di Andrea Deugeni

Grazie al primato nella rappresentanza l’associazione incassa ogni anno quasi 35 milioni dalle iscrizioni, risorse che vengono usate anche per rafforzare la macchina del personale. E per fare lobbying con efficacia. Poi l’espansione nella filiera e i legami con la finanza | Gardant e BF lanciano il fondo Terre Agricole Italiane
C’è chi dice che il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, fosse già prima delle elezioni il referente di fiducia nell’agricoltura di Francesco Lollobrigida, volto forte di Fratelli d’Italia e cognato di Giorgia Meloni, che la premier ha piazzato al rinominato ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste (Masaf).

La capacità di fare lobby e le battaglie «sovraniste» sulla tutela del made in Italy
In realtà il rapporto è al contrario. Il legame non è alto-basso, di potere e favori dispensati a Prandini da Fdi e Lollobrigida. Ma di capacità di lobbying iper efficace di Prandini e della Coldiretti verso il partito di Giorgia Meloni (e di suo cognato). Ma, ancora più vero, è che Coldiretti la sua forza di lobbying la indirizza verso tutti i partiti e i policymaker.

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Fonti all’interno della maggioranza e del mondo Coldiretti raccontano a Milano Finanza che il nome di Ettore Prandini, figlio dell’ex ministro bresciano della Democrazia Cristiana negli anni del Pentapartito, fosse sponsorizzato dalla Lega per l’incarico di ministro nel nuovo governo di centrodestra. In tempi non sospetti Matteo Salvini ne aveva infatti sposato le battaglie «sovraniste» sulla tutela del made in Italy contro l’accordo Ceta e gli ogm.

Il ministero della Sovranità Alimentare
Solo di fronte alla candidatura di Lollobrigida, vero jolly giocato da Meloni, il leader del Carroccio ha dovuto desistere dal mettere una sua figura al ministero. Ma pare che l’espressione «Sovranità Alimentare» aggiunta alla storica denominazione del dicastero sia stata ispirata proprio dalla Coldiretti, per la sua strenua lotta nella protezione della qualità dei prodotti italiani, anche a Bruxelles. Tanto che in passato la Coldiretti è stata accusata anche di pericoloso nazionalismo. Insomma, la paternità dell’acronimo Masaf è certa ed è colorata di giallo, la tinta delle bandiere dell’associazione.

Il ruolo chiave del segretario generale, Vincenzo Gesmundo

Tutti gli addetti ai lavori, compresi molti ex ministri dell’Agricoltura, confermano lo strapotere della Coldiretti. Strapotere bipartisan, finanziario, tecnico, di attrazione, mediatico. Frutto del lavoro e delle relazioni dell’attivissimo e longevo segretario generale, Vincenzo Gesmundo. Sessantotto anni, laurea in filosofia, inizi da socialdemocratico, è entrato in Coldiretti nel lontano 1981 e da funzionario ne ha scalato posizioni con stipendi da 2 milioni di euro (nel 2014), quasi da ceo delle blue chips di Piazza Affari. Assegni che anni fa sono stati anche oggetto di un’interrogazione parlamentare.

Coldiretti ex feudo del potere democristiano
È andato in pensione nel 2014 ma continua a operare come consulente dell’associazione di palazzo Rospigliosi, dove pare non si muova una foglia che il segretario generale non voglia. Dai tempi del fondatore Paolo Bonomi la Coldiretti è stato un feudo del potere democristiano. Gesmundo ha traghettato la confederazione dalle ceneri della vecchia balena bianca alla Seconda Repubblica e nella nuova fase della rappresentanza agricola nell’era della globalizzazione, dribblando il crack milionario della Federconsorzi.

I numeri Agea sulla rappresentanza Agricola

La Coldiretti è la principale organizzazione degli agricoltori: lo confermano i dati dell’Agenzia Generale per le Erogazioni in Agricoltura (Agea), ente governativo che eroga i fondi Pac e che consente di far luce sui numeri sulla rappresentanza agricola, basati perlopiù su autodichiarazioni. Conta quasi 340 mila aziende iscritte, il 35% del totale di quelle censite alle Camere di Commercio, e detiene il primato anche nella superficie coltivata, quasi il 41% del totale.

Poi ci sono le altre sigle. La Confederazione Italiana Agricoltori ( Cia), storicamente più ancorata a sinistra, è la seconda organizzazione con oltre 164 mila società iscritte. Ma viene surclassata da Confagricoltura per totale superficie agricola aziendale e per superficie media: la confederazione presieduta da Massimiliano Giansanti, un tempo così potente da accompagnare al potere Benito Mussolini, è la più antica e rappresenta le grandi aziende agricole connesse con la filiera della trasformazione.

Confagricoltura è prima anche per numero di imprese assuntrici di manodopera. Completa il quartetto delle grandi, la Copagri, cenerentola che ha raggruppato piccoli imprenditori e iscritti alla Cisl e che con l’arrivo dell’ex presidente della Coldiretti Sergio Marini ha sottratto associati alla lega di Prandini e alla Cia. Il resto è costituito da altre piccole organizzazioni e produttori che fanno domanda all’Agea da soli o tramite professionisti.

La variegata tipologia degli iscritti
Le «big four» contano anche pensionati, coltivatori diretti, piccole imprese familiari e grandi soggetti. Qui i numeri lievitano. La Copagri, per esempio, dichiara 650 mila associati, la Coldiretti 1,2 milioni. Sono tutte rappresentate al Cnel: un consigliere a testa, tranne la Coldiretti che ne esprime due.

Ecco dove sta la forza della Coldiretti
La forza oggettiva della confederazione di Prandini sta nel numero di aziende iscritte. Se si considera che la tessera annua costa circa 100 euro, per ogni esercizio la sola Coldiretti incassa quasi 35 milioni, più i contributi pubblici. Le risorse vengono usate anche per pagare profumatamente i dirigenti e attrarre talenti dalle concorrenti e dalle strutture ministeriali.

In un circolo virtuoso, il capitale umano accresce la capacità dell’associazione di incidere su tutti i livelli amministrativi e soprattutto al ministero dell’Agricoltura, dal quale talvolta i dossier filtrano all’esterno ancora prima di arrivare sulla scrivania del ministro di turno. La destinazione? Ovviamente in bocca alla «balena gialla» di Prandini.

La finanza: Bonifiche Ferraresi, Consorzi agrari d’Italia e Nextalia
Non manca la finanza nella rete di Coldiretti. L’associazione ha sedotto una neoiscritta come Bonifiche Ferraresi, la società agricola più grande d’Europa, e una delle poche quotate a Piazza Affari. E ha convinto un big del settore come la Maccarese dei Benetton, già iscritta a Confagricoltura, a prendere la doppia tessera.

Anche un altro gigante dell’industria alimentare italiana, Ferrero, ha a che fare con Coldiretti: ha aderito a Filiera Italia, creatura dell’ente presieduto da Prandini nel segmento della trasformazione, che mira a erodere quote alla confindustriale Federalimentare.

Le più recenti avventure si chiamano invece Consorzi agrari d’Italia, in tandem con Bonifiche Ferraresi, e Nextalia. La sgr fondata dal banker Francesco Canzonieri vede fra i soci proprio Coldiretti, accanto a Confindustria, Intesa Sanpaolo e Unipol. E nel cda siede Gesmundo. (riproduzione riservata)
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