RAPPORTO CONSOB/2 SAVONA: LA POLITICA NON SI È MOBILITATA PER AIUTARE GLI ITALIANI
di Marco Capponi
La politica economica seguita lo scorso anno dopo la ripresa della corsa dell’inflazione ha intrapreso una traiettoria chiara: «Privilegiare il lavoro, poggiando la sua tutela sul sostegno alla crescita reale, e l’equa distribuzione del reddito, poggiando il suo raggiungimento sull’intervento a carico del bilancio pubblico». Vittima illustre di questa scelta è stata soltanto una: «Il risparmio, su cui l’aumento dei prezzi grava maggiormente, con l’eccezione di una sua modesta remunerazione conseguente al discusso aumento dei tassi nominali dell’interesse e il riconoscimento di compensazioni fiscali nell’ordine del 2%». Così Paolo Savona, presidente Consob, ha aperto l’ottava edizione del Rapporto sulle scelte di investimento delle famiglie italiane dell’Authority, presentato ieri.

Una serie di scelte, ha evidenziato il numero uno della commissione di vigilanza, ha fatto sì che «le discriminazioni di trattamento normativo tra attività di portafoglio siano aumentate, ostacolando il raggiungimento dell’obiettivo di tutela del risparmio in ogni forma, come previsto dalla Costituzione». Savona ha fatto riferimento in particolare alla proposta che lui stesso ha avanzato nel discorso al mercato del giugno scorso, che prevedeva «una composizione equilibrata tra attività mobiliari e immobiliari, affidando la redditività agli andamenti dell’economia reale, così alleggerendo la politica monetaria del peso di manovre inusuali sui tassi dell’interesse». Strumenti come gli Eltif, i fondi chiusi europei di lungo periodo, o i piani individuali di risparmio (pir) o il Btp Italia, insieme a una certa quantità equilibrata di valute (euro e dollaro), erano stati indicati come esempi di questa strategia. Una sorta di portafoglio che si auto-proteggesse dall’inflazione, o che quanto meno potesse mitigare gli effetti della corsa del carovita. Ebbene, ieri il presidente Consob ha mostrato una certa delusione: «Dopo un iniziale interesse alla proposta», ha detto, «non sono stati fatti progressi». Risultato: gli squilibri normativi sono aumentati, disincentivando l’utilizzo di strumenti di risparmio in funzione anti-inflattiva.

Attenzione però: nonostante la perdita di potere d’acquisto subito, ha specificato il capo della commissione di vigilanza, «la consistenza del risparmio è aumentata, presumibilmente a seguito sia del miglioramento della distribuzione del reddito a favore delle fasce di popolazione a più elevato reddito, capaci di risparmiare di più, sia della spinta alla ricostruzione del valore reale delle attività possedute». Di contro, a ostacolare l’aumento del risparmio è intervenuto il ricorso a esso da parte delle famiglie con un reddito disponibile inferiore all’aumento dei prezzi. D’altronde, come rilevato da un recente studio di Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi, nel 2022 la quota delle famiglie risparmiatrici ha superato il 53%. Un balzo di cinque punti percentuali rispetto al 2021, non lontano dal 55% registrato nel 2019. La cattiva notizia però, ha svelato lo studio, è lo scopo di questo risparmio: solo il 17% del campione dell’indagine lo fa avendo in mente un obiettivo preciso, contro un 30% che risparmia in via totalmente precauzionale. A fronte di ciò la liquidità rimane la spada di Damocle più gravosa sull’economia italiana. Rispetto al pre-Covid i depositi delle famiglie sono cresciuti del 13%, ossia di 135 miliardi. Lo stesso Savona, in chiusura del suo intervento, ha ricordato che «l’inflazione ha sempre legami con la quantità di moneta e questa con il finanziamento della spesa pubblica attraverso l’indebitamento statale: essa opera come una tassa occulta e iniqua». (riproduzione riservata)
Fonte: logo_mf