di Mauro Romano
È un mercato altamente redditizio quello delle commissioni sugli strumenti finanziari, anche in Italia. Secondo stime sul mercato ammontano a una cifra compresa tra i 5 e i 7 miliardi di euro, a seconda delle banche. Le commissioni derivanti dall’asset management, infatti, costituiscono in media il 13% del margine di intermediazione per gli istituti di maggiori dimensioni, con punte oltre il 23%. Un dato che cresce ancora se si aggiunge il collocamento dei prodotti assicurativi.

Come se non bastasse, l’Italia è il Paese – insieme a Taiwan – dove i costi dei veicoli a gestione attiva sono tra i più alti al mondo, anche per il peso del settore bancario nella distribuzione. Lo evidenzia il Global Investor Experience Study di Morningstar, che su commissioni e spese dei prodotti d’investimento delinea uno scenario chiaro: su 26 Paesi analizzati, l’Italia è all’ultimo posto per spese medie ponderate dei fondi azionari e al penultimo per quelli obbligazionari. Secondo l’agenzia di rating, in particolare, le commissioni mediane ponderate per le attività per i fondi di allocazione, azionari e a reddito fisso domiciliati localmente sono, nell’ordine, dell’1,58%, del 2,13% e dell’1,17%.

Sono queste spese elevate, insieme alla struttura del settore dei fondi che perpetua carichi e commissioni di trail, all’origine della valutazione negativa di Morningstar. «In Italia», spiega l’agenzia, «le classi di azioni senza commissioni trail non sono facilmente accessibili per l’investitore medio al dettaglio, perché la distribuzione dei fondi è dominata dagli intermediari, in particolare le banche». Per gli istituti di credito italiani, del resto, dopo la crisi del 2008 lo sviluppo del risparmio gestito ha rappresentato una fonte importante di ricavi: è stata posta al centro delle strategie di crescita, anche a causa del ridotto assorbimento patrimoniale rispetto all’intermediazione tradizionale. (riproduzione riservata)
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