Carlo Giuro
I temi previdenziali assumono sempre più rilevanza in considerazione degli effetti economici prodotti dalla guerra e delle tendenze demografiche. Per quel che riguarda i fondi pensione la forte turbolenza dei mercati e l’andamento dirompente dell’inflazione sono fenomeni che vanno fronteggiati e gestiti. Può essere utile pertanto confrontarsi con esperienze estere. MF-Milano Finanza ne ha parlato con Andrea Ferrante, head of sales in Italia di Swisscanto Invest, pioniere negli investimenti sostenibili e parte del gruppo Zürcher Kantonalbank, uno dei principali gestori patrimoniali svizzeri. Ogni anno Swisscanto realizza lo Swiss Pension Fund Study, punto di riferimento per il sistema previdenziale elvetico.

Domanda. Come si struttura il sistema pensionistico svizzero?

Risposta. A differenza di quello italiano è basato su due pilastri obbligatori. Il primo è legato a una forte base solidaristica, le prestazioni sono uguali per tutti con un tetto massimo di erogazione di 2.370 franchi mensili per i singoli e 3.555 per le coppie a fronte di contribuzioni differenti. Quindi i ricchi svizzeri aiutano i meno abbienti contribuendo alla sostenibilità del sistema. Il fine di questo primo pilastro è di garantire la minima sussistenza. Il secondo pilastro, legato alle cosiddette casse pensioni, deve permettere il raggiungimento di uno standard di vita paragonabile a quello sostenuto durante il periodo lavorativo. Questo pilastro fornisce anche un’assicurazione alla famiglia in caso di morte dell’assicurato. A partire dal 25° anno di età e da uno stipendio lordo minimo di 21.330 franchi vengono mensilmente tolti dallo stipendio i contributi versati alle casse pensioni. La contribuzione è sia da parte del datore di lavoro che da parte del lavoratore e anche i liberi professionisti possono decidere di aderirvi. Sopraggiunta l’età pensionabile il montante potrà essere pagato sotto forma di rendita mensile, riscattato oppure parte in rendita parte in riscatto. Negli ultimi 20 anni sono falliti diversi tentativi d riforma sia del primo che del secondo pilastro. Il tentativo più eclatante fu quello relativo al progetto Pensioni 2020 che prevedeva un adeguamento delle pensioni allo sviluppo della società in senso economico ma anche demografico e attuariale, che però è stato rigettato con un referendum popolare il 24 settembre 2017.

D. Quali sono le differenze con il sistema italiano?

R. La principale è quella dell’unico pilastro obbligatorio in Italia a fronte dei due elvetici, soprattutto perché il secondo pilastro diventa spesso una forma di benefit molto importante nella contrattazione del lavoro. Le contribuzioni aziendali alle casse pensioni non sono fisse ma possono essere determinate a discrezione delle società. A seconda dei diversi settori di produzione queste sono abbastanza paragonabili, ma non è infrequente che possano essere anche differenti, permettendo alle società più generose di accaparrarsi la miglior forza lavoro allettate, oltre che dallo stipendio, da una contribuzione generosa del datore di lavoro alla cassa pensione. Per dare un’idea dall’ultimo studio di Swisscanto del 2022 si nota che mediamente il datore di lavoro contribuisce con 145 franchi per ogni 100 versati dal lavoratore ma con una differenza notevole tra i 180 versati da alcune società di servizi finanziari e assicurativi e i 112 delle società edili.

D. Che rilevanza hanno i fondi pensione nel sistema svizzero?

R. Se con i fondi pensioni vogliamo intendere solamente la parte volontaria, il terzo pilastro svizzero, equivalente del secondo italiano, l’interesse è crescente. Questo gode di una facilitazione fiscale comparabile con quella del mercato italiano. La sua diffusione rispetto all’Italia è dovuta anche ad aspetti culturali nell’ambito degli investimenti. La Svizzera è un Paese con un tasso di proprietari di casa molto basso, sotto il 50%, a differenza dell’Italia con un tasso decisamente tra i più alti in Europa. L’investimento immobiliare non è favorito, come in Italia, quale alternativa di fonte di reddito aggiuntivo sia per i lavoratori che i pensionati.

D. Quale è il livello di alfabetizzazione previdenziale in Svizzera?

R. Il tasso è molto elevato, e questo perché il secondo pilastro obbligatorio è in pratica gestito da società private che concorrono per ottenere i migliori risultati. Va da sé che i cittadini siano interessati a informarsi per conoscere l’andamento del proprio fondo o cassa e paragonarlo con gli altri. Questo porta anche a una riduzione del numero dei fondi, basti pensare che si è passati dai 2.935 del 2004 ai 1.438 censiti nel 2020 con attivi pari a 1.063 miliardi di franchi per 4,4 milioni di iscritti attivi e 1,2 milioni di pensionati.

D. Il risparmiatore svizzero è emotivo o razionale?

R. Gli svizzeri sono in maggioranza conservatori negli investimenti con una propensione al rischio non troppo elevata. Naturalmente questo si riflette anche nel mondo dei fondi pensione dove però tutto è rapportato all’orizzonte temporale molto lungo dell’investimento previdenziale. L’aspetto razionale ha in genere il sopravvento e l’investitore comprende come la componente equity sia quella con maggior ritorno nel lungo periodo. L’obiettivo primario è quello di avere una parte di copertura economica rispetto all’ultima retribuzione una volta pensionati, in considerazione del fatto che mediamente i due pilastri obbligatori coprono un 60% dell’ultima retribuzione dopo che viene abbandonato il mercato del lavoro. (riproduzione riservata)