L’IMPENNATA DEL PREZZO DEL CARBURANTE. È GIUSTO O NO TAGLIARE (1 MLD AL MESE) LE ACCISE?
di Carlo Valentini
«Giorgia Meloni ha fatto bene a ridurre prima, ed eliminare poi, lo sconto sulle accise gravanti sui carburanti per autotrazione voluto dal governo Draghi. La riduzione di circa 25 centesimi al litro delle accise su benzina e gasolio (circa 30 centesimi se si considera anche l’Iva) ha un costo di circa un miliardo di euro al mese, in termini di mancato gettito. In questo momento, col barile attorno agli 80 dollari, non ci troviamo in una situazione di emergenza, come invece accade per energia elettrica e gas, sebbene ovviamente i prezzi alla pompa siano relativamente alti. Inoltre, dal punto di vista distributivo, lo sconto è andato in gran parte a favore degli individui a reddito medio-alto. Date le attuali condizioni del bilancio pubblico, è una spesa che non possiamo permetterci».

Ad andare controcorrente è l’Istituto Bruno Leoni, think-tank fondato nel 2003 per effettuare ricerche e studi e «promuovere- è scritto nello statuto- idee per il libero mercato», presidente è Franco Debenedetti.

Nel suo intervento sul caro-prezzi dei carburanti l’Istituto precisa: «Se vi fossero risorse disponibili sarebbe ben più utile impiegarle per intervenire sulla grande anomalia italiana, che non sono le accise ma l’imposizione sul reddito. Gli eventuali dodici miliardi da destinare alla riduzione delle accise potrebbero essere assai meglio impiegati in un primo modulo di una riforma fiscale più ampia, per esempio sulla scorta del progetto di flat tax 25% per tutti».

L’Istituto Leoni punta giustamente il dito sulla compatibilità finanziaria ma i prezzi abnormi alla pompa creano nuove tensioni sui prezzi al consumo, cioè sulla borsa della spesa, già colpita dall’inflazione. In Italia l’88% delle merci che arriva sugli scaffali viaggia su gomma.

Il petrolio, all’origine, ha risentito dell’aumento generalizzato delle quotazioni dei prodotti energetici ma l’exploit di questi giorni è determinato dall’eliminazione dello sconto di 18,3 centesimi al litro sulle accise che fu introdotto dal governo Draghi. Infatti il confronto tra la fine del 2022, quando ancora era in vigore lo sconto, e l’inizio del 2023 indica un aumento medio perfettamente in linea con il taglio del contributo pubblico. Perciò parlare di speculazione può sortire qualche effetto mediatico ma, a parte qualche eventuale comportamento scorretto, non è la causa del male. Ben vengano i controlli della Guardia di Finanza però il nocciolo della questione sta in una tassazione che, essendo in gran parte progressiva, ha un effetto domino, cioè più aumenta il prezzo del petrolio più aumenta la tassazione e quindi gli automobilisti pagano due rincari.

Commenta la Cna, l’associazione degli artigiani e delle piccole imprese: «L’aumento del costo del gasolio penalizza pesantemente le aziende di trasporto che sono da sempre utilizzate come ammortizzatore sociale per comprimere i costi dei prodotti finali. Le aziende non riescono a ribaltare questi aumenti sulla committenza, rischiando di lavorare in perdita pur di non rinunciare alle commesse acquisite».

Secondo Coldiretti: «Le famiglie sono arrivate a spendere quasi 13 miliardi in più per acquistare cibi e bevande nel corso del 2022 a causa dei rincari energetici e della dipendenza dall’estero, in un contesto di aumento dei costi. Almeno un’azienda agricola su 10 si ritrova in una situazione particolarmente critica, tanto da decidere di cessare l’attività, e il 34% delle aziende si trova costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo. La produzione agricola e quella alimentare in Italia sono infatti particolarmente sensibili all’andamento delle quotazioni, poiché assorbono oltre il 11% dei consumi energetici industriali totali per circa 13,3 milioni di tonnellate di petrolio equivalenti all’anno».

Secondo alcuni esperti il trend (altalenante) in aumento del prezzo della benzina è destinato a durare poiché stanno crescendo i prezzi di raffinazione del petrolio, Inoltre diesel e benzina potrebbero diventare sempre più care a causa dei minori investimenti sui combustibili fossili previsti dalle big company del petrolio in vista dello stop alla vendita di auto a diesel e benzina nell’Ue a partire del 2035. Dice Ettore Prandini, presidente Coldiretti: «Il costo medio chilometrico per le merci del trasporto pesante è in Italia pari a 1,12 euro/ chilometro, più alto di nazioni come la Francia (1,08 euro/chilometro) e la Germania (1,04 euro/chilometro). Il Pnrr potrebbe essere determinante per sostenere la competitività delle imprese sbloccando le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra Sud e Nord del Paese e anche con il resto del mondo».

A sentirsi con le spalle al muro sono i benzinai. Ecco la difesa di Giuseppe Balia, presidente di Angac, associazione gestori autonomi carburante: «Abbiamo visto e sentito di tutto in questi giorni. Un polverone di notizie e tutti diventati analisti di mercato e opinionisti. Ma chi sono tutti gli attori della filiera? Sono solo i gestori, i piccoli privati oppure c’è qualcuno di innominabile? Ovvero le compagnie petrolifere, le associazioni di categoria firmatarie degli accordi commerciali, le agenzie internazionali i grossi poteri finanziari, fanno parte della filiera o no? Sarebbe ora che gli organi preposti ai controlli intervengano veramente sui veri soggetti che speculano sui consumatori e sugli stessi gestori di impianto senza scorciatoie e senza proclami».

Per gli automobilisti non c’è solo il salasso alla pompa, stanno aumentando anche i premi delle assicurazioni e i listini dei carrozzieri. Una nota di Federcarrozzieri sostiene che: «Nel corso del 2022 sono esplosi i prezzi dei materiali di consumo delle carrozzerie come effetto combinato del caro-energia e del costante rincaro dei pezzi di ricambio, voce che incide per circa il 70% sul costo medio delle riparazioni. Gli operatori del settore sono riusciti solo in parte ad assorbire i maggiori costi a loro carico. Ulteriori aumenti sono previsti quest’anno, con i costi degli interventi destinati a salire in media del 15% rispetto a inizio 2022».

Quindi non c’è solo il caro-benzina. Il trasporto si conferma un prezioso bancomat per il fisco.

I conti li fa Gian Primo Quagliano, presidente del Centro studi Promotor: «Nel 2021 la spesa degli italiani per l’acquisto di autoveicoli, per il carburante, la manutenzione, l’assicurazione, i parcheggi, le tasse e i pedaggi autostradali è ammontata a 189 miliardi di euro pari al 10,1% del Pil. Il consuntivo 2022 dovrebbe arrivare vicino a 200 miliardi di euro. Il prelievo fiscale per tutto quanto concerne l’auto è stato calcolato, nel 2019, in 76 miliardi».