PREVIDENZA/2LA CRISI DEL 2022 HA MANDATO AL TAPPETO I RENDIMENTI DEI FONDI PENSIONE (NEGOZIALI -8,7% E APERTI -10%) MENTRE IL TFR HA STRAVINTO GRAZIE ALL’INFLAZIONE (+8,2%). MA GLI ISCRITTI CRESCONO
L’anno nero per i mercati finanziari ha provocato perdite a doppia cifra per i rendimenti dei fondi pensione italiani. Anche i gestori previdenziali hanno avuto ben pochi asset nei quali rifugiarsi nonostante la diversificazione nell’economia reale, che però è recente e soprattutto i benefici si vedono nel lungo periodo trattandosi di asset illiquidi. Fatto sta che guardando il 2022 i fondi pensione negoziali, come emerge dalla rilevazione di MF-Milano Finanza che ha raccolto i rendimenti dei comparti di categoria, le performance sono andate in rosso (la media è del -8,7%). Stessa dinamica nei fondi pensione aperti dove il risultato medio si è attestato al -10,4% (dati Fida). Considerate le condizioni difficili dei mercati e il boom dell’inflazione, è stato impossibile reggere il confronto con la rivalutazione del Tfr, la classica asticella di confronto tra le performance dei capitali investiti nei fondi pensione e la liquidazione che resta in azienda (l’alternativa all’iscrizione ai fondi pensione che avviene appunto versando la liquidazione).

Il Tfr ha stravinto mettendo a segno nel 2022, in base ai dati provvisori sull’inflazione, un rendimento del +8,2% grazie agli aumenti record dei prezzi record del 2022: infatti si apprezza dell’1,5% fisso all’anno più il 75% dell’indice di inflazione Istat (quella acquisita per il 2022 è l’8,1%). Oltretutto il rendimento del tfr ha una tassazione più leggera dei fondi pensione: l’aliquota è del 17% rispetto al 20% dei secondi. «Dopo gli annunci della Bce di metà dicembre è calato il sipario sull’annus horribilis della finanza. E’ riduttivo liquidare il 2022 della tempesta perfetta finanziaria soffermandoci sugli episodi prenatalizi: analoga attenzione dovremmo riservarla all’opposta dinamica che in questi giorni preannuncia ai più ottimisti un 2023 di riscossa», afferma Paolo Stefan, direttore di Solidarietà Veneto, fondo negoziale della regione Veneto. Certo, i rendimenti vanno giudicati nell’arco proprio della previdenza che è di lungo periodo, e un dato come quello del 2022 è un duro colpo soprattutto per chi è vicino alla pensione e ha meno spazio per recuperare. Mentre per chi è all’inizio della carriera e valuta se aderire o meno alla previdenza complementare i ribassi consentono di entrare a quotazioni inferiori. E buone notizie arrivano proprio sul fronte degli iscritti, nonostante l’inflazione che minaccia la capacità di risparmio: «Dal territorio giungono segnali interessanti: nel peggiore degli anni finanziari, il numero dei nuovi aderenti registrato Solidarietà Veneto è il più elevato di sempre, salvo che nel 2007 del silenzio assenso: il 60% sono trentenni la cui attenzione è rivolta più alla prospettiva che al rendimento 2022», sottolinea Stefan. Dai dati Covip a fine settembre emerge che le iscrizioni totali ai fondi pensione in Italia sono 10,1 milioni, in crescita di 410 mila unità (+4,2%) da fine 2021. (riproduzione riservata)

Francia e Uk (con calma) alzano l’età
Oltre dieci anni dopo dalla riforma Fornero che da inizio 2012 aveva alzato bruscamente l’età della pensione da poco più di 60 anni ai 66 anni (oggi diventati 67), anche Francia e Germania seguono l’esempio dell’Italia. In realtà Parigi già da anni sta tentando senza successo di riformare le pensioni, visto il peso sui conti pubblici delle spese previdenziali in presenza di una tendenza all’invecchiamento demografico, considerando che la Francia ha una delle età pensionabili più basse tra i Paesi industrializzati. Ora il presidente Emmanuel Macron ci riprova e si prepara a una riforma delle pensioni che fa discutere. L’esecutivo punta a un innalzamento progressivo dell’età per la pensione dagli attuali 62 ai 64 anni contro i 65 preventivati in un primo tempo. Ma la riforma scatterà solo dal 2030. Nel Regno Unito l’asticella è a 66 anni. Il Paese ha già programmato aumenti fino a 68 anni entro il 2046, ma ora il governo vuole anticipare l’incremento al 2030-32. In Europa solo Italia, Grecia e Danimarca hanno l’età pensionabile di 67 anni (vecchiaia), gli altri tutti prima. (riproduzione riservata)
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