AIFI-KPMG: NEL 2021 SI È REGISTRATO IL RECORD ITALIANO PER NUMERO DI OPERAZIONI (1.165)
di Marco Capponi
È stato l’anno della fusione tra Psa e Fca, valutata quasi 20 miliardi di euro, quello del deal da 6 miliardi tra Nexi e Sia e dell’acquisizione da parte della Essilux di Leonardo Del Vecchio su GranVision per 7,2 miliardi. Nel complesso l’attività di m&a italiana ha raggiunto nel 2021 il record storico in termini di volumi: 1.165 operazioni, per un controvalore di 98 miliardi di euro. Anche questo un massimo, ma relativo: si tratta infatti del livello più alto dopo la grande crisi finanziaria del 2008. A rilevarlo sono stati Aifi e Kpmg nel rapporto Il mercato m&a 2021, trend 2022 e deal pipeline, pubblicato nella giornata di ieri. «A trainare il mercato c’è stato anzitutto un fattore meccanico», ha spiegato a MF-Milano Finanza Innocenzo Cipolletta, presidente di Aifi, «perché molte operazioni previste nel 2020 sono state rimandate all’anno successivo causa pandemia». Ma questa dinamica non è in grado da sola di spiegare la portata del fenomeno. «Il Covid», ha aggiunto Cipolletta, «ha accentuato la necessità delle imprese di compiere un’autentica rivoluzione di carattere tecnologico, oltre a quella climatica, e ha al contempo generato sofferenze in termine di capitali, di cui le aziende hanno sempre più bisogno». Con regole di stabilità finanziaria sempre più stringenti, che hanno imposto paletti al tradizionale canale di finanziamento bancario, «la finanza alternativa ha assunto un ruolo via via più importante, che si è riflesso in ultima istanza nel boom dell’attività di m&a».

Il rapporto evidenzia inoltre che oltre la metà dei deal, il 57%, ha avuto come protagoniste aziende italiane che si sono dirette verso l’estero, con un controvalore di queste operazioni pari a 56 miliardi (+155% annuo). «Le imprese che devono adeguarsi a nuove tecnologie e nuovi mercati», ha evidenziato il numero uno di Aifi, «possono scegliere di farlo con la crescita interna, ma molto più lentamente, o con quella esterna, scommettendo su target che hanno già le tecnologie e i sistemi di cui si ha bisogno e acquisendoli». Non a caso, per il 2022 un professionista del m&a su tre (35%) vede l’acquisizione di nuove tecnologie come driver principale delle operazioni, più di quelli (17%) che considerano l’ingresso in nuovi mercati come necessità prioritaria dei deal. Poste queste premesse, e viste anche le sofferenze pandemiche, dove si trovano i capitali necessari al m&a? «Non arrivano più a debito dalle banche», ha puntualizzato Cipolletta, «ma dai capitali di rischio: i partner finanziari prediletti sono ormai i fondi di private equity».

Tra le operazioni superiori al miliardo di euro del 2021 cinque hanno coinvolto primari operatori del private equity. Oltre a questi maxi-deal però «i fondi piccoli e medi continuano a scommettere sul mercato delle pmi, il vero motore pulsante dell’economia italiana», ha aggiunto il presidente di Aifi. Infine, riguardo alle opa (nel 2021 sono state 21, per un controvalore di circa 9 miliardi) Cipolletta è convinto che, anche se finalizzate al delisting, queste operazioni non si pongono in contrapposizione con la borsa: «Nella maggior parte dei casi i private equity comprano, ristrutturano l’azienda e poi tornano». Per non parlare dei private equity quotati, «un modo vincente per richiamare anche gli investitori privati all’interno dei fondi, tramite il mercato pubblico». (riproduzione riservata)
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