Swiss Re prevede che le banche centrali continueranno ad aumentare i tassi di interesse e che l’inflazione scenderà verso i livelli target nel 2024.
In una nota la compagnia elvetica afferma di aspettarsi una recessione più lieve nell’area dell’euro quest’inverno rispetto a quanto previsto in precedenza, mentre una recessione negli Stati Uniti si protrarrà fino al 2023.

La società ha inoltre rivisto le sue previsioni sul PIL della Cina, che è risultato più alto del previsto a causa di quello che ha definito un allentamento “più rapido del previsto” della politica di zero-Covida del Paese. Tuttavia, sostiene che il PIL cinese per il 2024 sarà inferiore a causa degli effetti base.

Jérôme Haegeli, capo economista del Gruppo Swiss Re, ha dichiarato: “È iniziata una fase più lenta e cauta del ciclo di rialzo dei tassi delle banche centrali, tra il picco dell’inflazione, le preoccupazioni per la stabilità finanziaria e le recessioni inflazionistiche all’orizzonte. Tuttavia, la direzione generale rimane quella del rialzo, con le banche centrali che devono fare di più per superare le pressioni inflazionistiche”.

In Europa, Swiss Re ha indicato i rischi geopolitici e sociali come il rischio maggiore per le sue ipotesi. I fattori chiave da tenere d’occhio, ha scritto, sono le tensioni tra la Russia e l’Occidente, le sanzioni economiche, i flussi di gas verso l’Europa, la competizione strategica tra Stati Uniti e Cina e le relazioni tra Cina e Taiwan.

L’incertezza generata dalla guerra in Ucraina e le relative ramificazioni, come l’interruzione dei flussi di gas naturale dal Nordstream 1, provocheranno una significativa sofferenza economica in Europa. Le continue restrizioni commerciali e le sanzioni della Cina nei confronti di Taiwan potrebbero ulteriormente compromettere la stabilità della catena di approvvigionamento regionale, aggiungendo un rischio di rialzo alle prospettive di inflazione per alcuni settori.

Il rischio più grande è la crisi energetica attualmente in corso in Europa.
La crisi energetica in Europa potrebbe frenare la produzione industriale, portare a una perdita di competitività, ridurre la spesa dei consumatori in una crisi del costo della vita e aggiungere pressioni inflazionistiche più persistenti. Le industrie che dipendono dal gas russo a basso costo potrebbero doversi adattare. L’instabilità delle forniture di combustibile mette in luce anche le carenze delle fonti di energia rinnovabile come garanzia a breve termine.