LA SGR IRLANDESE PUNTA NEL MEDIO TERMINE A DECINE DI MILIARDI DI MASSE IN GESTIONE
di Marco Capponi
Si chiama Nova Investment Management, è già stata costituita in Irlanda e punta nei prossimi cinque anni a raggiungere qualche decina di miliardi di masse in gestione. E’ l’obiettivo della creatura nata dalla partnership tra Azimut e Unicredit siglata a dicembre, che punta a «creare il polo dell’asset management italiano con respiro internazionale», come ha spiegato ieri Pietro Giuliani, presidente di Azimut, in occasione della conferenza stampa annuale della holding, che ha presentato i risultati del 2022 e ha comunicato le aspettative per l’anno da poco iniziato. Per ora Azimut detiene il 100% di Nova, ma una serie di accordi call-put permetteranno alla banca guidata dal ceo Andrea Orcel, laddove lo volesse, di arrivare dopo cinque anni all’80%. Uno scenario «verosimile», ha evidenziato Giuliani, dichiarandosi soddisfatto dell’alleanza. Nessuna integrazione all’orizzonte invece: «Noi siamo per il risparmio gestito quello che è un’azienda di chip per un costruttore di computer: costruiamo al meglio soluzioni di risparmio che poi vengono usate da altri», ha esemplificato il presidente.

Unicredit a parte, il gruppo prevede di archiviare il 2022 con un utile netto compreso tra 395 e 400 milioni, in perfetta linea con la guidance di 400 milioni fornita al mercato lo scorso anno, mentre la raccolta da 8,5 miliardi ha già superato il punto più alto della forchetta (6-8 miliardi) annunciata a inizio anno. Il 42% dei 79 miliardi di masse fa riferimento al business estero, dato che, secondo Giuliani, ribadisce la natura da multinazionale del gruppo. «Anche per questo siamo usciti dal perimetro di Assogestioni e Assoreti», ha spiegato, «in quanto i criteri di valutazione solo nazionali erano limitanti rispetto al business del gruppo». Il team di management di Azimut ha inoltre ribadito il contributo ai risultati dello scorso anno del segmento dei mercati privati, che hanno raggiunto quota 6,5 miliardi di masse, il 12% del patrimonio totale e in linea con il target del 15% entro fine 2024 annunciato nel 2019.

Nel 2023, in condizioni di mercato normali, Azimut ha confermato la forchetta di raccolta dell’anno precedente, tra 6 e 8 miliardi, e ha fissato l’obiettivo di utile netto ad almeno 450 milioni, ultimo step prima dei 500 che sono stati previsti già per il 2024. Confermata anche la politica dei dividendi, che prevede la redistribuzione del 50-70% degli utili ricorrenti che, nel 2022, dovrebbero aver raggiunto il valore record di 349 milioni, con un tasso di crescita composito annuo del 23% dal 2019 (grafico in pagina). L’importo di 1,3 euro per azione erogato l’anno scorso non dovrebbe subire forti variazioni.

Un capitolo a parte lo meritano i buyback. Lo scorso anno il gruppo ha ricomprato circa 30 milioni di azioni proprie al prezzo medio di 15,3 euro (oggi il titolo ne vale circa 22), che portano il totale oltre il 3%. Tuttavia Giuliani vorrebbe poter fare di più e ha attaccato le regole: «Quelle in vigore», ha detto, «prevedono per i buyback limiti stringenti per i riacquisti, con tetto giornaliero del 25% dei volumi scambiati». Al contempo però «le operazioni di short sui titoli non hanno vincoli di questo tipo». Chiaro dunque che in uno scontro con i ribassisti la società target ne esca perdente e il prezzo sacrificato. «Inutile a questo punto lamentarsi del proliferare dei delisting», ha concluso Giuliani. «Occorre che le società quotate possano combattere ad armi pari con gli speculatori». Nel ribadire che Azimut rimarrà indipendente e che qualsiasi voce di opa sul titolo è infondata, il presidente del gruppo ha anche posto l’accento sulla valutazione della società: «In tre anni abbiamo prodotto utili per 1,4 miliardi, la metà del valore attribuito dalla borsa. Siamo valutati dunque sei volte l’utile netto che facciamo, la metà delle 12 volte della media dei competitor».

Azimut guarda ora ai nuovi prodotti e alle partnership, come fondi di investimento per l’economia reale. Tra le novità un club deal per investire nell’incubatore di startup Liftt in ottica ipo, un prodotto incentrato sulle vetture da collezione e, in ottica fintech, una partnership con l’unicorno Satispay e l’introduzione del concetto di token alle quote di fondi comuni. (riproduzione riservata)
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