MENTRE LA SPESA PREVIDENZIALE È SOTTO CONTROLLO, QUELLA PER LE PRESTAZIONI SOCIALI RESTA INEFFICIENTE. E VA TENUTA SEPARATA
di Paola Valentini
Il sistema previdenziale italiano è stato messo in sicurezza, grazie agli interventi di stretta sulle pensioni che si sono succeduti negli ultimi 15 anni, culminati con la riforma Fornero del 2012. Ma ora il tallone d’Achille dell’Italia è l’assistenza. La fotografia scattata dal Bilancio del sistema previdenziale italiano, a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, giunto alla decima edizione, illustra un sistema del welfare a due velocità. Nel 2021 l’Italia ha destinato a pensioni, sanità e assistenza 517,7 miliardi di euro (+1,6% sul 2020): oltre la metà della spesa pubblica totale, il 52,5%. Ma se da una parte l’andamento delle uscite per le prestazioni previdenziali del sistema obbligatorio si mantiene tutto sommato stabili (+4 miliardi rispetto al 2020 a 238 miliardi), dall’altra si conferma sempre più difficile da sostenere per il Paese il costo delle attività assistenziali a carico della fiscalità generale: dal 2008, quando ammontava a 73 miliardi, l’incremento è stato di oltre 71 miliardi, arrivando a toccare i 145 miliardi, +97,7% cumulato, con un tasso di crescita annuo di oltre il 6%, addirittura di tre volte superiore a quello della spesa per pensioni, comunque sostenute da contributi specifici. L’incidenza della spesa per pensioni sul pil è scesa al 13,4% nel 2021 e al 13,1% stimato a fine 2022, rispetto al 2020, l’anno della pandemia (14,2%). Al netto degli oneri assistenziali per maggiorazioni sociali, integrazioni al minimo e spesa assistenziale dei dipendenti pubblici, l’incidenza nel 2021 scende al 12,11%, dato più che in linea con la media Eurostat; la percentuale cala addirittura all’8,61% escludendo anche i trasferimenti a carico di Gias (specifico conto dedicato alla gestione della spesa assistenziale) e Gpt (il conto prestazioni temporanee per il sostegno al reddito che su affianca al Gias) e le imposte, che per il 2021 valgono poco più di 62 miliardi.

Nella classifica Eurostat, in media tra 2019 e 2020, l’Italia si colloca al 5° posto per incidenza della spesa per welfare sul pil, il che è come dire che il Paese è tra i primi al mondo per welfare state. Ma se la spesa pensionistica di natura previdenziale è ampiamente autofinanziata al netto delle imposte, resta da finanziare tutta la componente assistenziale relativa sia alle rendite periodiche pensionistiche (cioè tutte le prestazioni collegate al reddito) sia a quelle assistenziali pure (quali il reddito di cittadinanza, l’assegno unico per i figli, i bonus e le altre prestazioni di sostegno alla famiglia, infanzia e anziani) e la spesa sanitaria, che costano rispettivamente circa 145, come si accennava, e 124 miliardi e che non avendo contributi di scopo (eliminati dalla riforma Visco del 2000) debbono essere finanziati dalla fiscalità generale. Per mantenere quindi il costoso welfare italiano che vede la spesa assistenziale ormai uguale per importi alla spesa pensionistica netta, spiega il Rapporto, occorrerà risolvere i problemi che finora hanno limitato lo sviluppo del Paese quali: bassi tassi di occupazione, bassi salari, una contrattazione sindacale troppo parcellizzata in mille contratti, basata su eccessive tutele e plafonata sui redditi bassi, un inefficiente incontro tra domanda e offerta di lavoro, una scarsa produttività, un’elevata evasione fiscale e contributiva e l’eccessiva assistenza cioè il dilagare di politiche passive e l’assoluta mancanza di politiche attive del lavoro.

Secondo la stima del Rapporto, il numero di pensionati assistiti è di circa 7 milioni, vale a dire il 44% degli oltre 16 milioni di pensionati. Anche il decimo Rapporto suggerisce allora una separazione tra previdenza e assistenza: «Dai dati forniti da Istat a Eurostat risulterebbe che l’Italia ha una spesa molto alta rispetto alla media europea, generando l’erronea convinzione che il sistema vada riformato. In realtà, come dimostra la riclassificazione operata dal nostro documento, il vero problema è la scelta dei governi italiani di allocare misure a sostegno delle famiglie o volte a contrastare l’esclusione sociale sotto il capitolo pensioni». (riproduzione riservata)
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