Paola Valentini
Il 2023 è iniziato con un’ondata di aumenti dei prezzi della benzina e del gas, con rincari dei pedaggi autostradali e dei biglietti dei mezzi pubblici, che si sommano agli incrementi dei mutui e delle polizze rc auto già in atto dallo scorso anno. Anche sui conti correnti i costi restano sui massimi, in particolare quelli con utilizzo non online, con un aumento medio del 7% rispetto a un anno fa, poco meno del tasso di inflazione acquisita in Italia per il 2022, l’8,1%. Il canone annuo per una famiglia con operatività media può superare i 200 euro. Intanto i rendimenti dei conti correnti continuano a essere a zero, tranne casi isolati, nonostante la Bce abbia alzato i tassi di interesse quattro volte da luglio scorso (portandoli al 2-2,5 e 2,75% a seconda della tipologia di riferimento). Questo perché le banche tradizionali nella fase attuale devono difendere i bilanci, sotto pressione sia per il calo delle commissioni del risparmio gestito, a causa dell’andamento negativo del mercato, sia per la frenata dell’economia. E aumentare i tassi sui c/c non porterebbe loro alcun vantaggio, anzi sarebbe un esborso in più che andrebbe a erodere la redditività. Una doppia morsa, quella dei costi e dell’inflazione, in assenza di remunerazione, che erode il capitale e che diventa ancora più allarmante considerando che la liquidità parcheggiata sui depositi bancari è sui massimi perché i risparmiatori sono molto prudenti nel tornare a investire dopo un anno come il 2022, in cui sono caduti sia le azioni sia i bond.

L’evoluzione dei costi. In realtà, se l’alta inflazione è un fenomeno recente, sono diversi anni che si assiste a ritocchi all’insù delle spese sui conti correnti. Già dalla rilevazione svolta nella prima metà del 2022 su oltre 13 mila depositi bancari la Banca d’Italia (tabelle nella pagina accanto) aveva calcolato per il 2021 una spesa media per la gestione di un conto corrente (non online) di 94,7 euro, con un aumento di oltre il 4%, ovvero in valore assoluto di 3,8 euro, rispetto all’anno precedente. Quello del 2021 è stato il sesto aumento consecutivo della spesa.

Con l’eccezione del 2014, osserva l’indagine di Via Nazionale, la crescita delle voci fisse ha sempre contributo in modo determinante alla dinamica delle spese di gestione. Nel 2021 le spese fisse e quelle variabili hanno contribuito rispettivamente per il 73,4% e per il 26,6% all’aumento complessivo. Tra le prime l’apporto più significativo è attribuibile a quelle per l’emissione e per la gestione delle carte di pagamento; le spese variabili sono cresciute principalmente per effetto della maggiore attività della clientela in particolare per le operazioni presso gli sportelli (che si era invece contratta nel 2020 per il Covid). E dall’analisi di MF-Milano Finanza condotta sui costi dei conti correnti sul panel delle 18 maggiori banche italiane, online e tradizionali, incluso il Banco Posta, emerge che in questo inizio 2023, rispetto all’analoga rilevazione condotta a marzo 2022, l’aumento medio dei costi degli istituti analizzati per quanto riguarda il profilo delle famiglie con operatività media (224 operazioni l’anno) in filiale è stato del 7%, a parità di perimetro, con un Indicatore medio dei costi complessivi (Icc) passato da 129,7 euro del marzo 2022 a 138,5 euro di gennaio 2023.

Per omogeneità sono stati esclusi dal calcolo di questa variazione i conti delle banche (inseriti comunque nella tabella in pagina) che nell’ultima rilevazione sui costi condotta da MF-Milano Finanza lo scorso luglio presentavano una nuova tipologia di conto in vetrina (ovvero il My Genius Green di Unicredit e Db Smart Plus di Deutsche Bank), ma è stato considerato il conto Online di Credit Agricole che ha preso il posto del conto Easy disponibile a luglio e marzo, ma oggi non più presente nella sua offerta, perché i due depositi hanno caratteristiche simili a partire dallo stesso Icc per i giovani (escludendo questo conto l’aumento medio dei costi sarebbe comunque del 4,4%). Anche sul fronte dell’operatività on-line (sempre per il profilo famiglie con attività media) i rincari ci sono stati: la variazione è di oltre il 5,2% da 85,3 a 89,7 euro (e del +2% senza il Crédit Agricole).

Liquidità sui massimi. Dato che l’ammontare dei depositi parcheggiati sui conti correnti non accenna a diminuire, la fotografia delle spese assume un’importanza rilevante e anche piccoli incrementi delle spese possono fare la differenza sui conti economici delle banche e soprattutto per le tasche dei risparmiatori. L’Abi nel suo ultimo osservatorio mensile segnala che a novembre scorso i depositi (in conto corrente, certificati di deposito, pronti contro termine) hanno toccato quota 1.818 miliardi di euro con un aumento di 4,3 miliardi rispetto allo stesso mese del 2021 (variazione pari a +0,2% su base annuale). Banca d’Italia ha calcolato che l’80% dei clienti, che non ha registrato scoperti di conto o sconfinamenti nel corso del 2021, ha avuto una giacenza media di 7.572 euro (1.693 euro in più rispetto all’anno precedente). Una montagna di denaro parcheggiato che l’inflazione record erode giorno dopo giorno dato che i conti non rendono e i costi si fanno sentire.

La mappa dei c/c. Per confrontare le varie offerte MF-Milano Finanza ha raccolto gli Icc (che gli istituti devono calcolare secondo le regole della Banca di Italia) dei conti correnti tradizionali e online dalle principali banche italiane e del Bancoposta (per i profili famiglie operatività media, ovvero 224 operazioni l’anno, e giovani) e la loro evoluzione nell’ultimo anno (tabella in pagina). A proposito di spese, è stata accolta dai correntisti con un sospiro di sollievo la recente decisione dell’Antitrust sui prelievi presso gli sportelli automatici Atm. L’autorità di controllo della concorrenza ha bocciato il progetto di Bancomat Spa presentato nell’ottobre 2020 sulle commissioni che rischiava di far salire i prezzi perché prevedeva invece un nuovo sistema, in base al quale la banca presso cui si fa il prelievo avrebbe potuto richiedere una commissione direttamente al titolare della carta con un limite pari a 1,50 euro. Un cap che non è stato però sufficiente per convincere gli uffici tecnici dell’Antitrust dato che oggi i prelievi possono anche essere gratuiti. Per mostrare il costo indicativo annuo del conto corrente e confrontare le varie offerte la Banca d’Italia obbliga dal 2009 le banche a calcolare un dato unico, che fino a fine 2019 si chiamava Indicatore sintetico di costo (Isc) e poi ha preso il nome di Indicatore dei costi complessivi (Icc). Da gennaio 2020 sono entrate in vigore le nuove disposizioni di trasparenza per i conti correnti ed è nato quindi l’Icc.

Come per l’elaborazione dell’Isc, anche il valore dell’Icc è ottenuto sommando i costi annuali del conto modellati su sei profili tipo di utilizzo (sia online sia in filiale) per i conti a pacchetto e su un solo profilo per i conti a consumo. I sei profili sono: giovani(164 operazioni all’anno), famiglie con bassa operatività (201operazioni), con media operatività (228 operazioni), con elevata operatività (253 operazioni), pensionati con bassa operatività (124 operazioni) e con media operatività (189 operazioni). L’Icc non comprende l’imposta di bollo di 34,2 euro l’anno che grava sulle giacenze sopra i 5 mila euro e gli eventuali interessi attivi e soprattutto passivi, ma include nuove spese in passato non considerate nell’Isc (come ad esempio le eventuali commissioni di emissione delle carte). L’indicatore è riportato nel documento informativo sulle spese del conto che le banche devono mettere a disposizione nei propri siti e anche negli estratti conto annuali.

Poiché l’Icc esprime un costo indicativo, che può quindi differire da quello effettivo sostenuto, è necessario che il correntista, leggendo il riepilogo inviato dalla banca a fine anno, confronti le spese concretamente sostenute con l’Icc di riferimento per capire se, grazie alla portabilità, non convenga cambiare banca e solitamente tra i conti online si può risparmiare. Un’opzione sempre percorribile nel caso si sia scontenti del trattamento del proprio istituto.

Icc a confronto. Per il profilo famiglie operatività in filiale media Bper Banca ha visto l’Icc del conto Offerta on Demand passare da 178 euro di marzo 2022 agli attuali 190,1 euro e da 149,46 euro a 160,6 euro per l’uso online, il conto Digital di Chebanca ha un Icc (sia online sia filiale) di 120,36 euro, dai 96,36 euro dello scorso anno. Il conto Xme di Intesa Sanpaolo ha un Icc per l’uso in filiale salito da 195,2 euro a 227,8 euro e per l’online da 180,4 a 213,8 euro.

Il Crédit Agricole aveva un Icc per il conto Easy di 119,04 euro a marzo 2022 (passato a 137,94 a luglio) e oggi il conto Online è a 161,94 euro per l’utilizzo in filiale, mentre per l’operatività online Easy aveva a marzo un Icc di 58,99 euro (salito a 77,89 a luglio) e Online è a 101,89 euro. Ma ci sono anche eccezioni.

Ad esempio il conto ControCorrente Semplice di Ibl Banca per il profilo famiglie operatività media in filiale ha un Icc di 72,4 euro in calo dai 77,4 euro di un anno fa. Tra le banche con un Icc più basso c’è il conto Arancio che Ing ha rilanciato negli ultimi mesi. L’Icc per le famiglie con operatività media in filiale e online è di 27 euro, per quelle con operatività bassa di soli 3 euro. Tra l’altro Ibl Banca e Ing sono un’eccezione perché remunerano la liquidità non vincolata in un panorama di conti correnti che invece, come si accennava, non prevede tassi attivi.

Conto Arancio offre sul deposito non vincolato lo 0,5%. Per aperture entro il 31 marzo ControCorrente ha un tasso lordo fino al 2% per tutto il 2023 con l’imposta di bollo di 34,2 euro a suo carico. (riproduzione riservata)
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