Carlo Giuro
La Legge di Bilancio 2023 ha raggiunto il suo traguardo. Le misure in vigore dal 1° gennaio hanno portato alcune novità sul fronte pensionistico, ma per la riforma previdenziale che dovrebbe portare a un graduale superamento della Legge Fornero a partire dal 2024 bisognerà attendere ancora il confronto governo e parti sociali. MF-Milano Finanza ha passato in rassegna le novità con Alberto Cauzzi, amministratore delegato di Epheso, provider dei motori di calcolo di tutte le principali banche e compagnie assicurative e di Covip e Mefop. Che sull’educazione previdenziale ha un’idea chiara: in un mondo in cui coefficienti e metodi di conteggio cambiano in continuazione, il modo migliore per essere informati sul proprio futuro pensionistico è l’accesso costante a motori di calcolo e simulazioni.

Domanda. Partiamo dalla vostra cifra distintiva: qual è la funzione dei simulatori come i vostri?

Risposta. È ovvio che nessuno può prevedere il futuro, ma la previdenza va considerata come un investimento. Compiere le scelte giuste rappresenta la chiave di volta per assicurarsi una vecchiaia serena e avvalersi di strumenti di calcolo che sappiano mettere in tavola tutte le regole del gioco diventa una necessità. Covip prevede già da anni che i fondi pensione mettano a disposizione dei propri iscritti e non solo motori di calcolo che simulino quella che potrebbe essere la prestazione futura che si potrebbe ottenere aderendo al fondo pensione stesso. In questo modo l’aderente o il possibile iscritto possono compiere scelte più consapevoli.

D. E passiamo all’oggi: si può dire che le nuove disposizioni in manovra hanno introdotto una stretta alle misure già in vigore negli anni precedenti?

R. Di sicuro la novità più importante è rappresentata da Quota 103 o pensione anticipata flessibile: chi entro il 31 dicembre 2023 matura un’anzianità contributiva di 41 anni e compie 62 anni di età potrà decidere di pensionarsi (si veda a proposito Milano Finanza del 14 gennaio, ndr). La vecchia Opzione donna subisce una stretta non indifferente. Di fatto non sarà più ad accesso libero, ma solo le lavoratrici in possesso di determinate condizioni soggettive potranno accedervi. Inoltre, il requisito di età subirà uno sconto in base al numero dei figli della lavoratrice. Cambia poi la rivalutazione delle pensioni che risulterà meno generosa, soprattutto per quelle più alte. Oltre quattro volte il minimo saranno rivalutate tra l’85% e il 31% del tasso Istat previsionale, che è del 7,3%.

D. A dicembre è stato reso noto il fattore di rivalutazione per le pensioni contributive. Come funziona?

R. Con il sistema contributivo per ogni posizione previdenziale si apre una sorta di conto individuale dove figurativamente vengono accumulati i contributi versati, che vengono annualmente rivalutati sulla base della media quinquennale del pil nominale italiano. Pertanto ogni anno il ministero del Lavoro, su indicazione Istat, pubblica il coefficiente di capitalizzazione dei montanti contributivi che per le pensioni dal 1° gennaio 2023 sarà pari a 1,009758, o lo 0,9758%. Questo valore sconta la mancata svalutazione dello scorso anno, quando il pil per la seconda volta dall’entrata in vigore del sistema contributivo ha registrato un valore negativo. Infatti da normativa il tasso di rivalutazione dei montanti contributivi non può assumere un valore negativo con recupero della differenza alla prima rivalutazione positiva successiva.

D. E i coefficienti di trasformazione?

R. Sono valori che trasformano il montante dei contributi accumulato in pensione nel sistema di calcolo contributivo. Variano in base all’età anagrafica in cui il lavoratore va in pensione e sono tanto più elevati quanto maggiore è quest’ultima. Di fatto, quindi, la pensione sarà tanto più elevata quanto più il lavoratore tarderà il pensionamento. Questi coefficienti vengono aggiornati biennalmente a partire dal 2019, e quelli nuovi sono partiti da inizio gennaio. Abbiamo sempre assistito a una riduzione di questi valori, essendosi registrato un graduale aumento della speranza di vita media. Gli ultimi coefficienti, validi per i pensionamenti del prossimo biennio, risultano invece essere per la prima volta migliorativi, ossia maggiori rispetto a quelli precedenti. Infatti a seguito della pandemia per Covid-19 è aumentato il tasso di mortalità che ha quindi ridotto la speranza di vita media attesa. Un lavoratore che è andato in pensione il 31 dicembre all’età di 67 anni con un montante di 200 mila euro avrà una pensione di 12.932 euro l’anno, chi ci è andato il giorno successivo, a parità di montante e delle altre condizioni, di 13.310 euro l’anno. In linea generale l’aumento è del 2-3%.

D. Quali sono i profili di vantaggio nel conferire il tfr al fondo pensione?

R. L’adesione a un fondo pensione comporta un vantaggio a livello fiscale dovuto alla tassazione agevolata. Ovviamente il beneficio sarà maggiore quanto maggiore sarà la permanenza nel fondo. In questo caso si potrà raggiungere il famoso 80% dell’ultimo reddito che con il vecchio sistema di calcolo retributivo era assicurato per quasi tutti i lavoratori.

D. Quanto impatta l’andamento dell’inflazione sulla scelta dei lavoratori di destinare o meno il tfr al fondo pensione?

R. Il tfr lasciato in azienda viene rivalutato dell’1,5% fisso più il 75% dell’indice dei prezzi al consumo ed è chiaro che in momenti come questo, in cui l’inflazione galoppa, lasciare il tfr in azienda potrebbe sembrare la scelta migliore, soprattutto se i rendimenti dei fondi sono negativi. Tuttavia se si guarda al lungo periodo i rendimenti sono positivi: 2,7% per i negoziali, 3% per gli aperti e 3,3% per i pip, calcola la Covip. La rivalutazione del tfr nello stesso periodo è del 2,2%. (riproduzione riservata)
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