Pagina a cura di Giancarlo Marzo e Irene Barbieri*
Nuovo impulso ai Pir alternativi per dare ossigeno all’economia reale. Infatti, chi sottoscrive un Piano di investimento a lungo termine, nel 2021, in pmi italiane anche non quotate, può accedere a un altro sconto fiscale. Si tratta di un credito di imposta sulle eventuali perdite subite, da spalmare in dieci rate annuali e solo al verificarsi di due condizioni. A prevederlo è stata la legge di Bilancio 2021, che segue a ruota le modifiche introdotte anche dal decreto Rilancio.

E proprio in riferimento all’evolversi della normativa che regola i Piani di risparmio a lungo termine (il dl n. 124 del 2019, il cosiddetto decreto Rilancio e da ultimo la legge di Bilancio 2021), l’Agenzia delle entrate ha emanato una bozza di circolare sulla quale, dal 19 gennaio scorso e fino al prossimo 16 febbraio, è stata aperta una consultazione pubblica. Il documento di prassi intende fornire un quadro generale e unitario della disciplina dei Pir e delle modifiche legislative susseguitesi nel corso del tempo. I soggetti interessati, risparmiatori e operatori del settore, possono inviare le proprie osservazioni e proposte all’indirizzo di posta elettronica dc.pfl aenc.settoreconsulenza@agenziaentrate.it.

Le novità sui Pir alternativi. Non si arresta il tentativo del governo di incentivare l’utilizzo dei Piani individuali di risparmio. Soprattutto mentre il Paese rimane stretto nella morsa della crisi epidemiologica da Covid-19. Per un verso, infatti, drenando risorse al Made in Italy, i Pir consentono al tessuto produttivo italiano di ripartire, a dispetto degli effetti devastanti della pandemia e del prolungato lock-down di questi ultimi mesi. Per l’altro verso, garantiscono una chance di investimento a tutti gli italiani che, facendo di necessità virtù, sono riusciti a tagliare i consumi in tempo di quarantena e, quindi, a migliorare la propria capacità di risparmio.

Così, l’art. 1, comma 219 della legge 30 dicembre 2020, n. 178, la manovra 2021, rinnova i benefici fiscali connessi ai Pir alternativi, delineati dal decreto Rilancio (dl n. 34/2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 77/2020) e modificati, in ultimo, dall’art.68 del cosiddetto decreto Agosto (dl n. 104/2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 126/2020). Lo ha fatto introducendo un credito di imposta per le persone fisiche titolari di un Piano costituito dal 1° gennaio 2021, relativamente agli investimenti in strumenti finanziari qualificati effettuati entro il 31 dicembre 2021. Il credito di imposta, pari a minusvalenze, perdite e differenziali negativi realizzati ai sensi dell’art. 67 del dpr n. 917/1986 (cosiddetto Tuir), potrà essere goduto al ricorrere di una duplice condizione:

(i.) che gli strumenti finanziari siano stati detenuti per almeno cinque anni;

(ii.) che il Tax credit non ecceda il 20% dell’investimento iniziale.

Sotto il profilo squisitamente operativo, il credito sarà utilizzabile in dieci quote annuali di pari importo a partire dalla dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui minusvalenze, perdite e differenziali negativi si considerano realizzati ai fini delle imposte sui redditi, oppure in compensazione tramite F24. Questo significa che, se per esempio, il 18 gennaio 2021, una persona fisica investe 200 mila euro in un Pir alternativo e, dopo cinque anni, procede alla sua liquidazione registrando una perdita pari al 25% del Piano (50 mila euro), avrà la possibilità di beneficiare di un credito di imposta pari a 40 mila euro (il 20% dei 200 mila euro inizialmente investiti). Dunque, già a partire dalla dichiarazione dei redditi 2025, potrà utilizzare il suddetto credito in dieci rate annuali di 4 mila euro ciascuna, compensando la restante perdita (10 mila euro) con altre plusvalenze generate dai redditi diversi nei quattro periodi d’imposta successivi.

Si tratta, evidentemente, di un’agevolazione ulteriore pensata per i Pir di ultima generazione, che si affianca alla tradizionale detassazione sui redditi di capitale, ex art. 44 del Tuir e sui redditi diversi di natura finanziaria, ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. da c-bis) a c-quinquies) del Tuir, nonché all’esenzione totale da imposte di successione e donazione per il trasferimento mortis causa e inter vivos degli strumenti finanziari contenuti nel Piano stesso.

Di più. Come stabilito dal comma 222, il nuovo tax credit sui Pir alternativi sfugge tanto ai limiti di legge normalmente previsti dall’art. 1, comma 53 della legge n. 244/2007 per l’utilizzo dei crediti di imposta da quadro RU della dichiarazione dei redditi, pari a 250 mila euro, quanto ai vincoli in fatto di compensabilità di cui all’art. 34 della legge n. 388/2000, individuabili nell’importo di 700 mila euro.
Inoltre, laddove il Pir contenga strumenti finanziari appartenenti alla stessa categoria omogenea, ai fini della determinazione dell’eventuale perdita, a mente del comma 223, l’investitore dovrà considerare ceduti per primi i titoli che sono stati acquistati per primi e individuare come costo quello medio ponderato.

Tuttavia, onde evitare una duplicazione dell’agevolazione fiscale correlata alle perdite, il comma 224 stabilisce, a chiusura, che tali componenti negative agevolate non possano essere utilizzate o portate in deduzione in caso di future componenti reddituali positive.

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I ritocchi per far confluire risorse alle pmi
Ma cosa s’intende per Pir alternativi? Si tratta della versione 2.0 dei più tradizionali Pir, gli strumenti di investimento paziente introdotti nel nostro ordinamento con la manovra del 2017 e successivamente integrati dal decreto fiscale collegato alla legge di Bilancio 2020, che si presentano come «contenitori fiscali», variamente componibili (Oicr, deposito titoli, polizze assicurative, gestioni patrimoniali ecc.) all’interno dei quali è possibile immettere denaro e/o strumenti finanziari di vario genere (per es. azioni). Come i Pir tradizionali, anche i Pir alternativi godono della totale detassazione sugli utili, sul capital gain, sui dividendi e sono esonerati dal pagamento delle imposte di successione e donazione, purché l’investimento sia mantenuto per un periodo minimo di 5 anni (cosiddetto holding period) e il 70% del valore complessivo del fondo sia investito in strumenti, anche non quotati, emessi o stipulati da imprese residenti in Italia o in Stati europei aventi attività stabile in Italia.

Tuttavia, a differenza dei Pir tradizionali, quelli alternativi sono stati ideati con il precipuo obiettivo di drenare risorse alle pmi non quotate che, a seguito dell’emergenza sanitaria, hanno visto moltiplicarsi le difficoltà di accesso al capitale.

Pertanto, il decreto Rilancio ha stabilito che il Pir alternativo concentri, per non meno di due terzi dell’anno solare di durata del piano, almeno il 70% dei suoi investimenti in capitale sia di rischio che di debito, e precisamente in:

a) strumenti finanziari, anche non negoziati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, emessi o stipulati con imprese radicate in Italia, diverse da quelle i cui titoli azionari formano i panieri degli indici Ftse Mib e Ftse Mid Cap della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati;

b) prestiti erogati alle predette imprese;

c) crediti delle medesime imprese.

Ed è proprio la concessione di prestiti e l’acquisizione dei crediti delle medesime imprese a cui il Piano è rivolto rappresenta la principale novità del Pir alternativo. Si tratta di un oggetto di investimento tipicamente illiquido, rappresentato da fonti di finanziamento estranee al canale bancario, da cui è scaturita la revisione anche dei tradizionali limiti di concentrazione e di investimento del portafogli. In effetti, per i Pir alternativi il vincolo di concentrazione, ossia la possibilità di acquisire strumenti finanziari di uno stesso emittente, è stato innalzato dal 10 al 20%, così come la soglia massima di investimento, che è passata dai 30 mila euro annui per un limite complessivo di 150 mila a, rispettivamente, 150 mila annui e 1.500.000 euro totali.

Con l’art. 68 del decreto Agosto, poi, la soglia annuale di investimento è stata portata a 300 mila euro, sui consueti 1.500.000 euro complessivi, così raddoppiando le risorse fatte confluire a sostegno del tessuto produttivo italiano. Una misura, questa, che risponde agli inviti di Bruxelles di rendere più agevole l’ingresso delle imprese nei mercati finanziari.

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