LA FOTOGRAFIA SCATTATA DALL’OSSERVATORIO DELLA SCHOOL OF MANAGEMENT POLITECNICO DI MILANO
di Antonio Longo
Continua a crescere l’ecosistema fintech & insurtech italiano. Lungo la penisola sono 630 le startup e le scaleup (startup che hanno raggiunto un modello di business affermato) che operano nei settori finanziario ed assicurativo, di cui 27 costituite da gennaio ad oggi, capaci di raccogliere oltre 900 milioni di euro di fondi nel 2022, raggiungendo complessivamente 3,7 miliardi di euro dal 2009 ad oggi. È lo scenario delineato nella ricerca dell’osservatorio Fintech & Insurtech della School of management del Politecnico di Milano secondo cui permane un alto livello di concentrazione in quanto il 5% delle startup/scaleup ha raccolto il 90% del funding totale. Nella città di Milano si registra il 69% degli investimenti complessivi nel settore. «Nel 2022 la situazione geopolitica, l’inflazione crescente e l’aumento dei tassi di interesse hanno rapidamente mutato lo scenario per il settore bancario e assicurativo» sottolinea Marco Giorgino, responsabile scientifico dell’osservatorio, «in un contesto di crescente complessità, non mancano i segnali positivi per il fintech e l’insurtech italiano: cresce il numero delle realtà e aumentano ricavi, anche se le imprese innovative guardano ancora poco ai mercati esteri e non attirano stabilmente funding da attori internazionali, mentre i risultati delle partnership sono ancora limitati».
Segno più sul fronte dei risultati economici. I ricavi mediani per startup/scaelup previsti a fine 2022 sono quasi il doppio rispetto a quelli 2021 ma ancora non si generano stabilmente Ebitda, l’indicatore della generazione di profitti dall’attività ordinaria, e flussi di cassa positivi e solo il 44% delle realtà è in grado di affacciarsi sui mercati esteri. Come si legge nel report, la proposta delle startup/scaleup italiane è rivolta più alle Pmi (71%) che ai consumatori (39%), il 60% si rivolge ad istituti finanziari. Inoltre, l’83% delle realtà innovative ha in corso delle partnership, soprattutto per avvalersi del network di contatti strategici o delle competenze del relativo partner. Tra gli abilitatori dell’innovazione finanziaria cominciano ad affermarsi i modelli “as-a-service”, ossia modelli di business smart e intelligenti adottati oggi dal 75% delle startup/scaleup italiane. Tra questi spicca il “banking-as-a-service” (Baas) in cui un istituto finanziario autorizzato, ad esempio una banca, offre servizi e licenza ad un secondo attore non autorizzato, come una digital company, che cura l’interazione con il cliente finale e l’esperienza d’uso. Le banche digitali gestibili attraverso app e smartphone sono ormai 120 in Europa e, oltre al conto corrente e a strumenti di pagamento, il 44% offre anche possibilità di investimento, il 32% di richiedere prestiti e il 20% di sottoscrivere polizze.
Il contesto europeo. Considerando le solo realtà che hanno ricevuto fondi pari almeno ad un milione di dollari, a livello europeo si contano 1.392 startup (+81% rispetto al 2020) che hanno raccolto complessivamente 35 miliardi di dollari negli ultimi 5 anni (+73% rispetto al 2020), con una media di 25 milioni di dollari ciascuna. Nel Regno Unito opera il 38% delle startup, seguito da Francia (11%) e Germania (9%), in vetta anche per entità del funding raccolto (17,4 miliardi di dollari), seguito a distanza da Francia (3,2 miliardi) e Germania (3 miliardi). Il principale ambito delle startup europee è il mondo dei pagamenti in cui è impegnato il 29% delle startup.
I modelli banking-as-a-service. Il banking-as-a-service è un modello ricorrente anche tra le “challenger bank”, ossia le piccole banche che sfidano i colossi del settore. Delle 120 attive in Europa, 56 utilizzano una licenza di terzi, quindi agiscono in partnership con un operatore Baas, mentre 64 dispongono di un’autorizzazione propria, anche se non sempre bancaria. Inoltre, 93 si rivolgono al segmento retail, di cui 58 in esclusiva. «Il 2022 può essere definito come l’anno dei modelli as-a-service e in particolare del banking-as-a-service» spiega Laura Grassi, direttrice dell’osservatorio, «grazie al Baas, le digital company che non hanno una licenza bancaria possono offrire ai propri clienti servizi finanziari digitali, come conti correnti online, soluzioni di pagamento, carte di credito, prestiti, assicurazioni e investimenti. Per il prossimo futuro ci attendiamo ulteriori sviluppi in cui attori non finanziari abiliteranno velocemente la loro base clienti a prodotti o servizi finanziari». Gli esperti ricordano che quando il prodotto è direttamente integrato nei servizi di attori non finanziari e distribuito tramite i loro canali si parla di “embedded finance” o di “embedded insurance”, ad esempio la possibilità di richiedere un prestito nell’acquisto su un sito di e-commerce o di sottoscrivere una polizza comprando un viaggio. Gli utenti italiani sono molto interessati, infatti il 45% dei consumatori valuterebbe la sottoscrizione di una polizza durante il processo d’acquisto di un viaggio, il 65% prenderebbe in considerazione almeno una proposta assicurativa in logica embedded. Pochi, almeno per il momento, prenderebbero in considerazione proposte embedded di operatori non finanziari per gestire i propri risparmi (solo il 22% almeno uno), ma il 53% valuterebbe di ottenere un piccolo finanziamento in questa modalità (53% almeno uno).
I consumatori. Come rilevato nel report, si conferma la costante riduzione del numero delle filiali bancarie presenti sul territorio. In base agli esiti della ricerca, al cospetto dell’ipotetica chiusura della filiale di riferimento, solo il 21% cambierebbe banca mentre il 24% sarebbe disposto a restare nella stessa, cambiando filiale o modalità di interazione, il 35% a spostarsi su strumenti digitali, ad esempio app o pc, a cui si aggiunge un 20% che già oggi non fruisce della filiale. In generale, tra i clienti delle banche aumenta la predisposizione ad usare i canali digitali. In tal senso, gli esperti sottolineano che nel primo semestre del 2022 gli operatori bancari italiani hanno registrato una crescita del 6% di clienti che usano i canali digitali. Cresce del 17% anche il numero delle transazioni digitali, ossia operazioni come bonifici, ricariche telefoniche, pagamento di bollette, compravendita di titoli, eseguite tramite home o mobile banking. Tra tutti i correntisti attivi, il 63% ha utilizzato almeno una volta i canali digitali. il 55% se si considera il solo mobile. L’online non è usato solo per singole “operazioni semplici”, alcuni clienti stanno, infatti, proprio optando per un’offerta bancaria interamente digitale. Il 24% dei clienti retail attivi in internet in Italia, infatti, ha uno o più conti aperti presso banche online, percentuale che sale al 40% nei giovani tra i 18 e i 24 anni e che si riduce gradualmente fino all’11% nella fascia 55-74 anni. Analogamente, mediamente il 53% dei consumatori italiani con un conto online lo usa come conto principale, ma la percentuale sale all’86% nella fascia 18-24 anni. «Anche nel corso del 2022 è continuata la crescita dell’educazione digitale degli italiani in ambito finanziario» evidenzia Filippo Renga, direttore dell’osservatorio, «in generale, aumenta la predisposizione ad usare i canali digitali, soprattutto tra i giovani che, da un lato sono più abituati a fruire di servizi in digitale, dall’altro hanno verosimilmente necessità meno sofisticate e compatibili in pieno con la proposta attuale delle banche digitali».
Focus sull’insurtech. Il rapporto dedica un focus al segmento insurtech: nel 2022 si contano 120 startup attive (4 costituite nell’ultimo anno) che hanno raccolto 420 milioni di euro a partire dal 2009 (mediamente 3,5 milioni di euro per startup, leggermente inferiore rispetto a tutto il fintech che si stabilizza a 5,8 milioni) e 53 milioni nel solo anno in corso. Anche l’insurtech è trainato dal Nord Italia e da Milano in particolare, città in cui hanno sede 41 realtà che hanno raccolto 31 milioni di euro nel 2022. Un segnale positivo viene dai ricavi che, se nel 2021 erano mediamente inferiori rispetto al fintech, nel 2022 sono cresciuti sensibilmente (+95% contro il +70%). In generale, gli analisti sottolineano che le realtà insurtech fanno più fatica a rivolgersi all’estero (il 61% ha un’offerta esclusivamente rivolta all’Italia) e hanno un legame meno forte con il Regno Unito (solo il 9% è attivo in UK), ma sono caratterizzate da un utilizzo maggiori di soluzioni di intelligenza artificiale (59% vs 46%), analisi di big data (55% vs 42%) e Internet of things (29% vs 13%). Simile al resto del fintech è la distribuzione della tipologia di clientela, composta per il 70% delle realtà da imprese, per il 63% da istituzioni finanziarie (principalmente compagnie assicurative e broker) e solo il 45% da privati.
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