DOPO LE STRETTE DELLA BCE AGLI ITALIANI I PRESTITI IMMOBILIARI COSTANO SEMPRE DI PIÙ
di Silvia Valente
I tassi di interesse corrono, i prestiti frenano e la raccolta complessiva presso le banche cala, principalmente a causa della flessione dei depositi. Questi gli aspetti principali emersi dal rapporto mensile dell’Associazione bancaria italiana (Abi) sulle attività degli intermediari finanziari a dicembre 2022.

Entrando nello specifico, alla luce dei rialzi dei tassi di interesse decisi dalla Banca centrale europea, contrarre un prestito è diventato più costoso anche per gli italiani. Difatti il tasso di interesse italiano medio sui finanziamenti a fine anno ha raggiunto quota 3,22%, in accelerazione rispetto al 2,96% del mese precedente. In particolare, gli interessi da versare su un mutuo per la casa sfiorano il 3,1% (vs 3,06% di novembre 2022) e sui finanziamenti alle imprese del 3,44% (rispetto al 2,94%).

Di conseguenza, i prestiti a famiglie e imprese italiane, pur se in aumento del 2,1% su base annua, registrano una significativa frenata rispetto al +3,3% di novembre.

Eppure allo stesso tempo il volume delle insolvenze continua a ridimensionarsi, tanto che le sofferenze nette delle banche sono arrivate a 16,3 miliardi di euro, in contrazione di 350 milioni di euro su ottobre (-2,1%) e di 1,3 miliardi su novembre 2021. Così il rapporto tra sofferenze nette e impieghi totali è passato dall’1,02% di novembre 2021 allo 0,92% dello stesso mese dell’anno successivo.

Mantenendo la lente d’ingrandimento sui bilanci delle banche italiane, il rapporto mensile dell’Abi fotografa una raccolta complessiva negativa e una raccolta tramite obbligazioni stabile per la prima volta dopo quasi dieci anni di riduzioni costanti.

Da un lato, la raccolta complessiva presso le banche registra a dicembre un calo dell’1,2% annuo, che conferma il trend di flessione iniziato con il -0,2% di novembre e ottobre. La dinamica è condizionata principalmente dai depositi che infatti sono scesi di 24,1 miliardi rispetto al 2021 (-1,3%), a loro volta riconducibile all’andamento dei versamenti delle imprese. Difatti, spiega l’Abi, le aziende hanno depositato 33,4 miliardi di euro in meno nelle banche italiane tra luglio e novembre 2022, dopo aver invece aumentato i propri flussi di capitale di oltre 130 miliardi di euro nell’intervallo tra dicembre 2019 e luglio 2022.

Dall’altro lato, la raccolta a medio e lungo termine, cioè tramite obbligazioni emesse dalle banche, si è stabilizzata ed è rimasta invariata rispetto ad un anno prima. La variazione era sempre stata negativa dal novembre del 2019 quando si era verificato uno sporadico +2,1%, inserito in una serie di cali che risale al lontano febbraio 2012, quando la variazione era risultata pari al +0,1%. Ora resta da capire se la dinamica di dicembre mostrerà un consolidamento, a differenza di quanto successo nel 2019.

Per comprendere però meglio le ragioni dietro alle due suddette dinamiche sulla raccolta bancarie si deve analizzare l’andamento dei costi e dei ricavi dei rispettivi strumenti finanziari, come fa l’Abi. Nello specifico, il tasso di interesse sulla raccolta bancaria (depositi, obbligazioni e pronti contro termine di famiglie e società non finanziarie) è lievemente aumentato rispetto al mese precedente (dallo 0,58% allo 0,62%) come anche gli interessi imposti sui depositi (dallo 0,42% allo 0,46%). Il tasso sui pronti conto termine cala dall’1,67% allo 0,92% e il rendimento delle obbligazioni risulta in rialzo al 2,12% (dal 2,07%). (riproduzione riservata)
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