CIRASOLA (GRUPPO GENERALI ITALIA): DONNET È DALLA NOSTRA PARTE MA BEN VENGA CHI RILANCIA LA COMPAGNIA TRIESTINA ALL’ESTERO
di Anna Messia
Con in mano un pacchetto di circa 10 milioni di azioni, diviso tra investimenti diretti e titoli acquistati dal loro fondo previdenziale, gli agenti di Generali Italia, racchiusi in Ga-Gi, sono pronti a partecipare all’assemblea che il prossimo 29 aprile deciderà il nuovo assetto di governance della prima assicurazione italiana. L’influenza maggiore gli agenti della compagnia, guidati dal presidente Vincenzo Cirasola, sono però pronti a farla valere sul business dell’insurance. A oggi sono loro l’asse portante del gruppo. Tramite le agenzie passa gran parte dell’attività del Leone in Italia, con un ruolo residuale affidato alla bancassicurazione o alla vendita diretta. Guardando al futuro, in questi mesi di guerre frontali tra azionisti, la loro intenzione non è quella di schierarsi per una o per l’altra lista che si presenterà alla prossima assemblea di primavera, spiega Cirasola in questa intervista rilasciata a MF-Milano Finanza: «Vogliamo solo avere rassicurazioni che, chiunque gestirà la compagnia, continuerà a mettere gli agenti al centro del modello Generali, sapere che Generali resterà italiana e che chiunque la guiderà spingerà per la sua ulteriore crescita». Più volte negli ultimi anni, ricorda Cirasola, le Generali si sono trovate alle prese con profondi cambiamenti. Come nel 2016, quando Mario Greco lasciò il gruppo alla volta di Zurich e bisognava trovare un nuovo ceo in una fase cruciale per la compagnia. Poi ancora nel 2017, quando a muovere fu Intesa Sanpaolo per valutare possibili combinazioni industriale con Generali, decidendo successivamente di soprassedere. «In entrambi i casi intervenimmo tempestivamente», ricorda Cirasola, e anche ora «siamo pronti a scendere in campo se ce ne sarà bisogno».

Domanda. Il feeling di Greco, particolarmente amato da analisti e mercato, con gli agenti di assicurazione, si racconta, non è mai stato particolarmente buono. Come suo successore, nel 2016, venne scelto Philippe Donnet, che voi agenti conoscevate già come amministratore delegato di Generali Italia. Com’è andata in questi anni?

Risposta. Allora, come gruppo agenti insieme ai colleghi di Francia e Germania, scrivemmo al presidente Gabriele Galateri di Genola che aveva assunto pro tempore le deleghe per avere garanzie che venisse individuato un amministratore delegato che tenesse conto del valore degli agenti di assicurazione. Così è stato. In questi anni tutti gli investimenti in digitalizzazione della compagnia sono stati al servizio delle agenzie, con gli agenti che sono rimasti al centro della strategia e anche il nuovo piano industriale, presentato a novembre scorso da Donnet, conferma questa impostazione, con la vendita diretta che occupa un ruolo residuale nel gruppo.

D. Suona come un sostegno piuttosto esplicito alla lista che, con il sostegno di Mediobanca, sta mettendo a punto il board e che prevede la riconferma di Donnet per un altro mandato. È cosi?

R. Non è questione di schieramenti. Ben vengano investitori pronti a rilanciare la compagnia a livello internazionale (come promettono di fare i pattisti che raccolgono oltre il 16% del capitale apportato da Francesco Gaetano Caltagirone, Leonardo Del Vecchio e Crt, ndr). L’importante è che le Generali restino italiane e indipendenti e che, come detto, venga riconosciuto il ruolo centrale delle agenzie in gestione libera. Seppur possano sembrare per qualcuno più costose rispetto ad altri canali distributivi diretti, la consulenza professionale ha un costo e la storia ha confermato che danno valore e stabilità alla compagnia. Non è un caso che, durante la pandemia, nonostante il maggior uso di internet, gli agenti d’assicurazione abbiamo visto crescere il loro ruolo, confermando così l’importanza della relazione e della fiducia con i clienti, che sono poi il vero patrimonio di tutte le aziende, in particolare delle compagnie di assicurazioni.

D. Un altro momento cruciale fu con Intesa Sanpaolo nel 2017. Cosa avvenne?

R. Il timore era che il controllo passasse a una banca poco abituata a relazionarsi con agenti di assicurazione, che non sono dipendenti ma dei liberi professionisti, e lo dicemmo pubblicamente. Poi le cose sono andate come noto. Ora siamo a un nuovo passaggio cruciale. (riproduzione riservata)
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