affida alla rendita
La polizza di ramo I di Mediolanum Vita garantisce in un periodo iniziale una rendita fissa scelta dal contraente

A dicembre il patrimonio gestito è aumentato di 56 miliardi di euro a 2.311 miliardi: è quanto emerge dai dati di Assogestioni. Segno positivo anche per la raccolta mensile con 1,79 miliardi di afflussi. A trainare l’aumento delle masse è stato l’effetto performance, quantificato a +2,4%. Rimane in rosso, invece, la raccolta: nonostante il dato positivo di dicembre (1,786 miliardi) contro -7,096 mld di novembre, da inizio anno è stata negativa per 47,752 miliardi. Sul fronte della raccolta netta il sostegno è arrivato dalle gestioni di portafoglio, in positivo per 2,27 miliardi a fine dicembre, di cui 2,21 mld legati alle gestioni istituzionali e 58 milioni a quelle retail. Per quanto riguarda le gestioni collettive, l’ultimo mese dell’anno ha visto il rallentamento dei deflussi dei fondi aperti rispetto al mese precedente da -2,26 -1,19 miliardi, mentre i fondi chiusi hanno attratto 704 milioni di nuovi capitali.
Cresce la spesa pubblica pro capite per appalti di lavori, forniture e servizi sul territorio. Nel quinquennio 2018-2022 a livello provinciale si sono spesi in media 1.955 euro. Ma la vera accelerazione si è avuta nel 2022 che, grazie al Pnrr, ha visto la spesa media pro capite arrivare a quota 2.859 euro dai 1.946 euro dell’anno precedente. La provincia con la spesa pro capite più elevata d’Italia è stata quella di Bergamo che nel periodo 2018-2022 ha registrato un valore pari a 4.426 euro, anche se tale dato è influenzato da un appalto da 19,2 miliardi bandito nel 2022 per la progettazione, costruzione e gestione dell’interconnessione dell’autostrada Pedemontana con il raccordo autostradale diretto Brescia-Milano.

corsera

A ucciderlo, come ricostruito dai medici legali, è stato il suo stesso sangue che l’ha soffocato dopo 3-4 minuti di agonia, anche se in ogni caso non sarebbe mai sopravvissuto al devastante trauma cranico. Alberto Rizzotto, il 40enne autista trevigiano che era alla guida dell’autobus della strage del cavalcavia di Mestre lo scorso 3 ottobre, non ha perso il controllo del mezzo ed è volato per circa dieci metri a causa di un malore; o perlomeno non c’è nessun riscontro oggettivo che possa portare a questa conclusione. Ma non si può nemmeno dire che il suo cuore fosse del tutto sano e anzi — seppur ipoteticamente secondo la professoressa Cristina Basso, luminare del settore — aveva tutte le caratteristiche per una cosiddetta «morte improvvisa». Per questo i risultati dell’autopsia che il medico legale Guido Viel, insieme a Basso, ha depositato ieri mattina al pm di Venezia Laura Cameli, che sta indagando sull’incidente in cui sono morti oltre a lui altri 20 passeggeri, mentre 15 sono rimasti feriti, si possono prestare a valutazioni molto diverse. Il pool che segue l’azienda La Linea, proprietaria del bus, e la sua assicurazione Allianz, invita a leggere attentamente le 66 pagine dell’elaborato. «La consulenza è appena stata depositata e i contenuti sono complessi, servono buon senso e prudenza», spiega l’avvocato Massimo Malipiero, che difende l’amministratore della società Massimo Fiorese, uno dei 4 indagati. Gli altri sono tre funzionari del Comune, che devono rispondere dell’adeguatezza del guardrail.