LE NOVITÀ DELLA DIRETTIVA CSRD: PRONTO IL PRIMO SET DI BOZZE DEI PRINCIPI PER L’INFORMATIVA ESG
di Andrea Fradeani
Cambio di paradigma per l’informativa sulla sostenibilità: è stata pubblicata, sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea L 322 del 16 dicembre 2022, la direttiva (Ue) 2022/2464 del parlamento europeo e del consiglio del 14 dicembre 2022, meglio nota come Corporate reporting sustainability directive (Csrd), che ne rivoluziona la disciplina.

Il cardine della Csrd è rappresentato dalla sostituzione degli artt. 19 bis e 29 bis della direttiva 2013/34/Ue del parlamento europeo e del consiglio del 26 giugno 2013, il primo sulla dichiarazione di carattere non finanziario e il secondo sulla dichiarazione consolidata di carattere non finanziario, con nuove versioni dedicate rispettivamente alla rendicontazione di sostenibilità (a cui faremo riferimento nella pagina, salvo ove diversamente indicato) e alla rendicontazione consolidata di sostenibilità. Non si tratta, si badi bene, di un mero cambio di denominazione bensì di un corposo e complesso intervento normativo che accelera in modo significativo verso una rappresentazione della performance aziendale, tanto in ottica individuale, quanto consolidata, connotata dall’integrazione fra i risultati economico-finanziari e le questioni relative alla sostenibilità.

Che cosa è la rendicontazione di sostenibilità? Si tratta, secondo il par. 1 dell’art. 19 bis, delle informazioni che risultano necessarie a far comprendere non solo come l’impresa impatta sulle questioni relative alla sostenibilità bensì pure come queste influiscano sulla prima in termini di andamento, risultati e situazione; tali informazioni vanno incluse nella relazione sulla gestione, dove devono risultare identificabili in modo chiaro mediante una sua sezione apposita. Come declinare concretamente tali indicazioni? Si tratta di un compito complesso considerando, fra l’altro, sia la variegata e multidisciplinare natura delle informazioni da offrire sia il loro forte legame rispetto, per esempio, al tipo di attività svolta. L’art. 19 bis detta, in primis, un elenco generale del suo contenuto attraverso i suoi paragrafi 2 e 3. Prosegue quindi disponendo, attraverso il successivo par. 4, che le imprese comunichino quanto richiesto dai primi tre paragrafi menzionati in conformità, si tratta di un passaggio chiave, ai principi di rendicontazione di sostenibilità di cui al successivo art. 29 ter (introdotto ex novo, dalla Csrd, nella direttiva 2013/34/Ue).

Il primo set delle bozze degli Esrs. I principi in parola, che valgono altresì per la rendicontazione consolidata di sostenibilità (sono richiamati, peraltro, anche dall’art. 29 bis), sono adottati dalla Commissione con atti delegati ai sensi del successivo art. 49. Il compito di assistere quest’ultima in merito al loro sviluppo è stato affidato allo European financial reporting advisory group (Efrag) che gli ha già sottoposto (si veda la sua press release del 23 novembre 2022), il primo set delle bozze degli European sustainability reporting standards (Esrs). Si tratta di dodici bozze di standard (si veda la tabella in pagina), disponibili, in lingua inglese, sul sito dell’Efrag (https://www.efrag.org/lab6), distinti in due categorie: della prima, traducibile come quella dei principi “trasversali”, fanno parte le bozze degli Esrs 1 e 2 (rispettivamente sulle prescrizioni e sull’informativa di tipo generale), applicabili a tutte le tematiche di sostenibilità (si veda il par. 8 della bozza dell’Esrs 1); alla seconda, che possiamo rendere come quella dei principi “topici”, appartengono le bozze degli Esrs delle classi E (5 principi), S (4 principi) e G (un principio), che raccolgono prescrizioni riferite alle dimensioni ambientale (environment), sociale (social) e governo (governance). Seguirà, si veda la press release dell’Efrag, un secondo set di bozze con gli standard dedicati a settori specifici e la versione degli Esrs per le piccole e medie imprese (Pmi). Il par. 6, primo comma, dell’art. 19 bis prevede, infatti, la facoltà, per le Pmi e le altre realtà ivi indicate, di limitare i contenuti della rendicontazione di sostenibilità a determinate informazioni: in caso di suo esercizio quest’ultima dovrà conformarsi, lo dispone il successivo secondo comma, ai principi di rendicontazione di sostenibilità per le piccole e medie imprese di cui all’art. 29 quater (introdotto ex novo, dalla Csrd, nella direttiva 2013/34/Ue).

L’adozione di Esef e la marcatura in Xbrl. Veniamo ora a un ulteriore passaggio chiave, di tipo tecnologico. Secondo l’art. 29 quinquies (introdotto ex novo, dalla Csrd, nella direttiva 2013/34/Ue), sia la relazione sulla gestione che quella consolidata, ove assoggettate agli obblighi rispettivamente degli artt. 19 bis e 29 bis, dovranno essere redatte nel formato elettronico unico di comunicazione, meglio noto come European single electronic format (Esef), specificato dall’art. 3 del regolamento delegato (Ue) 2019/815 della commissione del 17 dicembre 2018 ossia nell’Extensible hypertext markup language (Xhtml). Sia la rendicontazione di sostenibilità che la rendicontazione consolidata di sostenibilità, come pure le informazioni ex art. 8 del regolamento (Ue) 2020/852 del parlamento europeo e del consiglio del 18 giugno 2020, si dovranno inoltre “marcare” (volendo chiarire un tenore letterale, quello dell’art. 29 quinquies, che non sembra particolarmente felice) secondo le modalità previste nel regolamento delegato (Ue) 2019/815 ossia nell’extensible business reporting language (Xbrl) ricorrendo alla sua specifica Inline Xbrl (iXbrl).

In termini meno tecnici, le relazioni sulla gestione in parola saranno redatte come pagine web, che potranno essere visualizzate con un browser (compatibile con il formato Xhtml), al cui interno verranno incapsulate marcature Xbrl, relative alla rendicontazione di sostenibilità o alla rendicontazione consolidata di sostenibilità nonché alle informazioni di cui al menzionato art. 8, elaborabili elettronicamente (attraverso software in grado di leggerle); un ruolo chiave verrà sicuramente giocato, non solo ai fini della marcatura, dall’Esrs Taxonomy in corso di sviluppo da parte dell’Efrag.

Si amplia la platea dei soggetti obbligati

Su quali soggetti graverà l’obbligo della rendicontazione di sostenibilità di cui all’art. 19 bis appartenente alla direttiva 2013/34/Ue? Esiste, inoltre, una tempistica per la sua applicazione? La dichiarazione di carattere non finanziario deve essere redatta, secondo il par. 1 del vecchio art. 19 bis, dalle imprese di grandi dimensioni, purché enti di interesse pubblico ai sensi dell’art. 2 e con, alla data di chiusura del bilancio, più di 500 dipendenti occupati mediamente nel corso dell’esercizio. Il par. 1 del nuovo art. 19 bis obbliga alla rendicontazione di sostenibilità un insieme ben più ampio di soggetti costituito da due categorie: le imprese di grandi dimensioni; le piccole e medie imprese, escludendo però le microimprese, che risultano enti di interesse pubblico ex punto 1), lettera a), dell’art. 2. Sono inoltre previste esenzioni con riferimento alle imprese figlie, la cui nozione è contenuta nell’ultimo articolo menzionato, per cui rinviamo al par. 9 dell’art. 19 bis. Il comunicato stampa del parlamento europeo del 10 novembre 2022 indica un incremento delle aziende interessate dalla nuova disciplina sull’informativa di sostenibilità, ovviamente a livello di Unione europea, ma senza distinguere fra rendicontazione individuale e consolidata: dalle quasi 12 mila della vecchia disciplina alle circa 50 mila della nuova, più del quadruplo.

Una road map dell’obbligo alla rendicontazione di sostenibilità di cui all’art. 19 bis può desumersi dalle scadenze per gli Stati membri previste dall’art. 5 della Csrd, dedicato al tema del recepimento, e in particolare dal suo par. 2. In questa sede ci limitiamo a evidenziare come i primi obbligati al rendiconto di sostenibilità, a partire dagli esercizi che inizieranno il 1° gennaio 2024 o successivamente, saranno le grandi imprese che sarebbero state tenute, ai sensi del vecchio art. 19 bis, alla dichiarazione di carattere non finanziario. La palla spetta ora ai legislatori nazionali, fra cui quello italiano, per il recepimento.
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