Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

 

La seconda ondata dell’emergenza epidemiologica rischia di incidere in maniera ancora più penetrante sul sistema economico italiano, con impatti anche sul sistema pensionistico e sul welfare. Dopo le misure inserite in Legge di Bilancio (la proroga di un anno di opzione donna e Ape sociale, una nuova salvaguardia per gli esodati e il restyling di strumenti per la gestione del turnover aziendale, come il contratto di espansione e l’isopensione) e in attesa del tavolo di concertazione 4.0 per il dopo quota 100, contribuiscono al dibattito le recenti considerazioni espresse dal governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, e dal presidente dell’Inps, Pasquale Tridico. Intervenendo agi Stati generali delle pensioni organizzati da Deutsche Bank e Università Bocconi, Visco ha evidenziato come già prima della pandemia in molti Paesi avanzati il livello del debito pubblico risultava alto in prospettiva storica. Nell’area dell’euro, la causa principale era l’eredità della crisi dei debiti sovrani. Anche la sostenibilità dei sistemi pensionistici era oggetto di attenzione, dal momento che l’effetto dell’invecchiamento della popolazione sulla spesa pubblica appariva solo in parte compensato dall’inasprimento dei requisiti per il pensionamento. La pandemia e le misure adottate per il suo contenimento hanno esacerbato i problemi. Il rapporto tra debito pubblico e prodotto aumenterà ovunque per effetto della recessione e delle misure espansive discrezionali. L’aumento della disoccupazione si rifletterà, almeno nel breve periodo, in più alti tassi di pensionamento e in minori entrate contributive.
Nel 2020 le strategie di investimento più semplici si sono rivelate anche le più efficaci: non vendere nei momenti di panico e cogliere le occasioni dei ribassi, a maggior ragione quando questi si manifestano in modo repentino come è accaduto allo scoppio della pandemia. Tra fine febbraio e metà marzo 2020, per citare solo un caso, l’indice Ftse Mib di Piazza Affari ha perso oltre il 43%. Ma dai minimi il guadagno nel resto dell’anno è stato ben superiore per chi ha investito nel momento peggiore, +57%, perché lo shock della pandemia ha scatenato in poche sedute una notevole ondata di vendite, seguita poi da un rally che è proseguito per il resto dell’anno, prima grazie alle big-tech e poi, sul finale, con i titoli value. L’anno per le borse sarà ricordato per la forte volatilità insieme alle rotazioni settoriali.
Ma navigare in questi mercati non è stato facile, anche perché il turbolento 2020 è arrivato dopo un 2019 che invece era stato brillante per gli investitori. Un cambio drastico di scenario che nella sua imprevedibilità ricorda per la magnitudo dei crolli la grande crisi del 2008, la Brexit del 2016 o la bolla Internet del 2000, anche se allora, a differenza di oggi, la correzione era stata provocata da fattori endogeni alla finanza e alla politica.
Il 1° gennaio il Regno Unito sotto la guida del primo ministro Boris Johnson è uscito dall’Unione europea e ora Londra si trova in area extracomunitaria. Tuttavia Uk e Ue hanno siglato poco prima di Natale solo un accordo quadro per evitare l’hard Brexit che per ora non contempla uno dei capitoli più importanti, gli accordi finanziari. Come ha spiegato Banca d’Italia, «l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea comporta conseguenze rilevanti sulla prestazione dei servizi ai clienti europei da parte degli intermediari britannici». Ma che cosa è cambiato nel concreto e che cosa devono fare oggi gli italiani clienti di banche, assicurazioni e gestori di fondi con sede a Londra? Ecco dieci punti da tenere a mente.
Le compagnie di assicurazione captive create dalle grandi imprese italiane all’estero per coprire parte dei loro rischi sono pronte a tornare in Italia e chiedono all’Ivass, e se necessario al legislatore, di rivedere la normativa per rendere possibile il rimpatrio. In ballo ci sono circa 1.500 società captive solo nell’Unione europea e se si guarda ai premi assicurativi complessivi che fanno capo a imprese della Penisola la stima è di circa 1,5-2 miliardi di euro. Somme che se tornassero in Italia potrebbero di sicuro essere utili anche alle casse dell’erario. Ma non solo.
Afine 2020 Generali Global Infrastructure, boutique di gestione della compagnia triestina focalizzata sugli investimenti in infrastrutture, ha lanciato due fondi che intendono sostenere il rilancio delle economie europee messe in ginocchio dal Covid-19. Investono in debito ed equity nei mercati privati (non quotati) in un’asset class, quella delle infrastrutture, che secondo la visione del gruppo, è in grado di combinare rendimenti solidi ed attraenti nello scenario di tassi bassi, e un impatto positivo su ambiente e società. Come spiega a MF-Milano Finanza Philippe Benaroya, ceo di Generali Global Infrastructure e fondatore, insieme a Alban de La Selle e Gilles Lengaigne, della società che fa parte della piattaforma multi-boutique di Generali Investments.
HDI Obiettivo Futuro è un prodotto assicurativo sulla vita, dedicato al risparmio, che si appoggia ad un Pac agganciato ad un prodotto finanziario robusto e sicuro. La polizza è pensata per coloro che mirano ad offrire a figli o nipoti un capitale per finanziare progetti importanti, attraverso una forma di accumulazione del risparmio poco influenzata dai saliscendi dei mercati finanziari. Ed infatti, a seguito del versamento del premio annuo costante, è prevista la corresponsione di un capitale, annualmente rivalutato, in funzione del rendimento della gestione separata Fondo Futuro. HDI Assicurazioni dichiara entro il 31 dicembre di ciascun anno il rendimento annuo da attribuire agli assicurati, ottenuto moltiplicando il rendimento lordo della gestione separata Fondo Futuro per un’aliquota di partecipazione pari all’80%. Ad esempio, il 2,71% lordo generato da Fondo Futuro nel 2019 si tramuta in un +2,17% da corrispondere agli assicurati. Meccanismo che può venire utile soprattutto in anni dove i rendimenti sono scarsi, dove l’applicazione di un costo annuo fisso (ad esempio 1,2%) eroderebbe buona parte dei guadagni per gli assicurati.

Intesa Sanpaolo si è accordata con Prudential Financial per rilevare il 35% non ancora posseduto in Pramerica: lo ha riferito l’agenzia Bloomberg. La banca guidata dall’amministratore delegato Carlo Messina deteneva già il 65% della sgr, ereditato dalla fusione con Ubi. L’operazione, attesa dal mercato dopo l’integrazione fra i due istituti, permette alla Ca’ de Sass di consolidare la propria posizione nell’ambito della gestione del risparmio e dei patrimoni, diventando il primo operatore in Italia.
Considerando i dati pubblicati nell’ultimo bollettino di Assogestioni relativo a novembre, in Italia il risparmio gestito ammonta a 2.393 miliardi di euro. La classifica dei fondi aperti e gestioni di portafoglio vede il gruppo Generali in testa con 544,5 miliardi di euro e una quota del 23,4% del mercato, mentre Intesa Sanpaolo è seconda con 508,19 miliardi e il 21,8%. Se a questo valore si somma la dote di 65 miliardi di patrimonio gestito in capo a Pramerica, la banca arriva a 573 miliardi, diventando leader nella gestione patrimoniale.
  • Poste, bene il bilancio del 2019
Il bilancio d’esercizio 2019 di Poste italiane spa ha riportato un utile netto di 661 milioni di euro, superiore di 77 mln rispetto all’anno precedente, alla cui realizzazione ha contribuito l’utile realizzato dal patrimonio separato BancoPosta. In crescita il patrimonio netto a 6,328 mld, gli investimenti industriali a 643 mln di euro (+40%) e i ricavi totali a 9,403 mld. Sono i dati salienti che emergono dalla Relazione sulla gestione finanziaria di Poste spa, approvata dalla Sezione controllo enti della Corte dei conti. Trend positivo per i ricavi, pari a 11,038 mld (+1,6%). Con riferimento al gruppo Poste italiane, la Corte rileva un utile di 1,342 mld, in diminuzione del 4,1%, mentre il risultato operativo è in crescita del 18,3% grazie anche alla componente fiscale straordinaria di cui ha beneficiato la controllata Poste vita. Tra le note di rilievo, gli investimenti nel settore It (circa 348 mln), che rappresentano il 54% degli investimenti complessivi.

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  • Napoli Voragine monstre nell’ospedale Covid
Un boato all’alba, poi il fumo. Una voragine larga almeno 50 metri si è aperta nel parcheggio dell’Ospedale del Mare, a Napoli, uno dei più esposti nella gestione della pandemia, anche al centro delle polemiche e di un’inchiesta sulla realizzazione della struttura modulare per il Covid. Non si sono registrati feriti né vittime. È stato evacuato il residence che ospitava 6 positivi asintomatici in quarantena, lo stesso dove, a metà dicembre, era rimasto per quattro giorni Emilio Fede. Nell’ospedale, senz’acqua fino a sera, la corrente elettrica è stata assicurata dai generatori e l’attività di emergenza non si è fermata. La Procura indaga per disastro colposo. La prima ipotesi è il crollo provocato da infiltrazioni d’acqua a causa delle piogge.

  • Anima, a dicembre raccolta a 515 milioni
Torna positiva la raccolta di Anima. A dicembre i flussi netti registrati dal gruppo del risparmio gestito (escluse le deleghe assicurative di Ramo I) sono stati pari a 515 milioni di euro, per un totale da inizio anno positivo per 638 milioni. L’ingresso di clienti istituzionali per oltre 600 milioni hanno più che compensato un andamento ancora marginalmente negativo per il segmento retail. A fine dicembre le masse gestite complessive del gruppo hanno raggiunto il massimo storico a oltre 194 miliardi.
  • LA SICUREZZA SUL LAVORO PASSERà DAL VACCINO

  • Quanti sono i risparmiatori inconsapevoli