I DATI COMPLESSIVI SUGLI ASSET IN GESTIONE EMERGONO DALL’ULTIMO MONITOR DI EQUITA
di Andrea Pira
La proroga del bonus quotazione per le pmi e le dimensioni ancora ridotte del mercato, assieme alla opportunità offerte nel 2023 dagli obiettivi di spesa del Pnrr che coinvolgeranno gioco forza le piccole e medie imprese, possono fungere da volano per lo sviluppo del mercato dei Pir alternativi. Anche in un 2022 caratterizzato da perdite importanti per la raccolta netta ha dimostrato di saper reggere l’urto con flussi netti positivi per 14,5 milioni nel terzo trimestre e una raccolta netta totale nei nove mesi di 250,7 milioni. La fotografia emerge dall’ultimo Pir Monitor di Equita.

«Lo strumento ha registrato una raccolta resiliente nel 2022 nonostante le turbolenze dei mercati e alcune complessità sul lato reti. Ma guardando la percentuale di asset allocati a questa asset class, le potenzialità sono ancora molto significative», spiega Luigi De Bellis, co-responsabile dell’Ufficio studi di Equita. Se i piani individuali di risparmio ordinari pesano per quasi il 2% sul totale degli asset in gestione (1,62% nel terzo trimestre 2022), la quota degli alternativi è ancora pari allo 0,13% (dati Assogestioni).

L’analisi di Equita va però oltre i numeri di Assogestioni che calcola asset in pancia per 1,4 miliardi. Prendendo in considerazione anche altri fondi attori del mercato come Azimut con 731 milioni e una quota del 29.7% (seconda dietro Intesa); Credem Private Equity con 124 milioni, Amundi con 104, la stessa Equita Capital Sgr con 61 milioni, l’ammontare degli asset supera i 2,45 miliardi. «Abbiamo tutti gli elementi di un mercato che sta partendo», aggiunge ancora De Bellis.

Equita quindi, conferma, le aspettative che i Pir alternativi possano raggiungere 10-15 miliardi di asset in gestione nei prossimi tre-cinque anni dagli attuali 2,46 miliardi. La raccolta netta per i Pir ordinari tra il 2023 e il 2025 dovrebbe invece attestarsi a 1,5 miliardi, di cui 500 milioni quest’anno dopo i deflussi netti per lo stesso ammontare che si dovrebbero registrare con i dati finali sul 2022.

Alcuni accorgimenti sarebbero necessari per sostenere il settore. «Riteniamo i Pir alternativi uno strumento efficiente per fornire sostegno di capitale alle pmi sia private sia pubbliche, permettono di diversificare e danno, anche alle quotate più piccole, un orizzonte di medio e lungo termine per dimostrare le potenzialità. Perciò un rinnovo, per il 2023, del credito d’imposta per coprire le perdite potenziali o un diverso tipo di credito, rimasto fuori dalla manovra, sosterrebbe il successo del prodotto», aggiunge De Bellis, «gli investitori retail apprezzeranno, più che in passato, un incentivo dopo un 2022 molto negativo per i mercati. Inoltre, le complessità operative per il collocamento di questi fondi sono state ormai risolte dalle reti bancarie e quindi la loro azione potrebbe essere molto più efficace rispetto agli anni precedenti». Per Equita sarebbe poi auspicabile eliminare l’unicità dei Pir ordinari come già accade per gli alternativi, permettendo a ciascuna persona fisica residente in Italia di essere titolare di più di un piano di risparmio a lungo termine in contemporanea, oltre a rendere strutturali gli incentivi per le ipo delle pmi.

Altro nodo: le pmi italiane quotate hanno registrato un forte de-rating nel 2022, e trattano su valutazioni particolarmente attraenti, nella parte bassa del range storico. L’interesse è stato certificato dalle numerose operazioni di delisting negli ultimi mesi. (riproduzione riservata)
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