DOPO CALTAGIRONE ANCHE BARDIN, RAPPRESENTANTE DI MISTER ESSILUX, LASCIA IL CDA
di Manuel Follis e Anna Messia
Dopo le dimissione di giovedì 13 del vicepresidente vicario Francesco Gaetano Caltagirone, anche Romolo Bardin, rappresentante di Leonardo Del Vecchio, ha deciso ieri di lasciare il consiglio di amministrazione Generali. Una decisione motivata «dalle modalità operative e ad alcune scelte del consiglio e dei comitati a cui partecipa, con particolare riguardo anche al processo di formazione della lista del consiglio di amministrazione», si legge nel comunicato della compagnia. I toni sembrano meno aspri di quelli usati da Caltagirone nella lettera inviata giovedì per motivare la sua uscita dove aveva detto di essere stato «osteggiato» e «impedito dal dare il proprio contributo critico e ad assicurare un controllo adeguato» e che «la maggioranza del consiglio ha agito e agisce in modo preordinato alla tutela degli interessi del socio di minoranza relativa (Mediobanca, ndr)». Ma la sostanza non cambia. La spaccatura, a questo punto, è netta e dopo l’uscita dal cda Caltagirone, all’8,04% della compagnia e Del Vecchio (16,19%) che insieme a Crt (1,538%) hanno sottoscritto un patto che rappresenta al momento il 16,196% della compagnia, avranno ora le mani libere per crescere ancora, senza vincoli di internal dealing, e potranno avvicinarsi a ridosso del 20% di Generali, superando il 17,22% di Mediobanca (di cui il 4,43% a prestito) senza fare alcuna comunicazione al mercato.

Intanto il prossimo appuntamento importante in vista dell’assemblea del 29 aprile per il rinnovo della governance per la prima compagnia assicurativa italiana è fissato già per oggi. Nel pomeriggio si riunirà il consiglio di amministrazione per votare la long list, ovvero una lista che conterrà una ventina di nomi (il 50% in più dei componenti) che saranno indicati dal board come possibili candidati per il nuovo cda e non è ancora chiaro se i loro nomi saranno comunicato al mercato. Poi, nella prima decade di febbraio, dovrà essere composta la short list (30% in più dei candidati), insieme al parere di orientamento agli azionisti, per arrivare alla lista definitiva a metà marzo. Se sulla ricandidatura di Philippe Donnet come group ceo della compagnia non ci sono dubbi il confronto sulla presidenza resta ancora aperto e accanto al nome dell’uscente Gabriele Galateri sul mercato si fanno i nomi di Diva Moriani, Patrizia Grieco o Emma Marcegaglia. In ogni caso la procedura presenta ancora alcuni aspetti da chiarire, in particolare per quanto riguarda il numero minimo dei consiglieri. Lo statuto di Generali fissa a 13 il numero minimo dei membri. Dopo l’uscita di Caltagirone e Bardin sono però scesi a 11 e tra l’altro non si escludono nuove defezioni di rappresentanti vicini ai pattisti, ma non è ancora chiaro se i 13 membri vadano ricostituiti o se si potrà arrivare in assemblea con un numero minore, e i legali della compagnia sono al lavoro per capire gli spazi di manovra. Una questione che le authority monitorano attentamente e, secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza Ivass avrebbe già in programma un incontro con i vertici della compagnia nei prossimi giorni al riguardo. Anche Consob sta ovviamente seguendo l’evoluzione e tra l’altro (articolo qui accanto) dovrà presto pronunciarsi sui quesiti posti da Caltagirone per la procedura della lista del cda e soprattutto per il prestito titoli. L’attesa (oltre che per le mosse dei Benetton, vicini al 4% e finora rimasti silenti) è però soprattutto per la lista dei pattisti che a metà febbraio dovranno presentare il loro piano industriale alternativo a quello presentato da Donnet a fine novembre e soprattutto un management capace di convincere il mercato (con gli istituzionali al 34%) che per Generali è ora di un nuovo corso rispetto al passato. Nel frattempo cresce la sensazione che la prossima assemblea di fine aprile non per forza sarà l’appuntamento decisivo che metterà fine alle ostilità all’interno dell’azionariato del Leone di Trieste. Numeri alla mano (e qualora l’esito dell’assise non fosse positivo) i pattisti potrebbero infatti chiedere a stretto giro una nuova convocazione dei soci. Una scelta che qualcuno fa notare potrebbe irritare alcuni dei fondi internazionali, ma che non si può escludere. Molto dipenderà da come si disporranno i voti in assemblea. (riproduzione riservata)

Il silenzio di Consob & C non è d’oro
Francesco Gaetano Caltagirone si è dimesso dal cda delle Generali, così come Romolo Bardin, luogotenente di Leonardo Del Vecchio e capo di Delfin. Il cda del Leone prepara comunque la lista lunga per martedì 18 con Philippe Donnet capofila e pronto al tris come ceo in quella poi definitiva. E la Consob? Ancora non si sa nulla della decisione della Commissione di borsa sul quesito posto da Caltagirone e sottoposto peraltro anche a consultazione pubblica, sulla praticabilità o meno di una lista di un cda uscente. Eppure il guardiano di Piazza Affari dovrebbe esprimersi di fronte a una società vigilata, spaccata tra il gruppo di controllo che fa riferimento e Mediobanca e quello dei pattisti Caltagirone-Del Vecchio. La stessa cosa si può dire per Ivass, l’organo di controllo delle assicurazioni e per la Banca d’Italia, che pur sempre è l’istituzione preposta alla vigilanza bancaria. Il tempo passa e aprile, mese decisivo per le scelte in Generali, si avvicina, mentre gli azionisti e il mercato vorrebbero saper qualcosa di più che leggere le quotidiane cronache sui giornali. In questo caso, il silenzio non è d’oro. Qualcuno parli, poi vinca il migliore secondo l’adagio di Enrico Cuccia: chi ha i soldi vince. (riproduzione riservata)

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