di Mauro Romano
Una nuova proposta è stata recapitata sul tavolo del confronto sulla nuova riforma previdenziale: pensione a discrezione dei lavoratori e indipendentemente dai contributi maturati con una penalizzazione del 3% su ogni anno di anticipo rispetto a quella di vecchiaia. Un taglio che riguarderebbe però esclusivamente la parte retributiva della pensione. L’ipotesi è stata formulata da Michele Reitano, membro della Commissione tecnica istituita dal ministero del Lavoro per studiare la questione della separazione dell’assistenza dalla previdenza, che suggerisce anche una tutela previdenziale per tutte le categorie di lavoratori più fragili. Un’indicazione contenuta nella relazione di fine mandato del Consiglio di indirizzo e vigilanza (Civ) dell’Inps in forma di valutazione «esperta» sul tema delle prestazioni previdenziali. Nella sua relazione di fine mandato il presidente del Civ, Guglielmo Loy ha ripercorso luci ed ombre dell’Istituto nell’ultimo quadriennio, con «la pandemia che ha fatto sì che l’Istituto diventasse centrale nel sistema di protezione sociale, con compiti nuovi e un innegabile aumento di lavoro». Tra i dati presenti nella relazione è emerso tra l’altro che sono oltre 144mila le lavoratrici donne che sono andate in pensione tra il 2012 e fine settembre del 2021, grazie a Opzione donna, la misura che consente di anticipare la pensione calcolando l’assegno interamente con il sistema contributivo per chi ha comunque un’età minima (58 le dipendenti e 59 le autonome l’anno scorso e quest’anno al quale si aggiunge poi un anno di finestra mobile) e almeno 35 anni di contributi. Mentre al 30 settembre 2021 risultavano liquidati poco più di 355mila trattamenti con Quota 100 per un costo fino a quel momento di 19,5 miliardi, pari a meno della metà del fabbisogno complessivo di oltre 46 miliardi previsto dal decreto legge istitutivo di inizio 2019 dei pensionamenti con almeno 62 anni d’età e 38 di contributi. Dalla relazione emerge poi che i contenziosi costano cari all’istituto presieduto da Pasquale Tridico, con 200-230 milioni di euro di spese giudiziarie sostenute ogni anno, pari a poco meno del 10% di tutte le risorse disponibili per le spese di funzionamento dell’Inps, al netto del personale. (riproduzione riservata)

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