UNA PANORAMICA DELLE CONSEGUENZE PENALI PER L’INDEBITA FRUIZIONE DEI CREDITI D’IMPOSTA
di Stefano Loconte e Giulia Maria Mentasti
Aumentano a macchia d’olio le accuse e i procedimenti per indebita fruizione dei crediti d’imposta relativi ai bonus edilizi, tra cui in particolare il Superbonus 110%, con gravose conseguenze non solo tributarie, ma anche penali: è quanto consegue dalle cifre a nove zeri emerse dai controlli a tappeto dei mesi scorsi, che hanno portato il governo a una stretta ancora maggiore attraverso il decreto «antifrode» (dl n. 157/2021).Quattro miliardi infatti è l’ammontare dei crediti fittizi reso noto dal presidente del Consiglio, Mario Draghi, nella conferenza stampa di fine anno. A novembre, la denuncia era arrivata direttamente dall’Agenzia delle entrate: il direttore, Ernesto Maria Ruffini, aveva lanciato l’allarme frodi sul superbonus parlando di 800 milioni di euro di crediti inesistenti.

La stretta del decreto anti-frode. Da qui l’esigenza, per arginare l’ondata, di adottare il decreto legge 11 novembre 2021, n. 157, con cui sono state introdotte disposizioni urgenti per contrastare i comportamenti fraudolenti in materia di detrazioni per lavori edilizi e cessioni dei crediti, rafforzando le misure che presidiano le modalità di fruizione dei suddetti crediti d’imposta e detrazioni, nonché disciplinando, razionalizzando e potenziando l’attività di accertamento e di recupero da parte dell’Agenzia delle entrate.E con l’aumentare dei controlli, cresce anche il rischio per plurimi soggetti di incorrere non solo in violazioni amministrative, ma anche nella commissione di reati tributari.

Quando la fattura è falsa. I contribuenti a vario titolo coinvolti nell’esecuzione o fruizione delle opere potrebbero essere chiamati a rispondere dei reati di emissione e utilizzo di fatture false non solo quando il lavoro sia totalmente fittizio, ma anche qualora gli importi risultino gonfiati.

Infatti, il dlgs n. 74/2000, con le definizioni fornite dall’art. 1, contempla tre modelli di falsificazione, ovvero le «operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte»; «l’indicazione dei corrispettivi o dell’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale», cioè le sovrafatturazioni; il riferire «l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi».

Così che, come confermato dalla giurisprudenza di legittimità ancora di recente (Cass. pen., 15 novembre 2019, n. 1998) la rilevanza penale sussiste sia nell’ipotesi di inesistenza oggettiva dell’operazione, cioè quando non sia stata posta mai in essere nella realtà, sia in quella di inesistenza soggettiva, ossia quando l’operazione vi sia stata ma per quantitativi inferiori a quelli indicati in fattura, sia infine nel caso di sovrafatturazione qualitativa, nel quale la fattura attesti la cessione di beni e/o servizi aventi un prezzo maggiore di quelli forniti.

Opere mai realizzate e frode fiscale. Laddove dunque la condotta fraudolenta abbia a oggetto opere mai realizzate o compiute solo in parte o, ancora, lavori sovrafatturati, in capo a chi utilizzi le fatture in dichiarazione scattano le manette per il delitto di «Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti» di cui all’art. 2, dlgs 74/2000.

Chiara, infatti, la Cassazione (cfr. Cass. pen. n. 51027/2015) nell’individuare l’oggetto della repressione penale in ogni tipo di divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale e nel ritenere sussistente il reato non solo quando l’operazione non sia stata mai posta in essere nella realtà, ma anche quando vi sia stata, ma per quantitativi inferiori a quelli indicati in fattura.

Emissione di fatture false. Specularmente, in capo all’impresa che esegue i lavori, e quindi che emette le fatture, sarà configurabile il delitto previsto dall’art. 8 dlgs 74/2000 sia nel caso in cui i lavori non vengano svolti, ovvero riguardino interventi del tutto differenti rispetto a quelli previsti per l’accesso al bonus 110%, sia nel caso di sovrafatturazione dei lavori pur effettivamente eseguiti, per beneficiare di un maggiore credito di imposta rispetto a quello realmente spettante, nonché per far rientrare nella spesa anche interventi non ricompresi tra quelli contemplati dal decreto Rilancio. Ancora, ha rilevanza penale l’ipotesi in cui l’emittente la fattura sia un soggetto diverso dalla ditta che ha effettivamente realizzato le opere, e la falsità documentale sia presumibilmente riconducibile all’esigenza di identificare un soggetto che possa in concreto utilizzare il credito ceduto dal cliente.

Assenza dei requisiti e dichiarazione fraudolenta. Quando invece vi è stata realizzazione effettiva dei lavori, con corrispondente emissione di fatture, ma per qualsivoglia ragione (ad esempio inosservanza adempimenti, superamento soglie, assenza parziale dei requisiti) la detrazione non spetti in tutto o in parte, il reato di cui si rischia di essere accusati è quello di cui all’art. 3 dlgs 74/2000, che punisce con la reclusione da 3 a 8 anni la dichiarazione fraudolenta di chi si avvalga di documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti idonei a ostacolare l’accertamento e ad indurre in errore l’amministrazione finanziaria mediante altri artifici.

Nella nozione di mezzo fraudolento rientra infatti la predisposizione di asseverazioni e di attestati ideologicamente falsi, nonché le altre azioni che potrebbero consentire di accedere al beneficio o di ottenerlo in misura superiore al dovuto, considerato che le suddette definizioni di apertura al dlgs 74/2000 chiariscono che per «mezzi fraudolenti» si intendono condotte artificiose attive nonché quelle omissive realizzate in violazione di uno specifico obbligo giuridico, che determinano una falsa rappresentazione della realtà.

Per incorrere nel reato dovranno essere tuttavia superate entrambe le soglie di punibilità previste dalla norma, ovvero l’imposta evasa dovrà attestarsi oltre i 30 mila euro e l’ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute fittizie in diminuzione dell’imposta deve essere superiore al cinque per cento dell’ammontare dell’imposta medesima o comunque a 30 mila euro.

Indebita compensazione. Ancora, va preso in esame il caso in cui il soggetto terzo (fornitore dell’opera mediante sconto in fattura o terzo estraneo alle opere), consapevole della assenza dei requisiti per accedere al beneficio e delle azioni fraudolente sopra descritte. sia divenuto titolare del credito di imposta e ne abbia fatto uso ai fini del calcolo dell’imposta netta. Poiché il credito di imposta viene utilizzato direttamente nella liquidazione dell’imposta attraverso la compilazione del modello F24, nella frazione spettante per ciascuna annualità di imposta, l’imputabilità del credito in compensazione dell’imposta lorda rende applicabile l’art. 10-quater dlgs 74/2000, che al comma 2 punisce con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni proprio chi non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, crediti inesistenti. Quale soglia di punibilità, l’importo annuo dei suddetti crediti deve essere superiore ai cinquantamila euro.

I rischi penali per banche. Particolare attenzione si impone dunque per i soggetti intermediari (banche, poste, altri istituti), a cui il decreto Rilancio (dl n. 34/2020) ha espressamente vietato di procedere all’acquisizione del credito ogniqualvolta, secondo la normativa antiriciclaggio, scatta l’obbligo di segnalazione all’Uif e di astensione. Si tratta dei casi di operazioni sospette, per la cui individuazione la relazione illustrativa del dl antifrodi ha esplicitato la necessità di tener conto dell’eventuale natura fittizia dei crediti stessi, della presenza di cessionari dei crediti che pagano il prezzo della cessione con capitali di possibile origine illecita, nonché dello svolgimento di abusiva attività finanziaria da parte di soggetti privi delle prescritte autorizzazioni che effettuano plurime operazioni di acquisto di crediti da un’ampia platea di cedenti. Con l’ulteriore precisazione, fornita dalla recente circolare 16/E dell’Agenzia delle entrate, per cui per i suddetti soggetti che procedano all’acquisto del credito nonostante ricorrano i presupposti per la segnalazione di operazioni sospette, tale condotta è valutata anche ai fini del concorso nelle violazioni relative all’utilizzo dei crediti in argomento.
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